"I passi dello Zohar che rivisitano il libro di Giona"

(A cura di Federico Pignatelli)

 

Paragrafo Secondo

 

Zohar II:48a su II:2 del Testo di Giona

 

E Giona inviò dall'intestino del pesce la sua preghiera al Signore il suo Dio

 

Rabbi Yehouda si espresse così: È scritto: E Giona innalzò dall'intestino del pesce la sua preghiera al Signore il suo Dio (Giona II:2). Prima il testo aveva detto: Dio stabilì contemporaneamente (Va-yeman) in cui si trovava là un grande pesce che inghiottì Giona. La parola (Va-yeman) significa servire, così come è scritto: Ed il re ordinò che si servisse loro (va-yeman) ogni giorno. Per cui il testo andrebbe letto: E hwhy servì a Giona un grande pesce, invece di: E hwhystabilì che un grande pesce... In effetti, questo pesce fu utile a Giona, per la ragione che lo protese dagli altri pesci del mare. Appena Giona fu inghiottito dal pesce, visse nel suo intestino nelle profondità del mare. Egli vi si trovò come in un palazzo, i due occhi dell’animale avevano lo splendore del sole, e nel suo intestino si trovava una pietra preziosa la cui luce permise a Giona di vedere tutta l'attività delle profondità del mare. Tuttavia, si è in diritto di argomentare se ciò è giusto; infatti, per quale motivo Giona dice: Ho gridato al Signore nel forte della mia afflizione? Da quale afflizione fu colpito Giona, considerato che si compiaceva del pesce? In verità, non appena il pesce ebbe permesso a Giona di contemplare l'attività del fondo del mare, morì, non potendo mantenere Giona per più di tre giorni. Soltanto dopo la morte del pesce Giona si trovò colpito nell'afflizione. Rabbi Eléazar dice: Dopo essere stato inghiottito dal pesce, Giona si rallegrò, giacché poteva contemplare le numerose cose del mare. Il Santo, baruk ha-shem, non appena vide che Giona si compiaceva, uccise il pesce. Gli altri pesci del mare si riunirono intorno al suo corpo e lo lacerarono, solo allora Giona fece salire la sua preghiera al cielo. Questa è la spiegazione dei motivi per cui il testo indica inizialmente il pesce con dag. Il Libro dice che innalzò la sua preghiera al cielo, dell'intestino del dagah giacché questa parola indica un pesce morto, come è scritto: E dagah che è nel fiume morrà. È anche per questa ragione che Giona esclama: Ho gridato al Signore nel forte della mia afflizione (mitsara), non ha detto betzarah, considerato che la sua afflizione iniziò soltanto dal momento in cui i pesci lacerarono il cadavere di quello che l'aveva inghiottito. Ecco perché Giona dice: Ho gridato delle viscere del sepolcro, sottintendendo, con ciò, il pesce morto. Appena la preghiera fu pronunciata, Dio risuscitò il pesce che vomitò Giona sulla terra alla presenza di, così come è scritto: Ed il Signore comandò al pesce di rendere Giona, ed egli lo gettò sul bordo. Così il mondo contemplò le opere del Santo, baruk ha-shem. Il Libro dice: E Giona inviò la sua preghiera al Signore il suo Dio. La scrittura non si accontenta delle parole al Signore, ma aggiunge ancora il suo Dio, per precisarci che si era rivolto al grado celeste che meglio conveniva. In modo simile, la scrittura dice: Ed il Signore dice a Mosé: Perché gridi verso me? (Esodo XIV:15). Dio voleva dire con questo: Perché ti rivolgi a me, invece di rivolgerti al grado celeste che la circostanza esige? E Dio aggiunse: Di ai bambini di Israele che camminino. Come potevano camminare, se si trovavano in riva al mare? Con le parole che camminino, Dio voleva dire che conveniva agli israeliti rivolgersi nell'occorrenza al grado celeste che corrispondeva alla loro situazione

 

Zohar II:193a, su II:2 del testo di Giona

 

Ed Aronne proclamò, e disse: Domani sarà festa a hwhy. La parola, Proclamò indica il Rigore, come lo vediamo in Giona.

 

Zohar II:198b a 199b su II:11 del testo di Giona.

