La storia della nostra Loggia comincia con gli ultimi anni di vita del suo fondatore, il Gran Maestro Domizio Torrigiani. Brillante Avvocato fiorentino, eletto abbastanza giovane alla suprema carica massonica il 23 giugno 1919, egli si trovò ad affrontare, dopo le vicissitudini economico - sociali seguite alla prima guerra mondiale, l’avvento del Fascismo, salutato dapprima come restauratore dell’ordine e della pace sociale, ma rivelatosi ben presto regime dittatoriale, che progressivamente cancellò ogni garanzia di libertà, specie di pensiero, di parola, di associazione, di stampa. Il principio democratico propugnato da Torrigiani fu aspramente represso da Mussolini dapprima col divieto di adesione alla Massoneria da parte degli iscritti al Partito fascista e poi con l’emanazione il 20 novembre 1925 della legge sulle associazioni che poneva al bando la Massoneria dopo una violenta campagna di stampa e squadristica che aveva portato all’occupazione e alla devastazione di Templi, di abitazioni e studi di Fratelli, a persecuzioni, torture, assassini di parecchi Massoni in varie città d’Italia e specie in Toscana. Torrigiani fu quindi costretto, con decreto del 22 novembre 1925, a sciogliere tutte le Logge all’obbedienza di Palazzo Giustiniani, ma riservando al Grande Oriente il compito di continuare la vita dell’Ordine Massonico. Così la fiaccola della Luce iniziatica poté rischiarare gli anni bui della dittatura fino alla liberazione dell’Italia ad opera delle truppe alleate. Ma egli non poté riprendere il Maglietto perché, al ritorno dalla Francia dove si era recato dopo lo scioglimento delle Logge, fu arrestato senza un valido motivo se non quello di essere una bandiera di libertà, e condannato a cinque anni di confino, dapprima nell’isola di Lipari in Sicilia e, poi, in quella di Ponza nel Lazio, da dove, finalmente, poté far ritorno nella sua villa di San Baronto in Toscana ove, divenuto ormai semicieco, si spense pochi mesi dopo, il 31 agosto 1932. Eppure quell’Uomo, minato nel fisico, non perse mai la fede in tempi migliori e dimostrò, anche e, forse soprattutto, al confino la propria incrollabile forza morale con la quale seppe confortare Fratelli e profani. Riferiscono le cronache che, già quando si trovava all’isola di Lipari, il nostro Eroe, brillante uomo di cultura, era divenuto il centro di attenzione dei circa 500 uomini, al pari di Lui confinati, che non potendo lavorare, trovavano salvezza e svago nel passeggio, nella conversazione e nei libri.
Sicché ogni giorno egli percorreva infinite volte avanti e indietro il breve tratto di strada di cinquecento metri consentito dai poliziotti fascisti, discutendo con i suoi compagni di confino degli argomenti più svariati e, perfino, di politica, che, pur rigorosamente vietata sotto pena di condanna a sei mesi di reclusione, veniva da Lui abilmente mascherata con tesi filosofiche o retoriche. Sia a Lipari che a Ponza il trattamento riservato ai deportati politici ( tra i quali vi fu anche Sandro Pertini, divenuto poi uno dei Presidenti della Repubblica più amato dagli Italiani ) era molto duro: essi vivevano prevalentemente in cameroni comuni, pochi potevano prendere in affitto abitazioni private, ricevevano un sussidio giornaliero di ben 5 lire che dovevano bastare per il vitto, il vestiario, l’alloggio ed ogni altra necessità, dovevano rispettare rigidi orari di uscita e di rientro negli alloggi, non potevano tenere riunioni né parlare di politica ed erano costantemente sorvegliati e seguiti dagli agenti e dai militi fascisti che, ad ogni minima infrazione o sospetto, li arrestavano Trasferito a Ponza, Domizio Torrigiani trovò in quell’isola alcuni Fratelli del luogo, i quali, pur inquisiti dalla polizia, cercarono con ogni mezzo di alleviare le sofferenze dei perseguitati tra i quali tuttavia ben presto Egli riprese il ruolo di illuminato conversatore e guida spirituale. Ma Domizio Torrigiani, benché vicino alla sua fine terrena, con grande sensibilità e lungimiranza, volle lasciare in quell’isola, legata alle sofferenze ed alle idealità di tanti veri Italiani, un segno tangibile di presenza attiva massonica con l’innalzamento delle colonne di una nuova Loggia. Non fu difficile avvicinare, tra i confinati, provenienti