74 Gli alleati a consiglio Gli echi dei festeggiamenti del matrimonio di Abhimanyu con Uttara si erano appena spenti quando i Pandava cominciarono a concentrare le loro attenzioni sull'imminente guerra. Riunitisi nella capitale di Virata, i cinque fratelli si incontrarono di prima mattina con i loro alleati. Drupada e Virata furono i primi a entrare nella sala del consiglio, poi via via tutti gli altri. Quando ognuno di loro si fu seduto comodamente sul proprio seggio, Krishna aprì le discussioni ricordando ai presenti gli avvenimenti degli ultimi anni. "É ovvio che noi, che sosteniamo di essere uomini retti, non siamo qui per concordare una vendetta cieca contro i Kurava, che pure non meriterebbero altro, ma per cercare una soluzione giusta e che arrechi beneficio a tutti. Infatti una guerra non coinvolgerebbe solo i responsabili di tanta empietà ma anche coloro che sono perfettamente innocenti e che anzi per tanti anni hanno tentato di offrire buoni consigli. Dunque, ognuno di voi dica la propria opinione al riguardo." Seguì Balarama, il fratello di Krishna, il quale inaspettatamente proferì parole che stupirono immensamente i presenti. "Quello che è stato appena detto è giusto. Non dobbiamo cercare la vendetta. In fin dei conti non dimentichiamo che Duryodhana non ha costretto Yudhisthira a giocare, ma che è stata una sua libera scelta. Per tutto ciò che è successo non è dunque corretto che gli si addossi ogni colpa. Anche i figli di Pandu ne hanno; e perché questa guerra venga evitata bisogna che anch'essi accettino la loro parte di responsabilità. Questa guerra deve essere evitata in tutti i modi possibili." Era cosa nota che Duryodhana fosse stato un discepolo di Balarama diligente e affezionato, ed era naturale che questi volesse proteggerlo; non dimentichiamo, infatti, che gli aveva addirittura promesso Subhadra in sposa, e che solo il rapimento ad opera di Arjuna era servito ad evitarlo. Ma anche se Balarama era molto rispettato, ciò che aveva detto non piacque praticamente a nessuno. La reazione più veemente provenne da Satyaki. "Ciò che hai detto mi sembra strano. Pare quasi che tu ignori la realtà, e cioè che Duryodhana è l'anima nera della razza Bharata, che si è comportato da villano imbroglione, da ladro, da assassino, ed è invidioso come un serpente. Lui e i suoi compari hanno complottato per derubare i Pandava del loro regno e con l'inganno ci sono riusciti, giocando sul fatto che Yudhisthira non avrebbe potuto sottrarsi alla sfida dei dadi che tra l'altro erano truccati. E a parte tutto ciò, ora, dopo altri tredici anni di sofferenze, proporresti di dimenticare tutto, compresi gli insulti a Draupadi e le innumerevoli provocazioni che essi hanno dovuto sopportare? Come puoi dire che la guerra deve essere evitata a ogni costo? Sappiamo tutti che Duryodhana non restituirà mai il regno ai Pandava e che si potrebbe evitarla solo se loro rinunciassero al diritto di governo. É questa la tua proposta? Io dico che combattere è l'unica cosa giusta da fare in questo momento affinchè giustizia venga fatta." Le discussioni si protrassero a lungo e tutti ovviamente condannarono il figlio di Dritarashtra e la sua politica demoniaca. Infine unanimemente fu deciso di mandare un brahmana ad Hastinapura come messaggero allo scopo di sondare gli umori e le reazioni di Duryodhana. Ma nessuno si illudeva più di tanto: conoscendo quel cuore roso dall'invidia, era sin troppo prevedibile come sarebbe andata a finire. Per questo i preparativi per lo scontro armato cominciarono comunque. Numerosi delegati si recarono in tutte le parti del mondo per chiedere alleanze. Nel frattempo anche Duryodhana si era preoccupato di procurarsi appoggi militari. Nei giorni che seguirono l'immensa piana di Bharatavarsha, l'antico continente indiano, vide immensi spostamenti di uomini e mezzi, un tramestio di tale entità come mai si era visto su questo pianeta. E parte di questi marciavano in direzione di Upaplavya, altri verso Hastinapura. 75 Arjuna e Duryodhana a Dvaraka Dopo essere stato debitamente istruito su cosa dire al cospetto dell'assemblea dei Kurava, l'ambasciatore era partito. Nella stessa giornata gli alleati dei Pandava avevano fatto ritorno ai propri regni in modo da iniziare i preparativi per la partenza dei propri eserciti. Come già detto fervevano anche intense manovre diplomatiche per assicurarsi l'aiuto dei monarchi dei vari regni di Bharata varsha. I Pandava personalmente viaggiarono nella speranza di garantirsi assistenza e amicizie. In quei giorni Arjuna venne a sapere che Duryodhana intendeva chiedere a Krishna di combattere dalla sua parte, e per tale ragione era già partito alla volta di Dvaraka. In tutta fretta si precipitò nella città del Signore, ma quando vi giunse si accorse che Duryodhana era arrivato pochi minuti prima di lui. Fianco a fianco entrarono nella sfarzosa reggia e chiesero di parlare col divino re di Dvaraka. "In questo momento sta dormendo," disse loro Satyaki, "ma voi siete suoi parenti, quindi avete libero accesso alle sue stanze private. Andate." Con irruenza, il Kurava entrò per primo e sentendosi per