Introduzione Dopo di avere esposto agli Anziani di Miriam i principi fondamentali della Magia col mio commento ermetico alla Tavola di Smeraldo, adesso espongo loro i concetti arcani ai quali è informato l'Asino d’Oro. E li espongo in una forma simile a quella adottata da Fabre d’Olivet nel secondo volume della sua famosa "Langue Ebraïque Recostituée" diretta a rivelare i primi dieci capitoli del Berechith Mosaico; giacché tanto l'Asino quanto la Langue Ebraïque sono scritti di dentro e di fuori come l'Apocalisse di San Giovanni, in essi cioè la lettera uccide lo spirito (littera enim occidit, spiritus autem vivifacat) come dice San Paolo nella sua seconda lettera ai Corinti. Per il progresso degli Anziani dopo la Tavola ho subito svelto l'Asino, perché contenendo questo in occulto il concetto sintetico della iniziazione, va studiato di proposito prima di tutti gli altri libri ermetici, anche da chi non sia ancora in possesso delle chiavi misteriose che aprono tutte le porte dell'Arca Santa. Gli undici libri e capitoli dell'Asino d’Oro dunque sono stati scritti originalmente in greco da Lucio Apuleio, il quale, nato a Madera presso Tunisi all'epoca degli Imperatori Antonini e vissuto lunghi anni ad Atene ad a Roma, fu, secondo Sant'Agostino, prete o meglio sacerdote in Africa ed appartenne certamente alla schiera dei filosofi della scuola platonica. Dell'Asino d’Oro, che dai non iniziati viene letto come un romanzo allegro ed in alcuni punti anche salace, vi sono parecchie traduzioni nelle principali lingue moderne, italiana compresa, ma sono quasi tutte od inesatte od incomplete, anche quella classica di Agnolo Firenzuola che manca del libro undecimo. A chi voglia seguirmi, e poiché è necessario si legga almeno il testo di cui dò solamente qualche interpretazione, consiglio la edizione francese avec de remarques interessantissimi, intitolata L'âne d'or d'Apulée philosophe platonicien (Paris, chez M. Brunet, 1730). Di Asini simbolici le storie ne registrano molti. I Samaritani rappresentavano il Dio Thartac con un libro in mano, un mantello sulle spalle ed una testa di asino sul collo, per simboleggiare la fede volgare e la credulità. E secondo i dottori ebrei di Samaria il cristianesimo era il regno di Thartac, perché in allora la fede cieca e la credulità grossolana, erette in oracolo universale, erano preferite alla concezione razionalmente intellettiva e scientifica. Sono troppo noti l'Asino che riscaldò la culla di Gesù e l'altro che rese famoso il livornese Guerrazzi, fra essi, anzi da Noé in poi, asini non simbolici, con o senza coda, ve ne furono una infinità, coevi a tutte le nazioni antiche e moderne. Secondo Eliphas Levi, l'Asino di Apuleio, é una epopea magica, anzi l'ultima delle epopee magiche, ed una satira contro il cristianesimo, il quale, secondo lui, Apuleio aveva senza dubbio professato per qualche tempo, come egli stesso sembra attestare sotto l'allegoria della sua metamorfosi in asino. Ma questa ipotesi affermativa del grande occultista, almeno nel suo significato palese, non pare troppo attendibile, perché la allegoria apuleiana nasconde ben altro che un ripicco d'indole religiosa [La metamorfosi o mutamento di forma o maschera o latinamente persona, è la maniera profana o volgare di intendere i tre misteri iniziatici antichi della Periciclòsi (cioè il ciclo di percorrenza di un'anima), della Palingenesi (il rinnovamento dell'individuo o dell'anima in un corpo) e della Metempsicosi (passaggio di un anima da un corpo all'altro]. Infatti l'Asino d’Oro é prezioso appunto perché, secondo tutti gli iniziati, contiene il concetto della iniziazione agli studi magici sotto il velo di simulate metafore e di complicate metamorfosi. E questo concetto, a mio giudicio, é egregiamente sviluppato in due grandi quadri. 