La commemorazione dei
defunti induce alla
meditazione sul passaggio
all’Oriente eterno.
Ciò che si richiede dalla
Massoneria è un vincolo di
fraternità tra persone che
credono in un fondamento
spirituale dell’universo e
della vita umana e che
s’impongono il
perfezionamento
dell’esistenza attraverso lo
studio e l’interpretazione
dei simboli a noi pervenuti
dall’antichità. Questa sepsi
l’abbiamo in comune con
tutti gli antichi e moderni
esoteristi partendo dalle
antiche fratrie misteriche
fino ai contemporanei sufi
dell’Islam dell’Upanisad
indiana, del Buddismo
Mahaaiana. E ripetiamo
costantemente con essi
quella frase che ha
determinato in India il
successo del Pontefice
Romano: «Conducimi dalle
tenebre alla luce,
dall’irreale al reale, dalla
morte all’immortalità». Tre
gradi della conoscenza
umana: apprendista,
compagno, maestro. Resta o
si sperde lo spirito dopo la
morte? E se resta che cosa
resta? Problema che ha
sempre assillato e assilla
la migliore umanità. Per gli
antichi ed anche soltanto
per la gente del secolo
passato era arduo dare una
risposta, infinitamente più
arduo oggi che quasar,
saichet, galassie, sono
entrate nel linguaggio
comune insieme con la
fissione dell’atomo e la
fusione di spazio tempo in
una quarta dimensione.
Aggiungi il
ridimensionamento del sapere
determinato dalla psicologia
dell’inconscio, dalla
parapsicologia e dalle
matematiche non Euclidee. Al
di sopra però della
incertezza determinata da
questa infornata incalzante
di sapere, e dalla
prostrazione angosciosa
lasciata nei cuori dal
beffardo esistenzialismo,
noi Fratellii esoteristi,
che fissi nella figura di
Ercole non troviamo mai
abbastanza ardua qualsiasi
lotta per la conquista della
luce, cercheremo di dare una
risposta soddisfacente per
ciascun Fratello
indifferentemente dalla di
lui religione, credo
politico, filosofia. Secondo
la scienza l’universo tutto
è costituito da materia
energia la cui intima
struttura almeno dal lato
prettamente fisico comincia
oggi ad essere se non chiara
almeno comprensibile.
Codesto apeiron, logos che
dir si voglia, non è
soggetto alla legge del caos
come credevano gli antichi
materialisti, ma a ben
determinate leggi che
inquadrano l’universo in un
tutto armonico. Queste
leggi, queste armonie,
questi numeri, come direbbe
Pitagora, sono direttamente
percepiti, esaminati,
studiati, catalogati dalla
mente umana, la quale trova
meravigliosa concordanza tra
le forme e le categorie del
proprio pensiero da un lato,
le leggi che governano
l’universo, dall’altro. Ma
vi è di più: le
trasformazioni evolutive
della cosiddetta energia dal
magma al cristallo, trovano
ancora la stessa obbedienza
alla legge dei numeri in un
divenire continuo di superba
armonia e di bellezza. E che
dire della evoluzione della
vita sulla terra, dove già
la microscopica gromia e il
paramecio che popolavano i
mari precambriani e le
successive felci equiseti e
cicadee sottostanno alla
legge della simmetria? E
pure nella specie e negli
individui sempre anche
successivamente la legge
della crescita é sottoposta
alla legge dell’armonia:
basta pensare al graduale
sviluppo di una semplice
conchiglia, nel quale tutte
vengono rispettate le
intricate e difficili leggi
geometriche che governano la
sinusoide. E che dire ancora
della spina dorsale dei
vertebrati che divide in due
parti speculari il corpo
facendo sì che consentaneo e
uguale sia lo sviluppo delle
membra in ciascuna parte?
Che se qualvolta
nell’evoluzione la legge
della simmetria, che
possiamo chiamare senz’altro
«forma» non è stato
rispettato, avviene che il
mostro che ne scaturisce ha
vita breve sulla terra. Cosa
é accaduto degli ultimi
grotteschi sauri, del «morofus»
e dei sirenidi che
popolavano i mari alla fine
del terziario. E aggiungiamo
ancora: recenti studi
confermando quella che era
la felice intuizione del
grande e sfortunato Giordano
Bruno, ci presentano l’atomo
quasi una copia di sistema
solare. Macrocosmo e
microcosmo quindi
determinati dalle stesse
leggi dalla stessa armonia.