nulla inferiore al Signore gli si sedette accanto, all'altezza del viso. Arjuna invece si inchinò ai suoi piedi con le mani giunte. Quando Krishna aprì gli occhi vide per primo Arjuna, in posizione di preghiera. "Amico caro," disse allora Krishna, "sei qui? perché sei venuto a trovarmi? Se hai qualche problema e vuoi da me aiuto per risolverlo io te lo concederò senza dubbio." Fu a quel punto che si accorse della presenza di Duryodhana al suo fianco, il quale gli offrì rispettosi saluti. "Anche tu qui? per quale ragione sei venuto?" "Nel caso che ci sia guerra, sono venuto a chiederti di combattere dalla mia parte, " rispose il Kurava. Con un cenno del capo Arjuna fece capire di essere lì per la stessa ragione. "Ma io sono arrivato per primo, e quindi è più giusto che tu soddisfi la mia richiesta prima della sua," affermò Duryodhana. "Anche se sei arrivato più presto, quando ho aperto gli occhi ho visto prima Arjuna che era ai piedi del mio letto, e gli ho promesso che gli avrei concesso qualsiasi cosa desideri. Spetta a lui quindi chiedere per primo. Ma nonostante la tua empietà, anche tu sei mio parente e hai fatto un viaggio così lungo per venirmi a trovare che non ti deluderò mandandoti via senza niente. Arjuna potrà scegliere tra due possibilità: da una parte ci sono io, che non combatterò attivamente nella battaglia, dall'altra il mio potente esercito, i Narayana." Senza pensarci nemmeno per un istante, Arjuna scelse di avere Krishna accanto a sé. Nel suo intimo Duryodhana sorrise: pensava che per colpa di un gesto di sentimentalismo, i Pandava si erano persi uno dei più potenti eserciti del mondo, composto da un akshauhini di truppe, che ora sarebbero state tutte sue. Dopo aver stabilito ogni cosa, ringraziando, Duryodhana uscì dalla stanza. Si diresse verso la casa del suo maestro Balarama. "Io sono un tuo discepolo," gli disse con tono umile, "e sono dipendente da te. Combatti dalla mia parte e procurami la vittoria." Quel giorno Balarama non aveva l'aria molto allegra. "Voi, figli di Dritarashtra mi siete tutti cari alla stessa maniera dei figli di Pandu: mai potrei alzare le armi contro gli uni o gli altri. Io ho sempre auspicato la pace tra di voi, e in ogni caso ho consigliato a mio fratello di non prendere le difese di nessuno. Ma so che Krishna prenderà le parti dei Pandava e conosco anche le ragioni di una simile decisione. Io non potrei mai combattere contro mio fratello, nè contro di te, e per questo ho scelto di non partecipare affatto a questa guerra; e siccome non voglio neanche assistere a tale massacro, fra qualche giorno partirò per un tirthayatra. In ogni caso è giusto che tu sappia una cosa: se Krishna è dalla loro parte tu non hai nessuna speranza di vittoria." Duryodhana non prese molto sul serio le ultime parole del maestro; che danno avrebbe potuto causare in una guerra un uomo che non combatteva? Krishna aveva promesso che non avrebbe partecipato attivamente alle ostilità e ciò lo faceva sentire al sicuro. Salutato Balarama, Duryodhana si precipitò da Kritavarma e lo convinse a prendere le sue parti. Il giorno stesso ripartì; era soddisfatto del suo operato. Aveva ottenuto l'aiuto dei Narayana e di Kritavarma con la sua vasta armata, ed era persino riuscito ad impedire che Krishna e Balarama combattessero dalla parte dei Pandava. Ma se Duryodhana avesse potuto leggere nei pensieri più segreti di Balarama avrebbe perso di colpo ogni entusiasmo. Immerso in meditazione, con la sua visione perfetta, egli aveva già presagito che avendo i Pandava Krishna con loro, i Kurava erano destinati a essere sterminati. 76 Krishna auriga di Arjuna Appena Duryodhana uscì dalla sua stanza da letto, Krishna guardò Arjuna con stupore. "Che sciocchezza hai commesso, amico mio! Hai scelto me nonostante io non abbia intenzione di impugnare armi, al posto di un esercito pressochè invincibile. Non credi di aver fatto un errore?" "Non lo penso affatto," ribattè questi sorridendo apertamente, "perché conosco la natura trascendentale delle tue attività e so perciò quello che significa averti accanto. Ma nella guerra che ci aspetta vorrei che tu assumessi un ruolo speciale, per soddisfare un desiderio che ho sempre avuto e che spero tu voglia esaudire." "Dimmi cosa posso fare." "Ho sempre sognato di scendere sul campo di battaglia con te alla guida del mio carro. La guerra è oramai vicina e difficilmente potrà essere evitata: se tu vorrai condurmi fra le file nemiche, io considero questa guerra già vinta." In quel momento entrò Satyaki con la notizia che Kritavarma avrebbe combattuto contro di loro. I giorni che passavano rendevano sempre più chiara una cosa: quella guerra avrebbe causato una spaventosa carneficina fra amici e parenti, ragion per cui si doveva fare il possibile per evitarla. I tre partirono alla volta di Upaplavya. 