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Accostiamoci ora successivamente a trenta concetti d'Idee, dapprima in modo semplice; in un secondo momento con le intenzioni delle ombre da concepire in modo complesso.
Primo Concetto Dio (dice Plotino) ha creato sul viso occhi luciferi e ha aggiunto strumenti agli altri sensi affinché con ciò e fossero conservati naturalmente e anche contraessero qualcosa con la luce a essi congiunta. Invero con queste parole manifesta che c'è qualcosa di precipuo che si estende a essi dal mondo intelligibile.
Secondo Concetto Non è lecito pensare che questo mondo abbia più signori e di conseguenza abbia più ordini tranne uno solo. E, conseguentemente, se uno solo è l'essere ordinato, le sue parti sono unite e subordinate alcune ad alcune parti, altre ad altre, sicché le parti superiori si collocano subito dopo l'essere più vero, espandendosi in una mole estesa e in molteplice numero verso la materia; di qui l'accesso dall'ente che è massimamente per sé a quello che ha il minimo di entità e che non a caso è detto quasi nulla. Chi concepirà con la mente quest'ordine con i suoi gradi, contrarrà una somiglianza del grande mondo diversa da quella che ha in se stesso secondo natura. Donde, quasi agendo per natura, trascorrerà senza difficoltà le universe cose.
Terzo Concetto Poiché non c'è ricerca e argomentazione a proposito di quelle cose che accadono sempre, se sarà noto che qualche cosa fa sempre la stessa cosa, si distoglierà da essa ogni attività argomentativa e ogni ragionamento, come nel caso di una forma che manifesti se stessa quasi naturalmente o che porti a effetto le sue opere liberando e diffondendo ciò che è proprio della sua natura. A questo modo di operare si avvicina di più in somiglianza quella cosa che fa la stessa cosa quanto più e più frequentemente possibile. Infatti accadrà che essa proceda all'atto perfetto e eccellente con un minimo di pensiero e di decisione. Chi, perciò, consistendo nel luogo e nel tempo, libererà le ragioni delle idee dal luogo e dal tempo, si conformerà agli enti divini nelle sue opere sia che esse riguardino l'intelletto sia le volontà. Ciò faceva forse colui che disse: "Consistendo in carne, viviamo non secondo la carne" (Paolo, Lettera ai Romani, Ottavo, 12).
Quarto Concetto Se ciò è possibile e vero, è lecito apprendere che l'anima intellettiva non è veramente insita, fissa e insistente nel corpo, ma in verità come assistente e governante del corpo, tanto che può vantare una specie perfetta, separatamente dal corpo. Alla quale opinione (senza controversia) aderisce massimamente quel Teologo che, intitolandola con un nome più preciso, la chiamò "uomo interiore". Che, se in base all'affermazione di questo tu ricercassi operazioni possibili alla stessa anima senza corpo, ecco che essa si unisce alle idee, non determinate da luogo certo e da tempo, ogniqualvolta l'uomo libero nella mente o nell'animo abbandona la materia e il tempo.
Quinto Concetto L'anima ha una sostanza che si comporta verso gli intelletti superiori, come il corpo diafano verso le luci (come anche i più importanti Platonici hanno compreso), poiché, secondo la sua diafanezza e trasparenza, accoglie una certa luminosità come innata. Questa è sempre in atto, quando è spogliata del corpo, come se abitasse la regione della luce. Ma quando permane nel corpo, come un cristallo la cui diafanezza è limitata dall'opacità, ha visioni sensibili vaghe che si avvicinano e si allontanano attraverso una convergenza e divergenza secondo le differenze dei tempi e dei luoghi.
Sesto Concetto Le forme delle cose sono nelle idee, sono in un certo modo in se stesse, sono in cielo, sono nel cerchio del cielo, sono nelle cause prossime seminali, sono nelle cause prossime efficienti, sono individualmente nell'effetto, sono nella luce, sono nel senso esterno e sono in quello interno, secondo il loro modo.