1° Nel primo Apuleio narra di un suo viaggio in Tessaglia, il paese degli incantesimi. Vi riceve ospitalità da un signore, la cui moglie esercita l'arte della stregoneria. Ne seduce la cameriera Fotis (principio feminino cioè passivo), e da questa secondato sorprende alcune operazioni segrete della padrona. Fotis vuol accontentare il suo amante (principio mascolino, ossia attivo) procurandogli una composizione con cui la maga si trasformava in uccello (forse l'unto che servì poi alle streghe medioevali per recarsi al Sabbath), ma sbaglia vasetto. Apuleio ne usa materialmente nell'ora notturna e nel modo che aveva visto praticare la strega, ma invece di trasformarsi in uccello (in Ibis, simbolo della intelligenza superiore) si trasmuta in ciuco (in asino, simbolo della intelligenza bruta, madre degli errori grossolani che avvelenano lo spirito e ne ostacolano il progresso). La maldestra Fotis lo consola dicendogli che, per riprendere la primitiva forma umana, basta che egli mangi delle rose, (cioè che per raggiungere lo stato di alta mentalità egli si nutrisca dei fiori della iniziazione, poiché la rosa é appunto il simbolo della iniziazione). Ma come trovare delle rose durante la notte (il periodo nero degli alchimisti) ? Bisogna attendere il domani, ed intanto la cameriera ricovera il somaro in una piccola scuderia. Sopravvengono ad alta notte dei ladri che, svaligiata la casa, catturano l'asino per asportare il bottino. Da quel momento nessun mezzo di avvicinarsi alle rose; i rosai non son fatti per i ciuchi, che i giardinieri scacciano a legnate. Il vile somaro trova sempre la sua indagine delle rose attraversata da una infinita serie di ostacoli e pericoli (le prove della iniziatura), di pene e di guai che vengono nel racconto velati da avventure salaci ed esposti sotto forma di rapimenti, ladrocini, assassini, vendite, fughe, viaggi faticosissimi, minacce e pericoli di ferite e di morti, sempre accompagnate da pesanti bastonature e lunghi digiuni (cioè dai tentativi del Neofita e dalla lunga serie di quelle difficoltà che egli deve superare, come vengono accennate dal Kremmerz, dal Levi e dal Papus nelle loro dotte pubblicazioni), Tutto ciò é sapientemente descritto ed intramezzato da episodi eroici o buffi, come si conviene alla doppia natura del soggetto, uomo od asino, cui si riferiscono. Durante la sua lunga e triste cattività egli ode narrare l'istoria meravigliosa e simbolica, la quale é per così dire l'anima e la poesia della sua propria. Psiche ha voluto sorprendere il segreto dell'Amore, come Apuleio quello della Magia; essa perdette l'amore, come egli la forma umana (il castigo). Essa é errante, esiliata, sottomessa alla collera di Venere; egli é uno schiavo di ladroni. Ma Psiche deve rimontare al Cielo dopo di avere traversato l'Inferno (le prove iniziatiche animiche), ed Apuleio sarà compatito e perdonato dagli Dei. Infatti dopo un anno (alchimico) di pene continue la misera sorte dell'asino tende a migliorare (cioè la calma comincia a scendere nell'animo suo), Iside gli appare in sogno e gli promette che il suo Sacerdote, (il Maestro Iniziatore), avvertito da una sua rivelazione, gli darà le rose da mangiare durante la solennità della sua prossima, festa (cioè gli insegnerà il primo rito magico che da animale lo trasformerà in uomo). 2° Nel secondo quadro si espone che il giorno desiato alfine giunge, e l'Asino (Apuleio) vi si é degnamente preparato. L'autore descrive lungamente la processione di Iside (descrizione preziosa per la scienza perché vi si trova la chiave dei misteri egizi). Uomini mascherati camminano pei primi portando degli animali grotteschi (sono le favole volgari). Poi seguono donne spargenti fiori e portanti sulle spalle grandi specchi che riflettono l'immagine della Dea (gli nomini precedono e formulano i dogmi, che le donne abbelliscono e per istinto materno riflettono senza la conoscenza delle verità più elevate). Uomini e donne vengono in seguito portando la Luce (é l'alleanza dell'attivo col passivo, generatori della scienza e della vita). Dopo la Luce viene l'Armonia (rappresentata da giovani musicisti. Per ultimo le immagini degli Dei in numero di tre (Padre, Figliuolo e Spirito Santo), seguite dal Gran Jerofante che porta non l'immagine, ma il simbolo, (la chiave della Grande Iside, cioè una palla