77 L'arrivo degli eserciti Anche il re di Madra, il famoso Shalya, fratello di Madri e quindi zio dei Pandava, era venuto a sapere che questi ultimi avevano terminato il periodo del loro esilio. Naturalmente aveva deciso di unirsi a loro. Accompagnato dal valoroso figlio Rukmiratha e dal suo grande esercito, era già partito per Upaplavya. Quando le spie lo informarono che Shalya stava già in viaggio, Duryodhana escogitò un piano per costringerlo a combattere per lui. Lungo la strada che il sovrano avrebbe percorso, fece erigere velocemente dei luoghi di ristoro e d'intrattenimento, dando istruzioni agli inservienti di trattare gli uomini con la massima attenzione, senza badare a spese e soprattutto evitando con accortezza di rivelare chi era stato a organizzare tutto. Allorchè Shalya e i suoi uomini si furono rifocillati con piena soddisfazione ed ebbero riposato in letti sontuosi, il re, certo che quella fosse stata un'iniziativa di Yudhisthira, disse: "Riferite al vostro sovrano che gli sono riconoscente per quanto è stato fatto, e che mi impegno di combattere dalla sua parte." Appena Duryodhana venne a sapere della promessa del re di Madra, corse da lui, e lo ringraziò per l'aiuto che gli aveva offerto. Shalya era costernato, non aveva la minima intenzione di combattere per quell'essere invidioso e peccatore, ma aveva dato la sua parola e non poteva più tirarsi indietro. Dopo aver promesso al Kurava che sarebbe tornato presto, andò a Upaplavya. Salutò i nipoti e raccontò loro ciò che era accaduto. Yudhisthira fu profondamente rattristato all'idea di avere contro suo zio. "Non preoccupatevi," disse loro Shalya. "Anche se sono stato ingannato da Duryodhana, sarò lo stesso utile alla vostra causa. Vi prometto che quando Arjuna incontrerà Karna nel duello decisivo, mi procurerò di essere alla guida del suo carro e gli parlerò in un modo tale da fargli perdere ogni entusiasmo e sicurezza nei suoi mezzi. Sono tanti coloro che, pur dovendo combattendo per conto di Duryodhana, vorrebbero essere qui ora, insieme a voi, ad affrontare quelle forze del male: siate certi che tutte queste persone si batteranno senza entusiasmo. Ciò contribuirà di molto alla vostra vittoria." Dopo aver parlato a lungo coi nipoti, Shalya ripartì. Nei giorni che seguirono, nei due luoghi di raduno, cominciarono ad affluire gli alleati con le rispettive truppe. A Upaplavya, accompagnati da un akshauhini a testa, arrivarono Satyaki, Drishtaketu, Jayatsena (il figlio di Jarasandha), i fratelli Kekaya, Drupada e Virata. I rimanenti alleati, uniti insieme, ne costituivano un altro. In totale potevano disporre di sette akshauhini. Ad Hastinapura, invece, arrivarono Bhagadatta, Shalya, Bhurishrava, Kritavarma, Jayadratha, Sudakshina, i fratelli Vinda e Anuvinda e i fratelli Avanti, ognuno alla testa di un akshauhini. Le rimanenti milizie sommate insieme formavano tre ulteriori akshauhini, per un totale di undici. Le due città erano letteralmente scosse da un fermento febbrile. Poi, qualche giorno dopo, l'esercito di Duryodhana si spostò in direzione del Gange, ove attese gli eventi finali. 78 Il messaggio di Dritarashtra Il brahmana che era stato mandato da Drupada in veste di ambasciatore tornò da Hastinapura senza aver ottenuto risultati positivi. Duryodhana era stato molto arrogante e minaccioso nelle sue risposte e quindi le ultime possibilità di evitare la guerra si stavano a poco a poco affievolendo. Intanto Bhishma, a colloquio con Dritarashtra, gli aveva fatto capire che in uno scontro armato i suoi figli non sarebbero sopravvissuti, e questi, spaventato a morte, aveva deciso di mandare Sanjaya a Upaplavya con un messaggio. Il discepolo di Vyasa fu ricevuto da tutti con grande rispetto; poi, con il cuore colmo di imbarazzo per ciò che era costretto a dire, riferì il messaggio di cui era portatore. "Dritarashtra manda a dirvi questo. É strano che voi, così virtuosi e retti, stiate preparandovi per una guerra contro i vostri stessi parenti. perché state facendo ciò? Avete perso il vostro regno in un gioco onesto che avete liberamente accettato perché sanzionato dalle usanze kshatriya. Ora dunque cosa avete da pretendere?" Giacchè il messaggio andava avanti con lo stesso tono, mentre Sanjaya parlava cominciarono a levarsi forti mormorii di sdegno. Yudhisthira era stupefatto da quelle parole, Bhima furioso, e Satyaki fremeva per l'impazienza di avere tra le mani i figli dell'autore di quel bieco messaggio. Ma nonostante quell'ennesima provocazione, il cuore puro di Yudhisthira si sentiva ancora propenso alla pace. "Nostro amato Sanjaya," disse, "torna ad Hastinapura e riferisci queste mie parole al caro zio: "Se voi mi restituirete Indraprastha, io dimenticherò i vostri complotti malvagi e gli insulti, e ritirerò gli eserciti. Se farete ciò avrete evitato la guerra; in caso contrario saranno le armi a decidere chi era nel giusto. Non c'è altro modo." Il giorno stesso Sanjaya ripartì. Era chiaro che la pace sarebbe stata praticamente impossibile, ma Krishna volendo tentare ancora, decise di andare personalmente ad Hastinapura a parlare con i Kurava. 