Settimo Concetto Perciò la materia non è riempita dalla ricezione delle forme (come essa indica attraverso un'eterna ricerca di nuove forme), poiché né accoglie quelle vere né veramente riceve quel che sembra ricevere. Infatti le cose che sono veramente non sono di per sé sensibili e individuali, come pensa chi le chiama anzitutto, principalmente e massimamente sostanze. Infatti le cose che sono veramente permangono sempre; quelle che, invece, sono soggette alla generazione e alla corruzione, si dice che non sono veramente. Il che non solo si accorda con un corretto filosofare, ma anche con il fatto che alcuni dei Teologi, come sentiamo, chiamano vanità l'uomo esteriore, soggetto com'è alla condizione naturale. E altri invero sostengono che sono affette da un universale carattere di vanità tutte le cose che accadono sotto il sole, cioè che abitano la regione della materia. Perciò alle idee, alle idee l'anima chieda la fissione delle concezioni, se ben ragiona.
Ottavo Concetto Plotino, quando tratta della proprietà della moltitudine delle idee, chiama idea il primo uomo, anima il secondo, ma il terzo quasi ormai non più uomo. Il secondo dipende dal primo, il terzo dal secondo, mentre per mezzo di un ordinamento, una contrazione e una composizione si dispone all'esistenza fisica. Perciò, secondo il concetto metafisico, il terzo salga al secondo, il secondo al primo.
Nono Concetto L'identico, il permanente e l'eterno coincidono. Infatti, l'identico, poiché identico, permane ed è eterno. L'eterno, in quanto eterno, permane ed è identico. Il permanente, in quanto permanente, è identico e eterno. Perciò bisogna che tu ti appoggi proprio all'identico o a ciò che ha una condizione d'identità, perché tu l'abbia in modo permanente e perseverante. Se capirai ciò, avrai un principio con cui tu possa operare una fissione delle specie nell'anima.
Decimo Concetto Questo pensiero è ben degno di ricevere l'attenzione della mente. L'intelletto primo, Amfitrite della luce, così effonde la sua luce dall'interno all'esterno e l'attira dalle estremità che qualsivoglia cosa possa da esso, secondo la capacità, trarre tutte le cose e qualsivoglia cosa, secondo la facoltà, possa volgere a esso per la via della luce stessa. Ciò è forse quel che un tale intese dicendo: "Attinge dalla fine sino alla fine" e un altro dicendo: "Non c'è chi si separi dal calore di esso". Qui io intendo la luce come intelligibilità delle cose che sono da esso e tendono a esso, e ciò che accompagna l'intelligibilità. Queste cose, quando sgorgano quale da una e quale da un'altra, diverse da diverse, si moltiplicano all'infinito, tanto che le può determinare solo chi conta il numero delle stelle; quando invece rifluiscono, si uniscono fin proprio a quell'unità che è fonte di tutte le unità.
Undicesimo Concetto L'Intelletto primo con la sua fecondità a suo modo propaga idee non nuove, né in modo nuovo. La natura produce nuove cose nel numero, ma tuttavia senza novità (nel suo modo), se opera sempre allo stesso modo. La ragione forma specie nuove e in modo nuovo all'infinito: componendo, dividendo, astraendo, contraendo, aggiungendo, sottraendo, mettendo e togliendo ordine.
Dodicesimo Concetto Le forme degli animali deformi divengono belle in cielo, le forme dei metalli che non risplendono in se stesse risplendono nei loro pianeti. Infatti né l'uomo né gli animali né i metalli là esistono come sono qui. Ciò che qui corre di qua e di là, lì si trova in atto, in un livello superiore. Infatti le virtù, che si moltiplicano andando verso la materia, si uniscono e si coimplicano andando verso l'atto primo. Donde è chiaro ciò che dicono i Platonici, cioè che una qualsivoglia idea anche delle cose che non vivono è vita e, per così dire, intelligenza; egualmente anche nella mente prima una sola è l'idea di tutte le cose. Pertanto illuminando, vivificando e unendo, c'è motivo per cui, conformandoti agli agenti superiori, tu giunga alla conoscenza e al ricordo delle specie.