dall’Italia tutta ed appartenenti ad ogni tendenza politica, i Fratelli più idonei e con essi si pensò subito al nome da attribuire alla nuova Loggia che doveva ispirarsi ad un illustre Fratello del Risorgimento Italiano, quale fu Carlo Pisacane, divenuto martire della libertà. Nominato da Giuseppe Mazzini capo di Stato maggiore della Repubblica Romana nel 1849, Carlo Pisacane, dopo la caduta di Roma sotto le truppe francesi restauratrici del potere temporale ecclesiastico, rifletté sulle cause del fallimento della rivoluzione del 1848 ed elaborò un programma rivoluzionario che doveva coinvolgere l’intervento delle masse popolari, specie di quelle contadine, nella lotta contro lo straniero ed i suoi sostenitori. Convinto assertore dell’iniziativa meridionale, Pisacane, all’inizio del 1855, si era riavvicinato a Mazzini per preparare, insieme a lui, un tentativo rivoluzionario nel Regno delle Due Sicilie che, se vittorioso, avrebbe potuto bloccare - come desiderava Mazzini - le prospettive di una soluzione moderata e monarchica dell’ unità italiana. Impadronitosi il 25 giugno 1857 con alcuni compagni del postale "Cagliari" che navigava da Genova verso la Sardegna, egli dirottò la nave sull’isola di Ponza, - anche allora destinata al confino di detenuti politici e militari -, e ne liberò trecento che condusse con sé esultanti ed ansiosi di combattere per una giusta causa. Purtroppo, sbarcato a Sapri, quasi al confine tra Campania e Calabria nella notte del 28 giugno, Pisacane non trovò ad attenderlo gli altri compagni di fede, nell’appoggio dei quali confidava, ma i gendarmi borbonici e, per colmo di ironia, proprio gruppi di quei contadini che intendeva riscattare dalla dominazione borbonica e che invece erano convinti di trovarsi di fronte ad un’incursione di banditi. La colonna di Pisacane fu quindi attaccata prima a Padula, poi a Sanza dove il 1 luglio 1857 Carlo Pisacane, ferito nello scontro, si uccise con un colpo di fucile per non cadere vivo nelle mani dei borbonici e dei contadini inferociti. Con lui caddero tutti gli sventurati compagni della spedizione imbarcati a Ponza: ".. eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti …." Così li ricordò il Fratello Luigi Mercantini nella bellissima poesia "La Spigolatrice di Sapri". Il ricordo delle gesta di Carlo Pisacane e dei perseguitati politici che, conquistata la libertà, spiccarono il volo dalle scogliere di Ponza verso i cieli della gloria, ispirò dunque Torrigiani e tutti i Fratelli costituenti nella scelta del nome distintivo della nuova Loggia clandestina. E il gran giorno venne, tra giugno e luglio del 1931, e, con grande commozione, lo descrive dopo tanti anni, il Fratello Florio Fiorini che fu eletto Maestro Venerabile: "Ci preparammo con entusiasmo, non senza una certa trepidazione, all’inaugurazione della Loggia "Carlo Pisacane", alla presenza del Gran Maestro, che vi aggiungeva la sua austera solennità. Previe tutte le considerazioni e le cautele per sfuggire alla polizia, nell’alloggio del Fratello bolognese Fernando Bolelli, in una bellissima località, Frontone, prospiciente il mare, fu inaugurata la Loggia con appropriate parole del Gran Maestro, del Maestro Venerabile e di altri. "Non è facile né a me esprimere né a chi legge immaginare la commozione che ci pervase tutti in quella occasione. Se oggi ci turba intimamente l’inaugurazione dei nostri Templi, densi di tante vicende, si pensi che cosa poteva significare un fatto simile in quell’isola che ricordava il colpo di mano di Pisacane, che fu sempre luogo di deportazione per martiri di ogni nobile ideale, che raccoglieva anche allora dei ribelli, capaci di soffrire la miseria e la fame, ma insofferenti della schiavitù morale, sociale e politica. In quella seduta erano riunite le nostre persone, modeste per sé, ma che tuttavia esprimevano l’estrema aspirazione dell’Uomo alla libertà del pensiero, che confermavano col loro sano giuramento la fede estrema nei principi da noi professati, che infine rappresentavano, in pochissimi, migliaia di altri Fratelli o profughi in terra straniera o fermi al loro posto in Patria, tutti legati da quel filo sottile, invisibile, ma infrangibile, che unisce indissolubilmente i migliori di noi, che