79 I consigli di Sanjaya e di Vidura Sanjaya entrò nella sala del consiglio con un'espressione di disgusto sul volto; Dritarashtra, ansioso, gli chiese cosa avevano risposto i nipoti. "Vengo direttamente da Upaplavya e solo ora realizzo la differente atmosfera che vi aleggia. Qua, nella tua corte, si respira aria di empietà e di peccato, mentre lì regna la Suprema Personalità di Dio con tutte le sue energie spirituali. Ho visto i Pandava e i loro alleati. E ho parlato con tutti. O re, io posso dirti questo: non scatenare la guerra contro i Pandava, perché non potresti mai vincerla. Tu vuoi tutto, il che è sintomo di eccessiva avidità; in un conflitto perderesti anche ciò che già possiedi. Segui il mio consiglio, riappacificati con i Pandava." Vidura intervenne. "Fratello, tutte le persone più sagge, come Bhishma, Drona, Sanjaya, e tanti altri, ti hanno offerto consigli veramente tesi a beneficiarti. E anche io, in questi anni, non ho fatto altro che dirti le stesse cose: non permettere a tuo figlio Duryodhana di muovere guerra contro i Pandava, perché perderesti tutto. É vero che egli possiede immense forze militari; è vero che soldati come Bhishma, Drona, Karna, Bhagadatta e altri sono praticamente invincibili, ma è anche vero che nessuna potenza materiale potrà mai distruggere Brahman, l'energia spirituale della quale Shri Krishna è l'origine. Nessun esercito può contrastare il Signore, il quale è disceso per ristabilire i principi della religione che asura come tuo figlio hanno ripetutamente calpestato. Egli potrebbe da solo, con un solo gesto, o ancora meglio, semplicemente volendolo, disintegrare le armi celestiali dei tuoi guerrieri. E invece desidera che lo facciano l'arco del suo devoto Arjuna, la mazza di Bhima e quella di Drishtadyumna, e la spada di Sahadeva. Questo solo per accontentare il proprio spirito connaturato di esuberanza interiore, che lo porta a svolgere attività trascendentali in compagnia dei suoi devoti. Ma il destino dei tuoi figli è già segnato. Convinci Duryodhana a fare la pace, a cambiare la propria natura demoniaca, cosicché il disegno del Signore possa avverarsi senza inutili spargimenti di sangue." A quelle parole Karna e gli altri amici di Duryodhana scattarono come fanno i serpenti quando viene loro calpestata la coda. "Chiacchiere! Chiacchiere!" gridò il figlio di Surya. "Ora devono parlare le armi. Krishna ha già promesso che non combatterà, e quindi siamo noi contro di loro, arco contro arco, spada contro spada. Saremo noi a dare la vittoria ai Kurava, e non certo le parole prive di coraggio di un filosofo." Tutti parlavano concitatamente, ma Dritarashtra non ascoltava; il terrore delle braccia possenti di Bhima e dell'arco di Arjuna aveva invaso il suo cuore, privandolo di ogni serenità. Poi si alzò in piedi e rimproverò aspramente il figlio. Sanjaya intervenne. "Non devi dare la colpa ai tuoi figli. Sei tu in realtà il responsabile di tutto quanto. Tu che non hai mai voluto ascoltare i consigli dei tuoi veri benefattori. Hai già dimenticato cosa ti disse Vidura la sera in cui Duryodhana nacque? Non ti predisse forse questi amari momenti? E quante migliaia di suggerimenti ispirati alla verità e alla saggezza Bhishma e Drona ti hanno offerto per anni che tu non hai mai ascoltato? Per conto mio ti dico una cosa: i tuoi figli in confronto a te saranno fortunati, perché essi moriranno sul campo di battaglia, mentre tu vivrai a lungo tormentato dal rimorso." Quel discorso duro colpì Dritarashtra nel più profondo del cuore. Duryodhana, vedendolo che a testa bassa ascoltava senza ribattere, cercò di tranquillizzarlo. "Padre, non capisci che costoro sono amici dei figli di Pandu, infiltrati nella nostra corte per ottenere con le chiacchiere ciò che con le armi non potranno mai conquistare? Non devi temere nulla. Siamo noi i più forti. Il nostro esercito è più potente del loro, e anche individualmente abbiamo i migliori guerrieri. Vinceremo noi, non preoccuparti senza che ve ne sia la necessità, e non perdere la pace a causa di queste parole crudeli." Fu Sanjaya a ribattere. "Duryodhana, tu non hai la minima possibilità di vittoria. Ma ascolta cosa hanno detto i Pandava dall'animo puro e senza macchia: pur essendo certi di poter conquistare tutto, vogliamo evitare un immenso spargimento di sangue, per cui ci accontentiamo di cinque villaggi. Dateci solo cinque paesi, e la guerra non ci sarà." A quelle parole il Kurava scattò in piedi, con il viso stravolto da un violento impeto di rabbia. "Da me non avranno neanche il terreno sufficiente a piantarvi uno spillo. E che questa sia la mia parola definitiva." Poi, furibondo, abbandonò il salone. 80 Krishna ad Hastinapura Come ad Hastinapura, anche a Upaplavya, nel corso del dibattito, erano sorti contrasti nelle opinioni. Si erano create due tendenze divergenti sull'atteggiamento di fondo da adottare: si doveva tentare una possibile via di pace, o scatenare la guerra ad ogni costo? Durante la discussione persino Bhima stupì tutti dichiarandosi favorevole a una soluzione pacifica del conflitto. Gli intransigenti erano Sahadeva e Satyaki, i quali avrebbero voluto scendere in campo anche se Duryodhana si fosse trovato d'accordo a una soluzione di pace. "Noi faremo la guerra anche da soli," dichiararono. A un certo punto intervenne anche Draupadi. "Io non capisco come si faccia qui a parlare di pace. Come può uno kshatriya virtuoso perdonare i terribili insulti