|
Seconda Prescrizione |
Il secondo comandamento è intimamente connesso con quello del timore per il Signore e non ne è mai avulso; è l’amore perfetto per Dio di cui l’uomo deve essere compenetrato. E quale è l’amore perfetto? É l’amore della perfezione, chiamato il grande amore, così com'è citato (Genesi XVIII,1): “Camminate in mia presenza e siate perfetti nel vostro amore”. É questo il motivo per cui è scritto: “ E Dio disse, che la luce sia”. Con la parola “luce” la Scrittura indica, infatti, l’amore perfetto (Zohar II,254b), il quale consiste nell'amore della perfezione. Questa prescrizione è inerente, quindi, all'amore per il Signore di cui l’uomo deve essere permeato.
Interrompendo il dialogo di Rabbi Shimon, Rabbi Elèazar esclamò: Padre, ho elaborato una definizione dell’amore perfetto. Rabbi Shimon rispose: Figlio mio, menziona la tua definizione mentre Rabbi Pinhas è presente, giacché egli pratica l’amore perfetto. Rabbi Elèazar espose: L’amore perfetto è quello che si manifesta in due differenti condizioni, l’amore che non si manifesta in queste due circostanze [12a] non è assolutamente un amore che merita la caratterizzazione di perfetto.
È questo il motivo per cui è stato raccontato come l’amore del Santo, benedetto egli sia, si manifesta in due differenti circostanze. Vi sono uomini che amano Dio perché ha loro concesso ricchezza, longevità, discendenza maschile, egemonia sui nemici, successo nelle loro imprese. Questi stessi uomini, tuttavia, lo maledirebbero se la ruota del destino girasse e fossero oberati di mali. Un tale amore per Dio non è meritorio.
L’amore perfetto, è quello che si mostra nelle due differenti condizioni: nell’afflizione e nella gioia. Per questo la Tradizione ci raccomanda di amare Dio anche quando ci toglie la vita. Per lo stesso motivo la luce diffusa nel momento della creazione fu successivamente nascosta. Quando fu nascosta apparve il rigore; e i due contrari furono riuniti perché ci fu perfezione (amando Dio malgrado il suo rigore), è in questo che si palesa l’amore.
Ascoltate le parole di Rabbi Elèazar, Rabbi Shimon l’abbracciò; altrettanto fece Rabbi Pinhas e dopo averlo benedetto esclamò: in verità è stato il Santo, benedetto il suo nome, che mi ha condotto in questo luogo, dove ho appreso che un componente della mia famiglia possiede una perla preziosa, la cui luce giungerà, un giorno ad illuminare il mondo intero. Riprendendo il filo del suo discorso, Rabbi Elèazar concluse: è manifesto che il comandamento del timore per il Signore non può essere separato da nessun'altra prescrizione, e ancor meno da quella dell’amore perfetto. L’amore per il Signore deve infatti dimostrarsi, sia quando si è oppressi dai mali sia quando si è colmi d'opulenza, di una salute fiorente, di una discendenza maschile e d'ogni genere d'abbondanza. Per questo è scritto (Proverbi XXVIII,14): “Felice l’uomo che è sempre nel timore”, vale a dire, dove il timore per il Signore è compreso nell’amore.
Colui che è l’oggetto del rigore (infelice) deve essere compenetrato di timore e paventare il suo Sovrano ma non indurire il suo cuore. Ecco perché è scritto: chi indurisce il proprio cuore cadrà nell’infelicità, vale a dire, precipiterà nell’altra condizione chiamata infelicità. Così il timore è connesso alle due eventualità ed è incluso in loro; è questo l’amore perfetto. É per siffatto motivo che la Scrittura aggiunge: “Ma chi ha il cuore duro, cadrà nel male”.
|