Tredicesimo Concetto La luce, la vita, l'intelligenza e l'unità prima contengono tutte le specie, le perfezioni, le verità, i numeri e gradini delle cose, mentre quelle cose che nella natura sono differenti, contrarie e diverse, risultano in essa identiche, concordanti e una sola cosa. Perciò tenta se puoi con le tue forze d'identificare, conciliare e unire le specie recepite; così non affaticherai l'ingegno, non turberai la mente e non confonderai la memoria.
Quattordicesimo Concetto Quando perverrai alla ragione conforme al cielo corporeo che contiene le forme degli esseri animali inferiori anche spregevoli, in un modo non spregevole, non poggiarvi il piede, ma cerca di giungere alla conformità del cielo intellettivo, che possiede le forme di tutto il mondo in un modo superiore a quello celeste.
Quindicesimo Concetto Certamente allora ti accorgerai di fare veramente un tale progresso e lo sperimenterai accostandoti da una pluralità confusa a un'unità distinta. Ciò infatti non equivale ad accumulare gli universali logici che dalle infime specie distinte traggono le medie specie confuse e da queste le supreme più confuse ancora, ma equivale quasi a prepararsi, partendo da parti informi e numerose, un uno e un tutto ben formato. Come la mano congiunta al braccio e il piede alla gamba e l'occhio alla fronte, quando sono collegati, diventano più facilmente conoscibili di quando sono posti separatamente, così, dato che nessuna delle parti dell'universo e delle specie è posta in disparte e sottratta all'ordine (che semplicissimo, perfettissimo e senza numero è nella mente prima), se noi le concepiamo connettendo le une alle altre e unendole secondo un processo logico, qual è la ragione per cui non possiamo capire, ricordare e agire?
Sedicesimo Concetto Una sola cosa è quella che definisce tutte le cose, uno solo è lo splendore della bellezza in tutte le cose, un solo fulgore luccica dalla moltitudine delle specie. Se tu congetturi ciò, tra i tuoi occhi e le cose visibili in modo universale interporrai un tale oculare che non c'è niente che possa assolutamente sfuggirti.
Diciassettesimo Concetto Cadiamo nell'errore e nell'oblio, poiché presso di noi vige la composizione della forma con l'informe. In quanto formazione di un mondo corporeo, questa è una forma inferiore, poiché è composta dalla deforme traccia del mondo stesso. Perciò ascendi là dove le specie sono pure, dove niente è informe e dove ogni essere formato è la forma stessa.
Diciottesimo Concetto Plotino, principe dei Platonici, annotò: "Finché qualcuno si occupa d'indagare intorno alla figura, manifesta solo agli occhi, non è preso ancora da amore; ma appena l'animo, allontanandosi da essa, concepisce in se stesso la figura indivisibile e ultravisibile, subito sorge l'amore". Il giudizio intorno agli oggetti intelligibili è simile a quello che è intorno agli appetibili. Perciò, partendo da questo, investiga e contempla come le specie possono essere concepite più in fretta, più vivacemente e più tenacemente.
Diciannovesimo Concetto Plotino comprese che è fatta di sette gradini (cui ne aggiungiamo due) la scala per la quale si ascende al principio. Il primo gradino è la purificazione dell'animo, il secondo l'attenzione, il terzo l'intenzione, il quarto la contemplazione dell'ordine, il quinto il confronto proporzionale secondo l'ordine, il sesto la negazione o separazione, il settimo il desiderio, l'ottavo la trasformazione di sé nella cosa, il nono la trasformazione della cosa in se stesso. Così si aprirà la via, l'accesso e l'ingresso dalle ombre alle idee.