rivoltimi dai Kurava? e le ingiuste sofferenze? e le continue provocazioni? dovremmo dimenticare tutto? No, io non potrò mai farlo. Ciò che è successo esige la vita di Duryodhana, del peccatore Dusshasana e di Karna. E se voi non volete assolvere i doveri che sono propri della classe sociale a cui appartenete, allora Sahadeva, Satyaki, i miei figli e Abhimanyu da soli saranno in grado di sterminare gli aggressori." Dopo quell'accorato appello, Krishna rasserenò la regina con frasi gentili, ricordandole che il malvagio non avrebbe mai accettato una soluzione pacifica, ma che ciò nonostante loro avrebbero dovuto cercarla per restare interamente dalla parte del giusto. Il giorno dopo Krishna e Satyaki partirono per Hastinapura. Quando Dritarashtra seppe che il figlio divino di Vasudeva stava arrivando, fece abbellire la città per offrirgli un degno ricevimento. Pensò anche di donargli vaste ricchezze affinchè diventasse ben disposto nei loro confronti. Bhishma ne fu sdegnato e disgustato. "La vostra politica è sempre improntata sulla corruzione e sulla malvagità; mai prendete in esame l'opportunità di fare le cose oneste. Ma veramente credi di poter comprare Krishna con doni e onorificenze? Non sai che è già il padrone di ogni cosa, compreso tutto ciò che vi appartiene? Egli è il creatore del mondo intero e può essere conquistato solo dall'amore e dalla purezza." Quando al mattino il Signore di Dvaraka arrivò in città, nessuno era in casa perché tutti erano fuori a riceverlo e onorarlo. Quando i cerimoniali ebbero termine, Krishna rifiutò di essere ospitato nel palazzo reale, preferendo soggiornare nella casa di Vidura. Kunti, che abitava lì dal giorno della partenza dei figli per la foresta, gli chiese notizie dei suoi cari, e Krishna la rassicurò circa le condizioni di salute promettendole che presto li avrebbe riabbracciati. Quando l'indomani Krishna si recò al palazzo reale, sulla soglia incontrò Karna, Shakuni e Dusshasana. "Ci è dispiaciuto molto che non hai voluto accettare l'ospitalità che ti abbiamo offerto con tanto rispetto," gli disse Duryodhana. "Non capiamo le ragioni di questo atteggiamento. Non è forse un tuo voto accettare qualsiasi cosa ti venga offerta?" "Non sono rimasto presso di voi," rispose Krishna, "per una semplice ragione: io non accetto il cibo cucinato e offerto da una persona che abbia il cuore contaminato dai vizi e dalla lussuria, dall'invidia e dall'avidità, nè accetto la loro ospitalità. Voi avete dato ampie dimostrazioni di essere dei grandi peccatori, e per questo ho preferito essere ospite della grande anima Vidura. "Tuttavia, essendo latore di un messaggio della massima importanza, vi prometto sin da ora che se voi accetterete le mie proposte, resterò volentieri a corte." Quella sera, nel privato della sua dimora, Vidura discusse a lungo con Krishna della grave crisi che minacciava di estinguere l'intera razza kshatriya sulla terra. Infatti con guerrieri del calibro di Arjuna, Bhima e Satyaki da una parte, e Bhishma, Drona e Karna dall'altra, i soldati ordinari non avrebbero avuto scampo e la battaglia si sarebbe svolta con enormi e crudeli massacri nei primi giorni e strabilianti duelli negli ultimi. Su questo non sussistevano dubbi di nessun tipo. Il giorno dopo di prima mattina, dopo aver svolto le sue meditazioni giornaliere, Krishna si recò nella sala del consiglio, già gremita di monarchi che desideravano vederlo e ascoltarlo. Egli parlò a lungo, adottando sia la via della persuasione che quella minacce, ma a nulla valsero i suoi tentativi: Duryodhana non voleva affatto far pace con i Pandava. Altri intervennero nella discussione per indurlo alla ragione e fu persino convocata la madre Gandhari, affinchè lo dissuadesse dai suoi diabolici propositi, ma invano. Accompagnato dai suoi amici più stretti, Duryodhana inviperito lasciò la sala. E non solo non dette alcun peso alle parole di Krishna, ma addirittura progettò di catturarlo e ucciderlo. Fortunatamente il piano fu sventato da Satyaki, il quale entrò nella sala del consiglio e mise tutti al corrente delle intenzioni di Duryodhana. Il re cieco allora rimproverò severamente il figlio. Krishna osservava la scena, senza mostrare segni di preoccupazione per il pericolo che avrebbe potuto correre. "Pensi davvero che tu possa catturarmi e uccidermi?" disse poi con calma. "Che illuso sei! Solo mia madre Yashoda, durante la mia infanzia, è riuscita a legarmi, ma grazie alla sua forza spirituale: il suo era amore trascendentale, non odio materialistico, come il tuo. Nessuno può imprigionarmi perché il mio corpo non ha limiti e non esiste catena abbastanza lunga per potermi tenere. "La mia forma è infinita, e in essa tutto esiste eternamente. Ora ti dimostrerò come ciò che dico è vero." Così, mentre parlava, davanti agli astanti terrorizzati, il Signore di tutti i poteri mistici manifestò la sua forma universale, dimostrando come tutto il creato è presente nel suo corpo divino. In quello stesso momento Dritarashtra riacquistò la vista e potè ammirarne la potenza incommensurabile. Quella magia durò per qualche minuto. Poi tutto tornò normale. "Caro