Tutto ciò ha scoperto e va
scoprendo la mente umana,
affiancando alle cose di
natura i prodotti
meravigliosi e terribili del
proprio ingegno,
meravigliosi perché le
permettono di avere docili
servi dotati di potenze
materiali ed anche oggi
mnemonico-razionali quasi
infinite.
Terribili perché non sempre
l’uomo costruisce i propri
automi a fine di progresso
generale ma più spesso per
sconfinata volontà di
potenza, sete di distruzione
e di asservimento. Errore
essenziale questo che deriva
dal fatto di considerare la
persona umana alla stregua
degli altri oggetti che
formano la conoscenza
fenomenica e di servirsi del
prossimo come mancipio per
soddisfare qualunque
brutale, disonesto, folle
egoismo. Altra é la legge
che regola l’attività
dell’uomo nei confronti di
sé stesso e dei propri
simili, altro il
determinismo che governa il
mondo delle cose. E qui
sovviene la dottrina che
Kant espone nella «Critica
della ragion pratica»,
asserendo l’autonomia nella
legge morale e il suo crisma
di universalità e di
necessità contro tutti i
sofemi felicitari.
Questo, partendo dalla
imprescindibile libertà del
soggetto pensante e dal
fatto che ogni sua azione
debba essere compiuta nel
rispetto della sua e
dell’altrui libertà. Limiti
questi che si compendiano
nell’imperativo categorico
del dovere: «Agisci secondo
una norma che possa per
opera della tua volontà
diventare legislatrice
universale». Legge giusta ma
così dura e impossibile che
non potrebbe venir seguita
neppure dagli iniziati, se
non fosse che la conseguenza
dialettica di un’altra
superiore norma e
precisamente «Ama perché è
l’amore che ha creato la
società, perché è esso che
la mantiene». Vani infatti
sarebbero la nostra
permanenza costà, ed il
proposito di perfezionamento
nostro, se alla base di
tutto non ci fosse il
concetto di Fratellianza fra
di noi, se non si
comprendesse che è l’amore
quello che fa vivere e fa
prosperare la società che
crea non il progresso, ma la
civiltà. A questo punto
possiamo scrivere la prima
delle nostre tesi che
collegata alle altre ci darà
forse la risposta al primo
nostro interrogativo sulla
vita e sulla morte: «Il
soggetto pensante applicando
a sé stesso e alla propria
azione i principi della
ragione scopre che egli é un
fine e non un mezzo e che
ogni altro soggetto
razionale deve essere tenuto
da lui in questa nobile
considerazione. Ed ancora,
che la legge che governa il
rapporto tra questi fini non
può essere che la Legge
dell’amore, perché essa
soltanto rende possibile la
durissima esplicazione del
dovere».
Tratteggiato così il
soggetto pensante o spirito
individuale che dir si
voglia, vediamo se ad esso
sia possibile attribuire
quella immortalità a
carattere mitico che
audacemente la religione
cristiana gli attribuisce: O
se sia invece esso caduco e
mortale così e come
asserisce Aristotele, per
cui solo l’intelletto attivo
o spirito universale è
eterno. O se meglio, tra
questa tesi e questa
antitesi non vi sia qualche
cosa di diverso che
superando entrambi, giunga a
porre una possibilità di
vita dopo la morte senza
cadere nei paralogismi cui
facilmente si cade quando si
tratta di oggetti della
ragione. Gli Orfici e i
Pitagorici con un linguaggio
indubbiamente esoterico
raccontarono di un passaggio
continuo delle anime dagli
animali inferiori via via
fino all’uomo e dall’uomo
comune fino al filosofo e
all’asceta con un
perfezionamento continuo.
Aggiungiamo però che
contemporaneamente
ammettevano uno slittamento
dalla gerarchia più alta
verso quella più bassa e di
qui una nuova faticosa
ascesa. Cosa intendevano con
questo parabolico ed
esoterico linguaggio? Che
l’anima dell’uomo e il suo
principio vitale possano
essere talmente impregnati
di animalità da non
distinguersi da nessuno dei
bruti anzi, ridiscendendo
tutta la scala della specie,
giungere a un livello
talmente infimo da porsi nel
corpo delle blatte, degli
scorpioni, ed anche peggio.