 

E hwhy comandò al pesce; e questo gettò Giona sulla terraferma

 

Rabbi Abba fece la sua introduzione: E hwhy comandò al pesce; e questo gettò Giona sulla terraferma (Giona II:11). Quando comandò? al quinto giorno della creazione del mondo, giorno in cui i pesci furono creati, Dio comandò che in un giorno preciso sarebbe stato un pesce ad inghiottire Giona e lo avrebbe trattenuto tre giorni e tre notti, per poi rigettarlo. Questo è valevole non soltanto per Giona, ma per tutti gli avvenimenti presenti che furono previsti da Dio al momento della creazione. Il primo giorno della creazione quando furono creati i cieli, Dio previde con il cielo di lasciare salire Elia in un turbine. Ugualmente per la luce, creata il primo giorno, che questa si sarebbe interrotta per tre giorni in Egitto, per fare regnare le tenebre. Al secondo giorno, per le acque che, un giorno, si sarebbero divise in favore di Israele. Il terzo giorno in cui la terra emerse delle acque, previde che si sarebbero aperte per inghiottire Coré ed i suoi seguaci. Al quarto giorno, quando furono creati il sole e la luna, che questi si sarebbe fermato nel mezzo del cielo al tempo di Giosuè, così come è scritto: Ed il sole si fermò nel mezzo del cielo (Giosuè X:13). Al quinto giorno, quando furono creati i pesci e gli uccelli, previde che i corvi avrebbero portato del cibo a Elia durante la carestia e che un pesce avrebbe inghiottito Giona. Il sesto giorno, Dio creò l'uomo e previde che una donna dei suoi discendenti avrebbe nutrito Elia, come è detto: Ho ordinato ad una donna vedova di nutrirti (1Re 17). Così tutto ciò che succede in questo mondo è già stato previsto da Dio al momento della creazione. Il racconto di Giona è un'allegoria dell’evoluzione dell'anima quando scende in un corpo. Perché l'anima rappresenterebbe Giona? Perché, quando l'anima si rende partecipe al corpo, subisce un pregiudizio. Giona , come è scritto: Non portate pregiudizio (thonou) al vostro prossimo (Levitico 25). Quando Giona si imbarca: è l'anima che si imbarca quaggiù per attraversare l'oceano della vita. La barca rischia di spezzarsi contro le onde della mare. Quando l'uomo commette dei peccati, somiglia a Giona che supponeva di potersi sottrarre al suo Maestro. É allora che Dio scatena una grande tempesta, perché l'angelo del rigore chiede il castigo del colpevole. L'uomo cade allora in un stato di languore, o cade malato. Giona scese in fondo alla barca e dormì di un profondo sonno. Nonostante le prove, l'uomo non intende riprendersi. Allora il nocchiero si avvicina e dice: Come puoi dormire? Alzati ed invoca il tuo Dio. Il nocchiero, è lo spirito del bene che guida la barca, dice all'uomo: Non addormentarti, ravvediti e convertiti. Fa' il bilancio degli atti della tua vita, ricordati che è da un seme che fosti formato, e non dimenticare che tornerai alla terra di dove sei venuto, e considera anche se, tra i tuoi parenti, ci sono dei Tsaddîqîm (Giusti) di cui potresti fare valere il merito. Quando l'uomo subisce il giudizio nel mondo dell'alto, molti accusatori si presentano in tribunale, ma anche dei difensori. Se l'uomo è condannato, l'anima è gettata al mare, vale a dire si separa dal corpo. É allora che la barca ritrova la calma ed il riposo nel sepolcro. Arrivano allora tre messaggeri celesti. Il primo è scritto con le buone e le cattive azioni compiute in questo mondo, il secondo con il numero dei giorni vissuti, ed il terzo è quello che si teneva accanto all'uomo quando questo era ancora nel grembo di sua madre. Quando si porta il defunto al sepolcro, questi tre messaggeri celesti gridano (se l'uomo ne è degno): Rendete gli onori all'immagine del Re! Ma, se è colpevole, i messaggeri gridano: Sventura a questo! Sarebbe stato meglio per lui non essere mai nato! Il pesce che inghiotte Giona è l'immagine del sepolcro, l'intestino del pesce è l'immagine dello Schéol. Dopo tre giorni, le viscere dell'uomo si aprono, e gli escrementi che contengono si spargono sulla faccia del morto. Le viscere dicono all'uomo: Riprendi ciò che ci hai dato. Hai mangiato e bevuto, e non hai mai niente dato ai poveri, i tuoi pasti erano dei festini, mentre i poveri soffrivano la fame. È a questo castigo del corpo nella tomba che fanno allusione le parole della scrittura: Getterò sui vostri visi le immondizie delle vostre feste (Malachia II:3). Dal terzo giorno dalla morte, fino al trentesimo le altre membra del corpo, come gli occhi, le braccia, i piedi ricevono i loro castighi. Durante questi trenta giorni, lo spirito (Néphesh) è giudicato insieme al corpo, ecco perché, durante questi trenta giorni, resta in basso e non risale in alto, proprio come una donna quando resta accanto al proprio marito durante il periodo della sua impurità. Poi, lo spirito si alza, ed il corpo si corrompe nella terra e vi resta fino al giorno in cui Dio lo risusciterà dai morti. Il giorno della risurrezione, una voce celeste echeggerà sui sepolcri e dirà: Svegliatevi dal vostro sonno, voi che riposate sotto la terra, e innalzate lodi perché la rugiada che cade su voi è una rugiada di luce, e la terra rigetterà i giganti (Isaia XXVI:19). Tutto ciò accadrà quando l'angelo sterminatore sarà sparito da questo mondo. La scrittura dice che il pesce rigettò Giona sulla terraferma. È un'allusione alla risurrezione: Appena la voce menzionata echeggerà, tutti i sepolcri rigetteranno i morti. Che cosa significa gigante? Il parola rephaïm significa i guariti, perché è nel sepolcro che i morti acquistano la guarigione, grazie alle pene che si fa loro subire. Il racconto del pesce di Giona consegna certezze a tutti, perché se il pesce, dopo avere custodito Giona tre giorni e tre notti l'ha rigettato, a maggior ragione la terra rigetterà i morti.