Sanjaya," disse Dritarashtra, "dopo aver ammirato la forma universale del Signore non voglio vedere altro, perché a questo punto credo che non ci sia nulla che meriti di essere visto. Desidero che quella resti la sola immagine presente nella mia mente. Prega dunque il Signore affinchè mi faccia ridiventare cieco." Nell'istante in cui Dritarashtra fu privato di nuovo della vista, petali di fiori piovvero dai pianeti celesti e si udirono benedizioni rivolte al suo futuro benessere. Ma la crisi non era stata evitata. Fallito anche quell'ultimo tentativo, la guerra era diventata una realtà incontrovertibile. Krishna salutò gli anziani e uscì dalla sala, dando istruzioni ai suoi aiutanti perché predisponessero per il viaggio di ritorno. Senza dare alcun peso alla visione terrificante a cui aveva assistito pochi attimi prima, non appena Krishna fu uscito, Duryodhana cominciò a parlare di guerra con i suoi alleati. Nel giro di poche ore i generali si prepararono per la partenza, in modo da raggiungere le truppe stazionate sulle rive del Gange. Allorchè gli eserciti Kurava si mossero in direzione di Kurukshetra, la terra tremò sotto il loro peso. C'erano stati ancora altri tentativi da parte degli anziani e dei rishi di dissuaderlo dai suoi intenti, di farlo riappacificare con i cugini, ma era stato tutto inutile. Duryodhana era deciso: avrebbe distrutto una volta per tutte i Pandava oppure sarebbe morto. 81 Karna e il mistero della sua nascita Prima di ripartire per Upaplavya Krishna volle parlare in privato a colui che era il più caro amico e valido alleato di Duryodhana: Karna. Questi era l'unico fra i grandi guerrieri che combattevano dalla parte dei Kurava che odiava i Pandava, e proprio per tale ragione era da considerarsi il più temibile. Gli disse: "Io so che tu hai un gran desiderio di conoscere la vera storia della tua nascita, e ciò mi sembra legittimo, in quanto ha influenzato grandemente il corso della tua vita in senso negativo. Se vuoi posso svelarti questo mistero." "Tu sai come sono nato?" rispose Karna. "perché non me lo hai detto prima? Ti prego, rivelami questo segreto." E Krishna narrò la storia di come Kunti avesse soddisfatto il saggio Durvasa e come la conoscenza del mantra per chiamare i deva le avesse permesso di chiamare Vivasvan. Poi gli raccontò della sua nascita e di quando era stato abbandonato alla corrente del Gange ove era stato raccolto dal suta Atiratha. Karna ora sapeva, ma sapeva cosa? che gli odiati Pandava erano i suoi fratelli. Questa notizia lo sconvolse. "Ora sai la verità, sai come stanno realmente le cose. Come puoi ora combattere in difesa di Duryodhana? Vai dai Pandava: tu sei il loro fratello maggiore, e a te spetta il diritto al trono del regno dei Bharata. Essi, Yudhisthira compreso, ti accetteranno e ti ameranno. Vai da loro e vinci questa guerra." Karna riflettè a lungo, poi disse: "perché solo ora, a pochi giorni dall'inizio della battaglia, vieni a dirmi queste cose? Io so perché l'hai fatto: per proteggere il tuo amico Arjuna, altrimenti perché non mi avresti detto prima che sono un Pandava anch'io? E ora hai inferto un colpo mortale sul mio entusiasmo. É vero che io non ho mai condiviso le decisioni empie di Duryodhana, ma non posso combattere contro di lui perché tutto ciò che posseggo l'ho ottenuto grazie alla sua amicizia, che mi sarà sempre cara. E oltre a questo rapporto profondo, la seconda cosa che fino a pochi istanti fa dava un senso alla mia vita era l'odio verso i figli di Pandu, in special modo verso Arjuna, che era per me era il simbolo di ciò che non sono mai potuto essere. E tu ora cosa mi vieni a dire? che sono nati dalla mia stessa madre! e che sono i miei fratelli minori. Il mio odio per loro è crollato. Hai raggiunto il tuo scopo, Krishna: hai smontato il mio furore, e malgrado tutto non posso passare dalla loro parte. Combatterò per il mio amico e farò tutto ciò che è in mio potere per dargli la vittoria, compreso, se necessario, la mia stessa vita." Quel giorno Krishna ripartì per Upaplavya. 82 Kunti va a trovare Karna Nella casa di Vidura non si riusciva a parlare d'altro: da ore il mahatma discorreva con Kunti, esternandole l'immenso dolore che quella situazione gli procurava. "La notte non riesco più a dormire pensando a ciò che accadrà fra pochi giorni. Quel terribile massacro che avevo previsto alla nascita di Duryodhana sta per avverarsi, e anche le parole di Vyasa stanno diventando realtà. Fra brevissimo tempo nel mondo non ci sarà persona che non avrà morti da piangere," diceva. Anche Kunti non faceva che pensare a quella tremenda situazione. Conosceva bene il potere dei suoi figli: quanto Arjuna fosse abile, come Bhima fosse forte e quanto valorosi fossero anche gli altri tre; sapeva anche che erano protetti personalmente da Krishna. Ma era anche consapevole della forza dell'armata Kurava, e del fatto che per Duryodhana combattevano eroi che non avevano mai subito sconfitte. Ma la causa principale delle sue preoccupazioni era Karna, il suo figlio segreto, che era forte come un deva e odiava i fratelli. Così, non essendo a conoscenza del dialogo