Ventesimo Concetto Tutto ciò che è dopo l'uno è inevitabilmente molteplice e numeroso. Perciò, tranne l'uno e primo, tutte le cose sono numero. Donde sotto l'infimo gradino della scala della natura c'è il numero infinito o materia; invece nel sommo gradino c'è l'infinita unità e atto puro. Pertanto, la discesa, la dispersione e l'espansione avvengono verso la materia; l'ascesa, l'aggregazione e la delimitazione avvengono verso l'atto.
Ventunesimo Concetto Attraverso i numeri (dicono alcuni) gli enti si rapportano a ciò che veramente è, o vero ente, come la materia attraverso l'abbozzo delle forme si rapporta alle forme.
Ventiduesimo Concetto Considera la forma quadruplice. Di esse la prima è quella dalla quale tocca alla cosa stessa di essere formata, proprio in quanto produce l'atto: e questa chiamiamo non propriamente idea, o forma della produzione delle cose; la seconda è quella dalla quale è formata la cosa stessa come da una parte: e a questa non si addice essere detta somiglianza di quella di cui è parte; la terza è quella che, come una qualità inerente, delimita e raffigura qualcosa: essa non può accogliere la proprietà dell'idea poiché non si separa da ciò di cui è forma. Ce n'è una quarta secondo la quale si forma qualcosa e che è imitata da qualcosa: e questa, secondo l'uso del parlare, suole avere il nome d'idea. E questa è chiamata in quattro modi: nelle cose artificiali stesse, prima della realizzazione delle cose artefatte; nelle intenzioni prime, prima delle seconde; nei principi della natura, prima delle cose naturali; nella mente divina, prima della natura e di tutte le universe cose. Nelle prime l'idea è detta tecnica, nelle seconde logica, nei terzi fisica, nella quarta metafisica.
Ventitreesimo Concetto Alcune forme imitano come per natura, come l'immagine nello specchio imita la forma di una cosa riflessa; alcune per istituzione, come una figura impressa imita il sigillo; e ancora alcune imitano come di per sé, come una pittura che rappresenta qualcuno secondo l'intenzione del pittore; alcune in un modo intermedio fra l'imitazione per accidente e quella di per sé, come se fosse fatta una pittura per presentare quello che può presentare. Ma alcune imitano come capita, a caso: come quando accade che un'immagine dipinta imita qualcuno in modo preterintenzionale. Alcune poi imitano né per sé né per caso, le quali inoltre non si riferiscono né possono essere riferite a imitare nessuno, se è possibile che tali siano le forme. Nelle prime c'è una maggiore proprietà ideale, nelle seconde minore, nelle terze minima, nelle quarte non ce n'è assolutamente.
Ventiquattresimo Concetto Ciò che agisce secondo natura o a caso e non secondo una deliberazione della volontà, non presuppone le idee. Se tale fosse il primo efficiente, non ci sarebbero le idee e nessun agente opererebbe secondo una volontà. Del resto, valgano Democrito, Empedocle e Epicuro. Se ritieni impossibile che la ragione dell'agente venga separata da chicchessia, allora ricercherai minuziosamente proprio ciò che è più inaccessibile a tutti così che, se non ti si renderanno tutte le cose possibili, moltissime almeno lo diventeranno.
Venticinquesimo Concetto Uno dei nostri compatrioti disse: "La forma esemplare possiede la ragione del fine e da essa l'agente riceve la forma con cui compie ciò che sia fuori di lui". Non è invece conveniente credere che Dio agisca per un fine diverso da sé e riceva da un'altra parte ciò con cui sia sufficiente ad agire: per questa ragione non ha idee fuori di sé. Invece noi, poiché abbiamo in noi soltanto le loro ombre, bisogna che le indaghiamo fuori e sopra di noi.
Ventiseiesimo Concetto Attraverso l'immagine, che è nell'intelletto, si apprende qualcosa meglio che non attraverso l'immagine che è nel soggetto fisico, poiché essa è più immateriale. Similmente si conosce qualcosa attraverso l'immagine della cosa, che è nella mente divina, meglio di quanto si possa conoscere attraverso la sua stessa essenza. Due cose si richiedono per l'immagine che è mezzo di conoscenza: la rappresentazione della cosa conosciuta, la quale si unisce, secondo la vicinanza, al conoscibile, e l'essere spirituale e immateriale, come ha da essere nel conoscente.