 

Zohar III:122a [Raayah Méh'émnah]

 

A proposito del ritorno della Hé

 

Qui abbiamo il comandamento di Téshouvah (pentirsi, ritorno) che ci viene dalla Sephirâ chiamata Binâ. Dal giorno in cui il Tempio fu distrutto a causa dei nostri peccati, non ci resta altro da fare che confessare i nostri peccati, atto che corrisponde al Sepirah Malcouth. Che cosa significa Binâ? Binâ è l'anagramma di ben iah, parola che vuole dire figlio dello Yud e della Hé , vale a dire vav. Téshouvah riporta la Hé alla vav ed il Nome di Dio si trova, così, completo. Ecco perché Téshouvah significa il ritorno della Hé, simbolo del pentimento. Quando l'uomo commette un peccato, causa l'allontanamento della Hé e la sua separazione dalla vav. Ecco il motivo per cui il Tempio è stato distrutto ed Israele esiliato. Chi fa penitenza e riporta la Hé è dunque la causa della liberazione di Israele; ecco spiegate le parole degli Anziani: tutto dipende dalla penitenza per cui il momento della liberazione non può essere indicato in anticipo. Occorre che il Nome consacrato sia completo, che la Hè sia riportata al suo posto; così come è scritto: Ed io lo farò per il mio nome. Ed altrove: Lo farò per me. Se Israele non fa penitenza, Dio dice: Vado a sollevargli dei re i cui i decreti saranno più terribili di quelli del Faraone, ed egli si convertirà per forza. Ecco perché la Scrittura dice: E tu ritornerai infine a hwhy, il tuo Dio (Deuteronomio IV:30). Téshouvah è chiamata la vita da dove emanano le anime dell'Israele. È il soffio simboleggiato dalla Hé di behibaram (Genesi II:4), così come dice la scrittura: Ma l'uomo vive di ogni parola che esce della bocca di Dio (Deuteronomio VIII:3). Ed altrove: Vede l'immagine del Signore. Ed ancora: L'uomo passa con un'immagine (Salmi XXXIX:7).

 


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