avvenuto fra Krishna e Karna, si fece forza e prese la difficile decisione di andare a parlargli, di dirgli tutto, di fargli sapere che era lei sua madre. Aveva saputo che sovente Karna andava a meditare su Vivashvan in un luogo sacro sulle rive del Gange, ove svolgeva severe austerità e recitava continue preghiere. Da lontano lo vide, immerso in trance sotto il sole cocente della mattina. Avvicinatasi senza farsi sentire, Kunti, con un lembo del sari lo protesse dai raggi per diverse ore. Quando ebbe finito le sue meditazioni e aprì gli occhi, Karna la vide davanti a sé, che piangeva per l'emozione. "Forse tu non mi conosci, ma io sì, e ho qualcosa da chiederti," gli disse con voce gentile. "Nobile signora, io non ti ho mai vista, ma sento che sei una persona molto vicina a me. Dimmi, cosa posso fare per renderti felice?" Kunti non rispose. Karna la guardò meglio, poi i suoi occhi si illuminarono e le raccontò che aveva un sogno ricorrente, nel quale una donna, sua madre, lo veniva spesso a trovare e lo proteggeva dai raggi del sole; quella donna era lei, la riconosceva. "Sì, io sono tua madre," confermò allora lei, "e sono anche la madre dei Pandava, coloro che tu ritieni i tuoi peggiori nemici." A quel punto raccontò in tutti i dettagli le circostanze della sua nascita. Karna la lasciò parlare, e solo alla fine rispose che sapeva già tutto, che Krishna glielo aveva da poco rivelato. "Ma perché sei venuta qui solo oggi? cosa vuoi da me?" le chiese. "Dopo aver saputo che i miei figli sono i tuoi fratelli minori," rispose, "come puoi fronteggiarli sul campo e tentare di ucciderli? Unisciti a loro, vinci questa guerra e sii il re. Prendi il trono che ti spetta di diritto, perché sei il maggiore tra loro. Ti prego, fa questo per me." Karna sorrise. "É commovente come cerchi di proteggere i tuoi figli e assicurare loro un futuro felice... ma se anch'io sono tuo figlio perché non hai fatto lo stesso per me? Tu forse non sai, nè puoi renderti conto di quanto la mia vita sia stata condizionata dal fatto che tu non mi abbia mai riconosciuto. Per questa tua paura di ammettere la tua unione con Vivashvan prima delle nozze con Pandu, mi hai condannato a patire le pene dell'inferno. Non hai mai pensato al mio benessere. E ora vieni qui addirittura a offrirmi il trono dei Bharata. Ora vuoi riconoscermi come tuo primogenito. Tu non lo stai facendo per amore materno, ma solo per salvare la vita degli altri tuoi figli. Ciò non è corretto, madre. Duryodhana è stato colui che mi ha dato le sole felicità della mia esistenza e gli devo riconoscenza; senza ombra di dubbio io combatterò per lui e cercherò di farlo vincere. Ma tu sei venuta per chiedermi qualcosa e non posso mandarti via senza averti concesso niente. Prima di questa guerra tu avevi cinque figli, e alla fine te ne resteranno altrettanti. Sappi che cercherò di uccidere solo Arjuna e che non causerò la morte degli altri quattro. In questa guerra moriremo o io o lui: in ogni caso avrai sempre cinque figli." Dopo averlo abbracciato con amore, Kunti fece ritorno alla sua casa. 83 Drishtadyumna nominato comandante Il sole stava tramontando quando Krishna, dopo essersi riposato, riferì ai re alleati che nel frattempo erano divenuti ansiosissimi cosa era successo ad Hastinapura. "Ho tentato di farlo ragionare," disse Krishna dopo aver raccontato tutto nei dettagli, "ma è stato inutile. Nel cuore fosco di Duryodhana non c'è posto per i pensieri e i sentimenti puri e quindi dobbiamo prepararci: oramai la sola realtà è diventata la guerra." Lo spirito guerriero di tutti si infiammò al punto che lanciarono acute grida e ruggiti leonini. Dopo tanta attesa, finalmente si andava a combattere. Bhima faceva terrore solo a guardarlo agitare la sua enorme mazza. Immediatamente cominciarono a discutere sulle strategie da seguire durante gli scontri; uno degli argomenti trattati fu la nomina del comandante in capo di tutta l'armata. Ognuno propose qualcuno che riteneva più adatto per quel compito: Sahadeva propose Virata, Nakula Drupada, Arjuna Drishtadyumna e Bhima Shikhandi. Yudhisthira invece suggerì Krishna nonostante la sua posizione di partecipante disarmato. Alla fine la scelta cadde su Drishtadyumna e il giorno stesso il figlio di Drupada fu nominato comandante in capo dei sette akshauhini a disposizione dei Pandava. Tutti i soldati lo acclamarono con foga. Il giorno stesso la grande armata dei Pandava partì in direzione di Kurukshetra. Appena i soldati avvistarono il luogo santo dove il loro antenato Kuru aveva compiuto rigide ascesi, e dove Parashurama aveva riunito fiumi di sangue degli kshatriya massacrati, soffiarono con forza nelle loro conchiglie e lanciarono robuste grida. Si respirava un'atmosfera di grande entusiasmo. E quando furono giunti al luogo scelto per l'accampamento, le tende furono erette dagli aiutanti con grande velocità e destrezza. Quella sera lo spettacolo delle milioni di fiaccole che illuminavano le onde placide del Gange era impressionante. 