Ventisettesimo Concetto Come le idee sono forme principali delle cose secondo le quali è formato tutto ciò che nasce e muore; e non solo hanno riferimento a ciò che si genera e si corrompe, ma anche a ciò che può essere generato e morire: così allora è vero che noi ci siamo formate in noi le ombre delle idee, dato che esse ammettono una tale facoltà e plasmabilità da essere adattabili a tutte le formazioni possibili. É con una certa somiglianza che abbiamo formato quelle che consistono nella rivoluzione delle ruote. Se puoi tentare un'altra via, tentala.
Ventottesimo Concetto Platone non stabilì le idee degli accidenti proprio perché comprendeva che esse sono le cause prossime delle cose; donde, se qualche cosa, eccetto l'idea, fosse la causa prossima della cosa, non voleva considerarla idea, e perciò sostenne che non c'è idea comune in quelle cose che sono dette per ciò che è prima e dopo, ma che il primo fosse idea del secondo. Donde il filosofo Clemente affermava che le cose superiori negli enti sono idee delle cose inferiori. Sostengono che ci sono le idee degli accidenti i teologi, i quali intendono che Dio è causa immediata di ciascuna cosa, per quanto non escludano secondi Dei e cause. Perciò anche noi in proposito affermiamo che ci sono le idee di tutte le cose poiché risaliamo a esse medesime da ogni cosa concepibile. Di tutte le cose, infatti, formiamo ombre ideali. Né per questo distruggiamo la dottrina platonica, come è chiaro per chi capisce.
Ventinovesimo Concetto Platone non stabilì idee delle singole cose, ma solamente delle specie, sia perché le idee riguardano soltanto la produzione delle forme, non della materia, sia anche perché principalmente le forme sono intese per natura, non invece i generi e gli individui. I teologi pongono le idee delle singole cose, poiché asseriscono che Dio è causa totale e per quanto attiene alla materia e per quanto attiene alla forma. Anche noi in proposito ammettiamo le idee delle singole cose, poiché poniamo come principio la conoscenza razionale di ciò che è "ideato" secondo la somiglianza universale di ciò che è figurato e compreso, sia che essa sia 'ante rem' sia in 'rem, sia 'res' sia 'post rem', così pure e nella sensazione e nell'intelletto, e questo sia pratico sia speculativo.
Trentesimo Concetto Certuni collocano la nascita delle idee meno comuni nelle idee più comuni e infine uniscono i generi di tutte le idee proprio nell'ente primo che chiamano sommo intelligibile. Tu ricordati di collocare le ombre delle idee meno comuni in quelle più comuni e i soggetti esterni di esse meno comuni in quelli più comuni.
INTORNO ALLA COMPLESSIONE CHE SI VERIFICA PER L'INCONTRO DELLA PRIMA RUOTA CON LA SECONDA
Occorrerà perciò che chi vuole conquistare da sé l'arte generale per l'attitudine dell'intelletto, della volontà e della memoria (per quanto noi al presente la limitiamo alle percezioni della memoria), per prima cosa conosca i princìpi elementari con i loro significati, per seconda i princìpi secondari, per terza tragga i princìpi secondari per mezzo dei primari. I primi due, che sono ottimamente accessibili a quelli versati nelle dottrine peripatetiche e platoniche, li abbiamo forniti noi. La terza cosa l'affidiamo alla diligenza di quello stesso che vuole apprenderla. É ora di affrontare l'applicazione pratica e la concentrazione dell'intenzione universale per raggiungere l'arte della memoria. FINE |
▪ Preambolo e Dedica ▪ A Merlino ▪ Preliminare Dialogo Apologetico ▪ ▪ Trenta Intenzioni ▪ Trenta Concetti ▪ Musica: "Vinum bono et soave" (Carmina Burana secolo XIII) |