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Come per confermare questa ipotesi, la nostra epoca, così fertile di scoperte straordinarie in diversi campi, ha visto anche la nascita di un ramo completamente inedito, sebbene basato su delle antiche premesse dell’esegesi torannica: l’esplorazione di strutture aritmetiche occulte nelle parole e nelle lettere del Pentateuco. I progressi giganteschi dell’informatica hanno dato questi ultimi anni un impulso senza precedenti a questa investigazione originale, alimentando la polemica ed attirando l’attenzione di corpi scientifici e dei media su scala internazionale. Sebbene l’esplosione delle recenti scoperte in questo campo, come anche l’interesse suscitato nel pubblico, siano, come abbiamo appena detto, in grande parte imputabile all’utilizzazione rivoluzionaria ed inedita del computer, questa forma di prospezione negli arcani della Thorah data, essa stessa, nei suoi principi, nella più alta antichità. Secondo il Pirqé Avoth ("Detti dei Padri" III, 18), i calcoli astronomici e le esegesi numerologiche sono delle opere esterne rispetto alla Saggezza (che è, per così dire, il piatto forte - N.D.T.). Commentando questo michna, il rav Baroukh Horowitz roch-yechiva della yechiva anglofona "Di var Yerouchalayim", formula l’ipotesi secondo la quale ci sarebbe qui un’allusione al confronto tra le ricerche astronomiche, basate in grande parte sulla matematica, e le investigazioni delle strutture numeriche nella Thorah. Ecco quanto afferma (nella rivista Jewish Studies n° 33, estate 5747/1987, p. 43) [traduzione libera]: "Il Supremo Architetto della natura (dell’essere o della necessità, determina con le leggi naturali) si rivela nelle Sue opere: "Sono grandi le Tue opere, oh! Eterno, infinitamente profondi i Tuoi pensieri (Tehilim/Psaumes 92, 6)". "Il computer prova l’origine divina della Bibbia" riferiscono i giornali dei quattro angoli del mondo, descrivendo le scoperte del Dr Katz e dei suoi colleghi sui codici della Thorah. Quando si sprofonda nella contemplazione dell’immensità, la maestà e l’armonia del cosmo, non ci si può trattenere dal riconoscere Quello che ha creato l’universo e lo mantiene costantemente in esistenza: "Sono grandi le Tue opere"! Lo scienziato che scopre le formule e le equazioni matematiche che costituiscono i misteri nascosti dell’astronomia o di altre scienze della natura, rende con ciò, tangibile e per così dire palpabile l’immensità infinita dell’intelletto supremo: "Infinitamente profondi i Tuoi pensieri e calcoli matematici" ("Pensieri" si dicono in ebraico ma’hachavoth, dalla radice ‘hachaa, pensare verbo da cui il pièl, ‘hichev, prende il senso di"calcolare"). Ma, il divino autore del piano morale (del dovere, o dell’obbligo etico, con opposizione all’essere o alla necessità) si rivela nella Sua parola (la Rivelazione sinaitica): "L’insegnamento dell’eterno è perfetto: riconforta l’anima". Basta studiare le profondità, sia religiose, sia filosofiche o etiche della Thorah, sia i suoi aspetti psico-sociologici, storici o legali per essere colpiti dalla verità e l’armonia che se ne libera, e riconoscerne la divina origine. Di più, i ricercatori che hanno approfondito il testo stesso della Thorah (nelle sue combinazioni di lettere) hanno scoperto delle strutture armoniche segrete e delle associazioni numeriche che rivelano il Matematico divino nascosto oltre la Thorah: "Aprimi gli occhi affinché possa contemplare le meraviglie generate dalla Tua Legge" (Tehilim/Psaumes 19,18). Il rav Horowitz precisa, tuttavia, che questi "calcoli astronomici ed esegesi numerologiche" di cui parla il Pirqé Avoth, non si curano del contenuto (la "semantica") della scienza che analizzano, ma soltanto della sua infrastruttura ordinata ed armonica, "rendendo con ciò piacevole allo spirito e convincente, il contenuto notificato dalla saggezza in questione, sia che si tratti di scienza o di Thorah". Curiosamente, il precursore e primo pioniere in questo genere di investigazione non fu un erudito in Thorah, ma un professore ebraico tedesco di nome di Oskar Goldberg, nato a Berlino nel 1885 e deceduto a Nizza nel 1952. Mentre era impegnato in alcuni studi di medicina all’università di Berlino, avrebbe avuto, secondo la sua diretta testimonianza, una "esperienza paranormale" che l’avrebbe portato ad interessarsi alla spiritualità. Divenne discepolo del Rav Biberfeld, del Beth - ha-midrach di Berlino, il quale gli insegnò che il Pentateuco è più che un semplice "patrimonio nazionale" del popolo ebraico, poiché presenta delle altezza insospettate che non esistono in nessuna letteratura al mondo. Da allora, la formazione scientifica di Goldberg lo spinse naturalmente a ricercare delle strutture matematica nelle parole e le lettere della Thorah. Fu egli che scoprì la famosa "legge dei