d'oro sormontata da un caduceo [Il caduceo sulla palla che poi diventa croce sulla palla in mano al Divin Bambino. Ma la croce sulla sfera è il rovescio di Venere che è la sfera sulla croce]. L'Asino (Apuleio) vede nella sinistra del Gran Sacerdote una corona di rose. Si avvicina poiché non lo si respinga più; mangia le rose (riceve l'iniziatura) e subito ridiventa uomo. Allora Apuleio ringrazia calorosamente e chiede di essere inscritto fra gli iniziati. Il favore altissimo gli é concesso. Si purifica, segna il patto ed é ammesso alla Loggia per istudiare sotto la direzione del Gran Maestro. Seguita l'ultimo libro dell'Asino d’Oro con uno stile più elevato ed anche più oscuro a trattare di alcuni misteri della iniziazione propriamente detta. Questa comprende, come ivi é esposto, i tre gradi di Sacerdote (Maestro di Primo Grado) di Iside (cioè di tutte le divinità femminine, ossia di tutti i principi passivi) ; di Sacerdote (Maestro di Secondo Grado) di Osiride (cioè di tutte le divinità mascoline, ossia di tutti i principi attivi), e di Gran Sacerdote (Maestro di Terzo Grado) Pastoforo (cioè che ha diritto di portare il manto intero nelle cerimonie). Per il passaggio dall'uno all'altro di questi gradi si indicano quali occorrano nuovi studi, nuove purificazioni, nuove offerte e consacrazioni novelle fra timori e pericoli sempre maggiori, velando però le offerte indicazioni con un linguaggio che ben difficilmente può essere dai profani compreso nei suoi veri significati occulti. Il rapido cenno di questi quadri comprende in breve il riassunto del Libro quale si presenta alla mente volgare. Ma applicando i principi che ho già esposti sul Commentarium intorno all'Analogia, tornerà facile all'osservatore che si occupi di occultismo il dedurne i seguenti concetti sintetici: Che é fatale si debba diventare Asini prima di imparare a volare; - Che l'uomo prima di divenire perfetto deve retrocedere fino allo stato di natura passiva, spogliandosi di tutta l'umanità sociale di cui si trova investito; - Che l'Asino non volerà se prima non ha imparato a diventare uccello, od Ibis sacro agli antichi Egizi, colla iniziatura, perché in caso diverso non arriverà mai alla sacra mangiatoia delle rose sacerdotali; - Che intanto si deve lasciare nell'oscurità ciò che vi deve stare, perché Psiche per volere vedere il suo amante invisibile lo ha perduto; - Che tutto il libro é scritto in triplice senso allegorico, anche nella espressione dell'intera forma volgare del racconto; - Che infine per riuscire in questi studi bisogna mettere in disparte ogni preconcetto di presunzione ed essere persuasi che ci vuole: Scienza e Pazienza Silenzio e Pazienza Coraggio e Pazienza
Così, col testo sott'occhio, vedremo ora un po' più diffusamente quali sono i precetti che senza troppo sforzo della mente si possono ricavare delle numerose novelle e parabole che a dovizia sono sparse in ciascun Libro dell'Asino d’Oro. Qualche mio breve commento fra parentesi ed a piè pagina, darà la interpretazione dei punti oscuri in quei limiti che mi é concesso.
Forse pochissimi sono a conoscenza che nella Sala dell’Asino d’Oro della Rocca dei Rossi a San Secondo, sono presenti diciassette dipinti a fresco, tratti dalle “Metamorfosi” di Apuleio; e rappresentano un "unicum", nel loro genere, nella storia dell'arte rinascimentale. Qui, sottotaciuto il racconto di Amore e Psiche, viene rappresentata la sola vicenda di Lucio-asino il quale viene punito per la insaziabile cupidigia di approdare a sempre nuove conoscenze e troverà pace e serenità, secondo il racconto, soltanto quando riuscirà a capire e a valorizzare i misteri di Iside e della sua religione. Pensando far cosa utile e gradita, faremo precedere il commento di Jesboama da questi diciassette dipinti con i passi del testo che ne fanno riferimento.
Indice Introduzione Sala dell’Asino d’Oro della Rocca dei Rossi Commento al libro I° e II° Commento al libro III° e IV Commento al libro V° Commento al libro VI° e VII° Commento al libro VIII° e IX° Commento al libro X° e XI° Conclusioni |