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Uno dei più attenti studi su Gioacchino da Fiora è quello che si legge al capitolo VII di "Sacrum Imperium", scritto da Alois Dempf, sebbene il nome di Gioacchino ricorra sovente in tutti gli studi sul basso medioevo rimanendo sempre avvolto da un enigma insolubile legato alla sua persona a metà fra l'eresia ed una rinnovata ortodossia, tra il profeta visionario e l'attento esegeta, fra il simbolista che parla per tempi futuri e l'appassionato realista dell'evidente derubricatore dei suoi tempi. Non v'è dubbio che il suo nome e la sua persona sono da tutti noti attraverso l'endecasillabo dantesco che parla di lui come un profeta, dotato di quello spirito profetico, capace, viaggiando nella verità dello spirito di vedere e prevedere il cammino dell'umanità. Al suoi tempi egli è appena noto, tranne che negli ambienti francescani, ed in particolare fra gli "Spirituali", fra i quali apparteneva anche Pietro di Giovanni Olivi, lettore in Santa Croce a Firenze, e di cui fu auditore lo stesso Dante Alighieri. Quindici anni dopo la sua morte la sua dottrina della Trinità è condannata e dopo altri quindici anni egli diventa per tutto un secolo l'oracolo dell'epoca, la sua dottrina diventa l'ideologia degli inizi dell'età moderna, e, in evidente rapporto con la riforma i suoi scritti vengono stampati a Venezia nel 1519 e 1527, ma non esercitano quasi più un'influenza pubblica. Nel secolo XIX egli è talmente ignoto, che nonostante le edizioni, rare senza dubbio, e i manoscritti, poté sorgere una formale questione gioachimita e tutti I suoi scritti furono dichiarati falsificazioni alla stessa stregua degli scritti pseudo gioachimiti, palesemente apocrifi e dell'evangelium aeternum del 1254. Le date biografiche si ricavano da una biografia estremamente fantastica (specialmente da Paperbroche, Act sanct. VIL 87). Gioacchino è nato verso il 1130 presso Cosenza, è stato all'incirca dal 1178 al 1188 abate cistercense di Corace ed ha compiuto in questo periodo viaggi in Francia ed in Germania, è uscito poi dall'ordine dei cistercensi ed ha fondato il proprio Ordine di Fiora, che durò fino al 1570. E' morto nel suo monastero di San Giovanni di Fiora in Calabria nel 1202. Gioacchino fu animato da un grande spirito di riforma della Chiesa, una riforma condotta dall'interno, la sua scoperta, così ricca di conseguenze, è costituita veramente da un unico concetto, che era già da lungo tempo elaborato dal simbolismo tedesco, specialmente da Anselmo di Havelberg, ben noto a Gioacchino, che però in lui erompe con la violenza di una illuminazione divina dopo un diuturno studio di esegesi simbolica della Bibbia. Nella notte di Pasqua egli ha la decisiva esperienza illuminatrice: la spiritualis intelligentia, la vita nello spirito del Cristianesimo rivelato si concreta in un’era terrena anteriore al Giudizio finale. Per questo vi sono due prove: la prima offerta dalla tradizione biblica del riposo del settimo giorno prima del vero sabbatismo dell'ottavo giorno, prima della completa contemplazione di Dio nell'al di la; la seconda desunta dalla tipologia della Trinità, per cui all'era del Padre, ed a quella del Figlio, deve seguire la terza dello Spirito Santo, che coincide con la settima età ed il cui contenuto può esser desunto dalle similitudini simboliche e dalle corrispondenze che si scorgono nel settimo giorno della Creazione ed in tutti gli altri sacri numeri sette della Scrittura. Lo sviluppo della vita monastica contemplativa, specialmente dal tempo di Bernardo, padre dell’ordine di Gioacchino, e magari già al tempo di Benedetto, suscita l'idea d'un tempo e d'un Regno particolare dello Spirito Santo nell'ambito dell'azione dell'intera Trinità. Come lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, così la spiritualis intelligentia procede dalla lettera dell'Antico e del Nuovo Testamento, che appartengono, in quanto opere particolari, al Padre ed al Figlio. La vita contemplativa dei monaci diventa preminente in questo terzo Regno, come quella dei laici nell'Antico Testamento e quella mista, attiva e contemplativa, dei sacerdoti del Nuovo. Ma se ormai la spiritualis intelligentia è intesa da questa filosofia della storia come un'era dell'ascesa alla suprema perfezione della vita spirituale da Benedetto a Bernardo in poi, allora il regno di Cristo non è più il compimento della maturità paolina dotata di intelligenza pneumatica. Certamente già in esso il terzo Regno è cominciato per pochi maturi, ma la maturità cristiana diverrà caratteristica d'un epoca e sarà predominante soltanto in una Chiesa dell'avvenire in virtù d'un nuovo Ordine, superiore nella sua pura perfectio evangelica alla vita a metà attiva ed a metà contemplativa del clero secolare. Tuttavia, per Gioacchino, la Chiesa feudale è pienamente giustificata come grado dello sviluppo storico, ma si aspira ad un ulteriore progresso verso una spiritualità ed una vita monastica completamente indifferenti al mondo, anzi evase dal mondo. Nelle sue articolazioni, la teoria di Gioacchino è piuttosto complessa, per essere riassunta, è forse più opportuno uno schema a cui possiamo eventualmente richiamarci.
