Perché una commemorazione dei
defunti? Perché in questa data?
Quale può essere il suo
significato, in termini
operativi?
Commemoriamo Coloro che non sono
più in queste valli non solo per
la necessità che abbiamo di
evocare le opere Loro ad
insegnamento e stimolo nostro,
ma per ricercare nella Loro
storia, ch'è la nostra, i motivi
eterni del divenire universale,
per ricercare nel bene e nel
male, nell'Uomo e nel Divino,
che in esso si manifesta,
l'essenza medesima dell'essere
nostro.
Sarebbe sterile una elencazione
di vicende, una rassegna di
volti, pur illustri, se dal
passato non traessimo
indicazioni utili alla ricerca
della verità.
Proprio quando, come in
quest'epoca, i valori paiono
trasformati, sconvolti e
sovvertiti, dobbiamo ricercarli
nella storia dell'Umanità, per
riaffermarli, quali validi e
necessari per il futuro. Il che
non osta, ma promuove il
progresso, che è esso stesso un
elemento costante, un valore
eterno della storia.
Dal sorgere della civiltà alla
liberazione degli schiavi,
dall'illuminismo al
risorgimento, da questo alla
resistenza e sino a noi, abbiamo
avuto esempi fulgidi di
sacrifici, di abnegazione, di
eroismi, di glorie, storie di
passioni e di lotte, di
tolleranze e di incomprensioni,
ma da tutto ciò non trarremmo
giovamento se non cogliessimo
l'essenziale spirito che animò
quegli uomini, quelle vicende,
quelle epoche.
Ebbene, se prescindendo da
analisi particolari, ricerchiamo
la sintesi del passato, la
ritroviamo nella eterna guerra
tra libertà ed oppressione.
In quella battaglia, la libertà,
pur diversamente rivendicata
sotto diverse bandiere, ha avuto
un solo sostegno, lo spirito
dell'Uomo, che in essa ritrova
la propria unità, in essa
ritrova la causa e lo scopo
della propria esistenza.
Non avrebbe senso occuparsi di
problemi sociali, giuridici,
politici, religiosi, se non
avessimo la convinzione intima
(e che sentiamo comune a tutti
gli uomini) di operare per una
religione universale, che ispira
fede e dà forza ai deboli,
sostiene a resistere ed a
proseguire tra le difficoltà, le
remore, le delusioni.
Ma perché, se quello spirito è
comune a tutti, esistono ancora
gli oppressori, perché le
guerre, perché i periodi bui,
perché gli scompigli, perché i
periodi di decadenza?
Perché molti fanno della libertà
licenza ed arbitrio, soltanto
perché credono di poter
impunemente vivere la propria,
singola libertà senza la
tolleranza.
Essa non è una regola giuridica,
ma un principio morale.
Le persecuzioni e gli arbitri
costituiscono male anche per i
persecutori, perché creano
attorno a loro l'ipocrisia e
l'inganno.
Non è però sufficiente enunciare
il principio per cui «occorre
che tutti lavorino e si
rispettino per determinare il
bene generale», occorre con il
proprio lavoro, con la propria
azione, con la propria parola
operare perché il rispetto e la
tolleranza divengano esigenze
degli individui e dei popoli.
Questa è certamente opera della
Massoneria, che al di là delle
razze, delle lingue, delle
religioni, dei dogmi, richiama
gli uomini al loro principio
comune, che pur è divino (senza
essere dogmatico), perché
trascende i singoli, perché
capace di stringere in un
affiato fraterno, in un
messaggio eterno, esseri che
sarebbero altrimenti
spaventosamente soli di fronte
all'infinito, di fronte ad una
verità assoluta che sfugge alla
intelligenza dell'Uomo, ma di
cui esso coglie i riflessi
quanto più riesce a liberarsi
dalle proprie ed apparenti
singole verità per affermare
quelle che ritrova comuni in
tutti gli uomini.
Basterebbe ciò per sentirci
vicini a tutti Coloro che sono
passati da queste alle Valli
Celesti: Essi, in quanto abbiano
colto, anche per un attimo, la
verità che noi ricerchiamo, sono
ancora iniziaticamente con noi
nella catena d'unione, con la
quale ci sosteniamo l'un altro
nell'affanno di una ricerca.
Ricerchiamo i mezzi idonei per
modificare le società in cui
viviamo, sino a renderle
omogenee, nella libertà, nella
tolleranza, nella giustizia,
sino a creare una sola, grande
società umana, in cui le lingue
potranno anche essere distinte,
ma unici i contenuti, unico
l'impegno per un lavoro di tutti
a fini comuni.
Ecco perché mai vi fu Massoneria
di un sol uomo; non può
esistere, poiché quando si
limitano i confini del nostro
impegno sociale, in quel momento
si rinuncia non tanto al nome,
quanto alla qualifica di
Massone.
E la catena d'unione delle
nostre celebrazioni dei defunti
per un attimo si interrompe non
perché Essi non partecipino più
del nostro impegno, ma solo
perché a quell'impegno
partecipano in modo diverso,
trasferendo in noi, con un
diverso linguaggio, ch'è quello
della storia, l'impulso del
dovere verso i consociati.
Ed ecco il «DOVERE», di cui fu
apostolo Colui che il 10 marzo
1872 passò all'Oriente Eterno.
Ecco perché il 10 marzo è il
giorno in cui ricordiamo i
nostri defunti: non per
l'omaggio ad un uomo, uguale ad
ogni altro, dal più umile al più
sapiente, dal più buono al più
malvagio, in ordine alla
responsabilità di ciascuno verso
la Società, bensì perché nei
doveri verso noi stessi, la
Patria e l'Umanità, riconosciamo
gli scopi della esistenza e nel
loro adempimento la più virile e
civile celebrazione di Coloro
che passarono alle Valli Celesti
e che ritroviamo a fianco a noi
nella già spezzata catena
d'unione. |