non divengono spergiuri." Dodici furono i primi componenti della Loggia, originari di ogni parte d’Italia e di differenti fedi politiche e questa unione "aveva come un carattere simbolico di nazionalità, che, dalle Alpi alla Sicilia, si manifestava con un solo desiderio, con una sola aspirazione costante e bruciante, quella di vedere la nostra Patria rientrare un giorno tra le Nazioni libere e civili, cancellando l’onta del regime antinazionale e antirisorgimentale." Questi Fratelli ebbero il privilegio di vivere una stagione irripetibile ancorché limitata ad un solo anno della loro esistenza perché nel 1932 terminò il confino per Torrigiani che tornò in Toscana, ove poco dopo morì, e alcuni di loro furono trasferiti, così che la Loggia cessò di funzionare. Ma in quell’anno, trascorso in condizioni di estrema difficoltà, mancando ogni possibilità di procurarsi o tenere presso di sé opuscoli o manuali o libri di adatto insegnamento, essi riuscirono ugualmente a istruire i neofiti tramandando loro da bocca a orecchio - come nella più pura tradizione iniziatica - la scienza muratoria e stimolandoli, pur e soprattutto in un ambiente così ostile e difficile, a vincersi per vincere Nel contempo, essi organizzarono la creazione di una biblioteca per diffondere e corroborare la cultura tra i confinati e i ponzesi; la costituzione di una cooperativa per l’acquisto e la vendita di generi di prima necessità a condizioni di favore sempre per i confinati, ’assistenza ai compagni di sventura nelle pratiche da svolgere a Roma o di qualsiasi altra natura. Il tronco della Vedova funzionò generosamente. Ma non trascurarono i nostri Fratelli l’opera di necessaria, serena informazione tra i confinati e gli isolani che valesse a ridimensionare le distorte, interessate notizie diffuse dalla propaganda di quel regime che, alla lunga, non avrebbe potuto annullare la storia e distruggere del tutto le coscienze. Sicché la Rispettabile Loggia Carlo Pisacane all’Oriente di Ponza rappresentò un luminoso faro di libertà che confortò la fede di tanti oppressi e che testimoniò poi nel 1944, con l’olocausto del suo secondo Maestro Venerabile della clandestinità, l’Avvocato Placido Martini, e dell’altro suo membro fondatore, Silvio Campanile, entrambi trucidati dalle SS alle Fosse Ardeatine, la fedeltà agli ideali di democrazia, di uguaglianza, di progresso materiale, morale e spirituale che da sempre hanno caratterizzato la Massoneria. Tra i fondatori della nostra Loggia va ricordato in particolare il Fratello Placido Martini che ne fu anche Maestro Venerabile. Il suo carattere indomito lo espose ad una persecuzione costante da parte del regime fascista che, dopo Ponza, lo internò in un campo di concentramento a Manfredonia e poi all’Aquila donde fu liberato solo dopo la caduta di Mussolini nel luglio 1943. Egli non cessò mai di levare alta e forte la propria voce contro le sopraffazioni rivendicando il primato dei valori dello spirito. Era fatale quindi che, all’indomani dell’occupazione nazista di Roma nel settembre 1943, egli, imprigionato nuovamente e ritenuto elemento pericoloso al pari dell’altro nostro Fratello Silvio Campanile, fosse con lui sorteggiato per essere trucidato all’alba del 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine mentre gridava la sua qualità di Gran Maestro della Massoneria Italiana, dignità che sicuramente gli sarebbe stata ufficialmente riconosciuta appena la nostra Istituzione avesse potuto riprendere i propri regolari lavori. Al suo nome fu intitolata nel 1973 col numero distintivo 899 la Loggia che tuttora opera all’Oriente di Roma. La nostra Loggia, non più operante dal 1932 fino al 1944, riprese i propri lavori col n.177 all’Oriente di Roma all’Obbedienza di Palazzo Giustiniani, raccogliendo tra le proprie fila Fratelli per lo più anziani che già avevano operato in clandestinità che, però, paghi della riconquistata libertà, curarono poco il proselitismo pur dopo essersi fusi nel 1955 con la R\L\ Garibaldi della quale la nostra Loggia assunse l’odierno numero distintivo 160, tra i più antichi della Comunione Italiana. Fu così che, passati progressivamente all’Oriente Eterno vari suoi membri, la nostra Loggia cessò di funzionare per alcuni anni finché