La visione di Rabbi Hiyâ (Terza Parte)

 

 

Mentre il capo degli angeli riferiva queste parole, Rabbi Hiyâ udì un’altra voce celeste gridare: fate largo… fate largo…  il Re-Messia  sta giungendo alla scuola di Rabbi Shimon. Esso infatti visita tutte le scuole celesti e ascolta le spiegazioni dei misteri svelati dai dottori della Legge. Il Messia entrò, incoronato con le corone celesti che i capi scuola avevano posto sulla sua testa.

 

Tutti i dottori della legge presenti si alzarono, lo stesso fece Rabbi Shimon, e la luce che quest’ultimo diffuse s’innalzò fino alla sommità dei cieli. Rivolgendosi a Rabbi Shimon, il Messia disse: maestro, tu sei favorito dal cielo; perché i misteri che tu annunci salgono, verso Dio, sotto forma di trecento settanta luci. Ognuna di esse si divide in seicento tredici motivi che si bagnano nei fiumi di balsamo puro. Il Santo, baruk ha-shem, per ascoltare le rivelazioni dei misteri frequenta soltanto tre scuole celesti: la tua, quella di Ezechias, re di Juda (IV Re XVII, XIX e XX, Isaia XXXVIII) e quella di Ahias di Silo (III Re, VI e XI,6).

Io sono entrato qui ad ascoltare le tue spiegazioni dei misteri, perché ho visto entrare il capo degli angeli alati, e lui frequenta soltanto la tua scuola. Quando il Messia terminò di parlare, Rabbi Shimon gli riferì le parole pronunciate dal capo degli angeli alati, appena ebbe terminato esso sussultò ed alzò la voce con tale forza che i cieli, il grande oceano e il leviathan furono scossi; sembrò per un momento che il mondo stesso dovesse crollare. Fu allora che il Messia si accorse di Rabbi Hiyâ seduto ai piedi di Rabbi Shimon ed esclamò: chi ha introdotto in questo mondo celeste un uomo abbigliato con vesti del mondo (terrestre)? Rabbi Shimon rispose: è Rabbi Hiyâ la lampada della Legge. Se è come dici, replicò il Messia, che entri con suo figlio a far parte della tua scuola. Shimon eccepì: che gli si accordi, comunque, ancora un periodo di tempo.

 

Gli si concesse allora il suo tempo (periodo di vita) e lasciò il cielo tremando, con gli occhi pieni di lacrime. Rabbi Hiyâ veramente commosso, esclamò piangendo: felice la sorte dei Tsaddîqîm (Giusti) nel mondo celeste, e beato il destino del figlio di Jochai che ha meritato tanta gloria. È certamente a lui che fanno allusione le parole della Scrittura (Proverbi VIII,20-21): "Io cammino sulla via della giustizia e per i sentieri dell'equità, per dotare di beni, quanti mi amano, e riempire i loro forzieri".

Manca testo Ebraico

Il brano è riportato soltanto nell'edizione di Mantova

 

Quando, esaurito il tempo concessogli, giunse il momento della sua morte, Rabbi Hiyâ pronunciò queste parole: “O anima mia, ritorna alla tua dimora. Divina scintilla di una fiamma celeste, lascia questo corpo mortale e vile. Giocattolo del timore, della speranza e del dolore, è tempo che ti elevi verso le regioni della vita. Sento già la voce armoniosa degli angeli che chiamano la mia anima. Il mio corpo si indebolisce, la forza mi abbandona, la vista si spegne, cesso di respirare. La terra sparisce sotto i miei piedi e il cielo si apre ai miei occhi; le mie orecchie già odono il canto degli angeli. Cosa vedo? Cos’è quest’albero magnifico (Isaia XI,1 e 2) e splendente, che aromatizza la volta azzurrata e dalla cui sommità discende la colomba celeste?  Io lo riconosco è il Messia-Re, che ho già visto nella scuola di Rabbi Shimon. O angeli alati prestatemi le vostre ali, affinché io possa innalzarmi più velocemente verso di Lui. Cosa! Il mio corpo sta’ morendo? Quale follia temere una simile estasi! Sepolcro, dove è la tua vittoria? Morte, dov’è il tuo pungiglione?”. Rabbi Hiyâ terminò di parlare e la sua anima si involò.