sette" in virtù della quale il personaggio o l’argomento centrale di un passaggio biblico è ripetuto spesso sette volte in seno a quel passaggio. Fu lui, anche, che notò come il numero 26, gimatreya del Tetragramma hwhy, fosse nascosto in modo sistematico nei luoghi chiavi del testo della Thorah. Un esempio sorprendente di questo fenomeno appare nella sezione del Beréchith/Genesi (10, 21-32), dove sono enumerati i discendenti di Chem, figlio di Noa’h/Noé: se si fa la somma dei figli di Chem (=5), vi si aggiunge il totale dei figli di Aram (=4), poi il figlio di Arpa’hchad (=1) e quello di Chéla’h (=1), ed infine i due figli di ‘Ever, si ottiene un totale di 13. Aggiungiamo i 13 figli di Yoqtan, e si ottiene 26, il valore numerico del Nome divino di quattro lettere. Ma non è tutto: il numero di parole in questo paracha (che è centrata su Chem, nome il cui la significato ebraico è, come per caso,"il Nome"...) è esattamente 104, vale a dire 4 x 26, mentre il valore delle lettere è 390, vale a dire 15 x 26! E non è ancora finita: facendo la somma dei valori numerici dei nomi dei 13 discendenti di Chem, si ottiene come risultato 3588 che altro non è se non il prodotto di 138 moltiplicato per... 26, e se si ripete il calcolo per i 13 discendenti di Yoqtan, si ottiene un totale di 2756, ovvero 106 x 26! Secondo la tradizione mistica, la Thorah è impregnata del Nome divino (Zohar II, 87°; Ramban / Na’hmanide, introduzione al commento sulla Thorah). Goldberg fu il primo ad avere dato una dimensione scientifica a questo concetto. Per una strana coincidenza, esattamente lo stesso anno (1908) in cui Oskar Goldberg pubblicava in tedesco il suo opuscolo sull’edificio numerico del Pentateuco, in cui il numero 26 giocava un così grande ruolo, un ebreo polacco di nome rav Pin’has Zalman Hurwitz, pubblicava a Cracovia un opuscolo in ebraico dove sviluppava un tema assolutamente similare. Avendo contato pazientemente ed esattamente il numero di volte in cui il Tetragramma appare in tutto il Pentateuco (non dimentichiamo che non c’erano computer all’epoca!), il rav Hurwitz giunse ad un totale di 1820, numero interessante perché è il prodotto di 70 per... 26! Il rav Hurwitz ne dedusse che il sistema numerologico non si limita al libro del Genesi, ma si estende alla Thorah tutta intera. Per un"caso"straordinario, questo numero "magico"è ricorrente in numerosi passaggi della Thorah, e non solo. Per esempio, la differenza tra i risultati del censimento degli israeliti data in Bamidbar / Numeri 26, 51 (601 730 uomini) e quello del loro censimento in Bamidbar 1, 46 (603 550 uomini) è esattamente di ...1820, ancora una volta! Ugualmente, se si prende la gimatreya (valore numerico) della prima e dell’ultima parola di ciascuna delle tre frasi che costituiscono la birkath kohanim, la benedizione dei sacerdoti (Bamidbar/Numeri 6, 24-26), la somma di queste sei gematrioth è anche 1820! Altro esempio: nel suo commento sulla Thorah, Rachi afferma che il Pentateuco avrebbe dovuto iniziare, per una certa logicità, dal versetto 2 del capitolo 12 di Chemoth/L’esodo: "Questo mese è per voi il principio dei mesi". Ora, questo famoso versetto è il milleottocentovetesimo a contare dal primo della Thorah! Se ci diamo la pena di verificare, costateremo che ci sono 1534 versetti in tutto nel libro del Beréchith, 124 versetti nel sidra di Chemoth, 121 in Waéra e 41 nella paracha di Bo dall’inizio fino al capitolo 12, v. 2, che fa, in tutto, 1820. Terminiamo con un ultimo esempio: il rav Hurwitz fu il primo a distinguere, nel testo della Thorah, tra le parole dette - per così dire - dal "narratore", le parole di Hachem stesso durante il racconto, ed infine i dialoghi messi in bocca ai personaggi. Così facendo, scoprì che il numero di parole pronunciate da Ya’aqov/Jacob e le sue spose, nel libro del Genesi era uguale in tutto a... 1820. Curiosa coincidenza però! Ma è nel campo dei dilouguim (letteralmente "salti, intervalli": messaggi nascosti composti dalle lettere localizzate a intervalli regolari nel testo della Thorah), i famosi "codici", che le scoperte più stupefacenti sono state fatte, inizialmente dal rav M. D. Weismandel poi, più vicino a noi, dai ricercatori che utilizzano sistematicamente il computer, con risultati impressionanti. Infatti, a riflettere bene, sebbene sia perfettamente legittimo rimanere stupiti dai risultati ottenuti recentemente dalla informatica, sarebbe più giusto rimanere stupiti dai lavori del rav Weismandel, perché aveva per strumenti soltanto la sua penna o la sua matita, il suo occhio attento e la sua intelligenza penetrante. Secondo lo Steipeler, rav Y.Y. Kaniewski z.ts.l., non sarebbe esagerato affermare che in materia il rav Weismandel avrebbe fornito prova di un’ispirazione quasi profetica. •
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