84 Bhishma nominato comandante Quando Duryodhana arrivò a Kurukshetra il suo esercito vi era già accampato da diversi giorni. Insieme ai suoi amici e alleati ispezionò l'armata e nel corso di una riunione affidò di persona a Kripa, Drona, Shalya, Jayadratha, Sudakshina, Kritavarma, Asvatthama, Karna, Bhurishrava, Shakuni e Somadatta il comando di un akshauhini a testa. Era un vero spettacolo vedere le manovre di assestamento e di preparazione di quei milioni e milioni di soldati, di cavalli, di elefanti e di carri che si muovevano e si disponevano in posizione di combattimento. Nel corso dello stesso consiglio doveva essere scelta la persona ritenuta più adatta a prendere la guida dell'intero esercito: Duryodhana stesso offrì il comando supremo a Bhishma e la sua decisione riscosse il consenso unanime dei presenti. "Accetto di guidare le tue milizie in questa guerra assurda," rispose l'anziano figlio di Ganga, "e ti prometto che ogni giorno sterminerò a migliaia i tuoi avversari. Tuttavia accetto questa carica a tali condizioni: la prima è che non ucciderò i cinque Pandava, e la seconda è che non affronterò Shikhandi, che è nato donna. É Amba reincarnata, alla quale ho arrecato un grave torto nella sua vita precedente: per questo non mi sento di combattere contro di lei. A parte ciò, hai la mia promessa solenne che sul campo di battaglia sarò come la morte personificata e che seminerò il terrore fra i tuoi nemici. Ma ho un'altra cosa da chiederti..." "Pur di averti come nostro comandante siamo disposti a soddisfare ogni tua richiesta," dichiarò Duryodhana a nome di tutti. "Io non voglio essere sul campo di battaglia insieme a Karna. La sua arroganza mi indispone, e quindi egli dovrà astenersi dal combattimento. Se ciò non dovesse essere, io non combatterò affatto." A quelle parole, Duryodhana rimase allibito. Non sapeva cosa dire. Non era un mistero per nessuno che sarebbero stati giorni difficili e che sarebbe servito l'aiuto di tutti, specialmente del suo migliore amico, che fra i grandi era forse l'unico che non si sarebbe risparmiato sforzi per uccidere i Pandava. Ad ogni modo fu Karna stesso che lo tolse d'impaccio. "Non ti sentire in imbarazzo per me. Non mi dispiacerà restare negli accampamenti mentre Bhishma guiderà le nostre truppe: in verità neanch'io desidero combattere insieme a lui. Ma quando egli cadrà sotto i colpi di Shikhandi, io scenderò sul campo e ucciderò Arjuna, conducendoti così alla vittoria finale." Dopo aver proferito quelle parole, Karna abbandonò la tenda. Bhishma fu acclamato da tutti comandante in capo dell'esercito dei Kurava. 85 I re neutrali Quando le spie riferirono ai Pandava che Bhishma era stato nominato comandante dell'esercito nemico, essi presero le loro prime decisioni strategiche in conseguenza della notizia ricevuta. Se non fosse stato per l'amore che l'anziano provava portava nei confronti dei nipoti, da solo sarebbe stato capace di sgominare un esercito ancor più forte di quello che avrebbe fronteggiato nei giorni seguenti. Ma Bhishma non avrebbe combattuto con il cuore poichè sapeva che, oltre a tutto, la causa dei cinque fratelli era giusta. I generali che avrebbero guidato i sette akshauhini affidati alla guida suprema di Drishtadyumna erano Drupada, Virata, Satyaki, lo stesso Drishtadyumna, Drishtaketu, Shikhandi e Sahadeva. Quello stesso giorno Krishna montò sul carro dell'amico e prese le redini in mano, mentre veniva acclamato dai suoi sinceri devoti. L'arrivo di Balarama fu un'altra ragione di rammarico per Yudhisthira. Questi infatti che aveva voluto parlargli in privato, gli disse: "Mio fratello e voi tutti sapete quanto io sia sempre stato contrario a questa guerra. Per questo io non me la sento di combattere contro nessuna delle due fazioni. Quindi oggi stesso partirò per un pellegrinaggio dal quale tornerò solo quando le ostilità saranno terminate." Balarama era appena partito quando, accompagnato da un'armata di un akshauhini, arrivò Rukmi, il re di Bhojakata e fratello di Rukmini, una delle mogli di Krishna. "Sono venuto a offrirti il mio aiuto," disse ad Arjuna. "Grazie a me riuscirete a vincere questa guerra che altrimenti sarebbe per voi una disfatta totale." Il tono di Rukmi era così arrogante che Arjuna non accettò l'offerta. "Noi non abbiamo bisogno di te. Se vuoi rimani e combatti, altrimenti vai da Duryodhana oppure torna al tuo regno: per le sorti della battaglia la tua presenza non è per nulla determinante." Il re fece lo stesso discorso ai Kurava, i quali risposero esattamente alla stessa maniera del Pandava. Così il re di Bhojakata si vide costretto a fare ritorno al suo regno. Per le ragioni sopra indicate, quella tremenda battaglia fu combattuta da tutti i re della Terra eccetto Balarama e Rukmi. La sera stessa Duryodhana mandò Uluka, il figlio di Shakuni, dai Pandava con diversi messaggi per ognuno dei fratelli e dei loro alleati. Costui usò toni talmente insolenti che Bhima lo avrebbe ucciso all'istante se Krishna non fosse intervenuto per salvargli la vita. Uluka fu rimandato indietro con duri messaggi per il figlio di Dritarashtra. Quella notte Yudhisthira non riuscì a dormire: la trascorse discorrendo con Krishna e Arjuna.
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