| 1° Regno Duci precristiani | Re e Duci cristiani | 2° Regno Re dell'Anticristo | | | | | 1 età | Giacobbe, Mosè, Gìosuè, Caleb | Cristo | | 2 età | Sarnuele, David | Pietro, Paolo, Giovanni | Erode | 3 età | Elia, Eliseo | Costantino, Silvestro | Nerone | 4 età | Isaia, Ezechia, Ezechiele, Daniele | Giustiniano, Benedetto | Costanzo, Ario | 5 età | Trasmigratio a Babilonia | Gregorio, Zaccaria, Pipino Carlo, Enrico VI | Cosroe Maometto La nuova Babilonia Saladino | 6 età | Zorobabele, Giosuè | Bernardo | Il 6 e il 7 dell'Apocalisse | 7 età | Annus lubileus | Il cinquecento dieci e cinque | L'Anticristo |
Questo schema è tanto utile, sebbene sommario, per il fatto che la successiva filosofia della Chiesa del Medioevo ne dipende decisamente, specialmente quella di Buonaventura, Olivi, Ubertino da Casale e più che mai la Divina Commedia. Ciò che sfuggiva in questa armonia a Gioacchino, era ovviamente la settima età, come cioè identificare la figura dell'ultimo ed evidente Anticristo, che lui finirà per riconoscere in Federico II. Ma comunque, lo scopo esegetico, il grande sforzo intellettuale di Gioacchino, cioè quello che annuncia, la sua opera "Concordia", è la scoperta della corrispondenza storica e tutta ancora nella storia tra Antico e Nuovo Testamento. Ma Gioacchino si rende anche conto nello stesso momento in cui riesce a strutturare in forma esegetica tutto il percorso salvifico dell'umanità che egli rimane ancora propriamente alla litera dell'interpretazione storica, mentre egli è spinto verso l'interpretazione spirituale. La comparazione dei quattro libri della sua Concordia con i quattro Vangeli, che sono caratterizzati dalla nascita, passione, risurrezione, ascensione al cielo di Cristo, lo spingono alla creazione d'un quinto Vangelo. L’invio dello Spirito Santo è un evento che non rientra nei quattro Vangeli, non è più fatto storico, ma è da intendere spiritualmente come avvento / evento che promana dai due Testamenti. Esso è significato dall'Evangelium aeternum dell'Apocalisse XIV e dall'Evangelium regni di Matteo Iv,23. Si eliminerebbe in tal modo la mera credenza in misteri, sacramenta, immagini temporanee e transeunti, e si coglierebbe il senso simbolico, l'eterno. Il terzo cielo di Paolo, la luce solare della Rivelazione dopo la luce stellare del primo status e la lunare del secondo, l'oro al posto del piombo e dell'argento, non sono forse quello Spirito che vivifica e la glorificazione di Cristo per opera dello Spirito? Le risposte, le sollecitazioni che Gioacchino provocherà in questo senso nel suoi tempi, saranno forti e molteplici, le sue stesse risposte per definire il regno dello Spirito sono talmente dense e articolate, che è difficile costringerle in poco spazio e, a me ora preme fare qualche conclusione. L’opera di Gioacchino da forma al presentimento, che campeggia quale monito in tutta la Commedia di Dante, dell'imminente grave crisi della Chiesa e dell'Impero e, quest'opera sorta fuori dalle lotte spirituali e sociali, solitaria e perduta, esprime, a giudizio del Dempf, di cui mi sono a lungo servito in questo studio, esattamente la realtà storica del declino del Medioevo. E' certo altresì, da adito alla speranza della novità che deve venire, cioè di una più nobile spiritualità e finezza del sentimento sociale in un terzo Regno tutto di personalità libere ed ideali. La profezia di Gioacchino rimase così sospesa, mentre lo scenario della storia vedeva impegnate due concrete personalità lontane da ogni teoria, l'umile cristiano Francesco ed il demoniaco Federico anticristo Federico II. Oggi, l'opera di Gioacchino è quanto mai affascinante e forse più concreta, se la crisi, od il naufragio del medioevo ha infatti celato qualcosa nei secoli e, coloro che hanno assistito a quel naufragio di un grande tentativo di riforma dello spirito hanno lasciato dei messaggi tutti ancora da derubricare e riscrivere, questo tempo di crisi dello spirito può forse essere il tempo più adatto per completare quel quadro della storia magico nella sua esegesi, profetico nel suo affiato, che Gioacchino da Fiora ha scritto con mente futura. Ed egli io credo può essere una guida autentica oggi come ieri per domandarsi quale linee seguire verso il cammino che porta attraverso la storia ed il tempo alla luce dell'eterno, ovvero a quel Terzo regno profetizzato da Gioacchino.
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