nel 1965 il Gran Maestro Giordano Gamberini, su istanza di alcuni superstiti e di vari Fratelli, tra i quali l’allora Gran Maestro Aggiunto Roberto Ascarelli, provenienti da varie Logge, tra cui la gloriosa "Cola di Rienzo" (n.154), la "Domizio Torrigiani" (n.184), la "G.D. Romagnosi" (n.182), ne approvò la ricostruzione col nome distintivo di "Pisacane di Ponza - Hod n.160 all’Oriente di Roma", ormai considerata la Loggia Madre della rinnovata Massoneria Italiana. L’attribuzione ulteriore del nome Hod, nell’intenzione dei richiedenti, era quella di aggiungere alla nostra Loggia, ad un carattere prevalentemente operativo, risultante dalla sua gloriosa ed emblematica storia, una connotazione essenzialmente esoterica quale si connette al significato stesso ("maestà, gloria, autorevolezza") della parola ebraica Hod; nome dell’ottava sephiroth che, secondo la teoria della Qabalah, rappresenta una delle caratteristiche di Dio. Le sephiroth o sfere o raggi sono dieci e costituiscono i gradi intermedi tra Dio e il mondo, sfere o raggi di emanazione distinta dalla divinità, ma nello stesso tempo manifestazione di Dio secondo gradi diversi. L’ottava, la Hod, si ricollega perfettamente anche all’origine ed ai meriti della nostra Loggia nella Comunione Italiana. Così rinvigorita, la Pisacane di Ponza Hod ha ripreso un cammino ininterrotto denso di lavori estremamente interessanti ed appassionanti che hanno impegnato i suoi membri in parecchie sedute consecutive molto affollate e frequentate anche da graditissimi Fratelli visitatori italiani e stranieri. Ricordiamo, tra le altre, la Tavola, densa di approfondimenti esoterici, su "Progresso tecnico e scienza morale", (che già quasi mezzo secolo fa prevedeva i guasti che il cosiddetto progresso avrebbe prodotto nella società civile e nei valori morali); quelle sulla morte, sulla tolleranza, sulla felicità, ma anche le documentate ricerche sulla storia della Massoneria europea, italiana e romana e l’attiva partecipazione della nostra Loggia con i suoi uomini più prestigiosi alla vita e alle vicende della Famiglia massonica dove ha sempre portato un contributo di costruttiva saggezza anche nei momenti più difficili. Attualmente la Pisacane di Ponza Hod, grazie anche all’affiliazione di vari Fratelli provenienti da altre Logge, è una delle più attive Officine della Valle del Tevere e si proietta anche nella dimensione europea. Nel 1989 ha reso visita alla R\L\ Mozart di Vienna, "Totenkopf und Phoenix" di Berlino e "Fidelitas" di Barcellona, con le quali ha celebrato con una suggestiva cerimonia sulla spiaggia dell’isola di Ponza la fausta ricorrenza del 60° anniversario della propria fondazione e si avvia nel 2001 a festeggiare il 70°, questa volta con la partecipazione di molti Fratelli di altre Officine gemellate italiane e straniere quali le Rispettabili Logge "SVETLINA n.2 " all’Oriente di Sofia all’Obbedienza della Gran Loggia di Bulgaria, " SAVORGNAN D’OSOPPO n.587 " all’Oriente di Pinerolo, " GALILEO GALILEI n. 664 ".all’Oriente di Firenze ed " ALETHEIA n. 1156 " all’Oriente di Napoli. Già in occasione del gemellaggio con la Loggia "Svetlina n.2" di Sofia la "Pisacane di Ponza Hod n.160" ha vissuto un giorno radioso perché ha visto riuniti nel Tempio della Gran Loggia di Bulgaria, accanto agli eredi di un manipolo di Patrioti, di Martiri, di Massoni autentici e convinti della universalità e dell’indistruttibilità della nostra Istituzione, altri Fratelli che, ugualmente colpiti da crudele tirannide, oggi fermamente determinati a creare un’Europa di cittadini liberi ed uguali. Essi si sono stretti in quella catena di Amore che ha fuso idealmente le nostre Officine in un’unica Loggia dello spirito nella quale aleggeranno per sempre le parole pronunciate dal Fratello Goethe in punto di morte: "Mehr Licht ! Più luce !", quella luce abbacinante della gloria (HOD) che si irradia ancora a riscaldare dalla solare isola di Ponza i cuori nostri e dei Fratelli delle Logge già con noi gemellate e di quelle che a noi si uniranno in futuro per lavorare, in armonia e nel rispetto della Tradizione, per il bene ed il progresso della Massoneria Universale e A.·.G.·.D.·.G.·.A.·.D.·.U.·. Oriente di Roma, 23 Settembre 2000 Da: www.grandeoriente.it |