Di converso, essere l’anima
dell’uomo così permeata di
principi superiori in così
continuo perfezionamento da
avviarsi, come asserisce
Platone, sempre più alla
contemplazione dell’idea
suprema del bene e, come
aggiunge Plotino, all’estasi
e alla visione della
divinità. Spirito quindi si
diventa, non si è. La
religione cristiana che é
nata indubbiamente come
culto esoterico, e che ha
voluto successivamente
trasformarsi in una forma di
iniziazione universale, ha
creato essa stessa però una
catena di spiriti che
partendo dalla morte
dell’individuo discende fino
al Cocito dove si trovano le
anime più perverse;
contemporaneamente sempre
partendo dalla morte risale
una catena di spiriti, che
liberati dal soma della
carne alitano verso
l’Empireo fino alla rosa
mistica dove i Santi e i
Beati contemplano in eterno
la Divinità.
Esaminata così puramente e
semplicemente questa
costruzione tradisce una
alienazione a carattere
mitico di quelli che sono i
valori etici umani. Ma se
noi la esaminiamo cercando
di trovare i concetti al di
là dei veli del mito, non
possiamo non vedere che i
dannati e i beati non sono
delle creazioni della
fantasia mancanti di
qualsiasi fondamento, sono
invece gli uomini, con tutti
i loro difetti e con tutte
le loro virtù.
Uomini che rinnegando la
carne e la cupidigia ed
esercitando il pensiero e la
virtù salgono verso quella
progressiva perfezione che é
il fine dello spirito
stesso, fine riconosciuto
dalle più alte filosofie,
misteriologie e dal
simbolismo esoterista.
Uomini di contro che
rinnegando l’amore facendo
perno sulle passioni
imbestiano sempre di più
attraversando in discesa
tutta la gamma della
perversione, dalla
iperisualità alla bestialità
e peggio da ultimo, all’uso
della facoltà della ragione
per migliore esplicazione
del male. Ma siccome noi
abbiamo sostenuto che alla
base della spiritualità ci
deve essere la sottomissione
dell’io alla legge
«amore-dovere» la cui
trasgressione coimplica
antitesi e distruzione,
codesta sottomissione ripeto
quando non c’é, ne deriva
come corollario che non
esiste lo spirito, perché lo
spirito é soltanto
elevazione non abbrutimento.
Spirito perciò diviene colui
che entrando a far parte
della Massoneria si impegna
di perfezionare se stesso
con la conoscenza dei
simboli, col superiore uso
della livella e del
compasso. E poiché spirito é
attività di perfezionamento,
codesto sforzo deve
continuare per tutta la
vita, perché basta poco per
ridiscendere. La stessa
sosta può essere molto
pericolosa. L’uomo moderno,
che con la sua meravigliosa
attività ha raggiunto la
Luna e conosce tutti gli
elementi che compongono
l’universo, o crede di
conoscerli, che signoreggia
la stessa energia che domina
lo sviluppo dei soli, si
pone al posto di Dio e
riconosce soltanto come
valore assoluto la propria
attività, per la quale la
legge morale non é un
assoluto, ma soltanto una
astrazione del diritto che
gli permette di vivere in
società. Pragmatismo,
materialismo dialettico ecc.
hanno alla base questo
concetto paurosamente
dissolutorio. Non diciamo,
perché sarebbe una
bestemmia, che la mente
umana non debba arricchirsi
sempre di più, e produrre
oggetti sempre più
perfezionati, diciamo
soltanto che se il progresso
nella sua ascesa non é
accompagnato da quella legge
morale di perfezionamento di
cui noi abbiamo parlato, se
per giungere alla
realizzazione del proprio
fine anche scientifico,
tutti i mezzi vanno bene,
allora si giustifica anche
il medico nazista che
inietta - in poveri esseri
umani a lui abbandonati da
una feroce tirannide - i
germi più orribili per
vederne il comportamento: e
il delinquente pazzo che
studiava un raccorciamento
psichico di una determinata
categoria di persone per far
sì di creare «una razza
intermedia fra l’uomo e il
cavallo». A questo punto
possiamo fissare la seconda
tesi: «La conoscenza del
mondo, l’attività dell’uomo
per il dominio
dell’universo, sono
indubbiamente cose
meravigliose e parte dello
spirito, ove però la legge
morale e il perfezionamento
morale non lo accompagnino,
la conoscenza anche nella
sua più alta possibilità
diventa fonte di morte, di
orrore. Non basta perciò
essa da sola, anche
nell’uomo più colto, a
formare lo spirito». Lo
stesso vale per l’arte che
quando abbandona il
principio della armonia, e
la sua caratteristica
riconosciuta fin dai
primordi, di miglioramento
anche attraverso la gioia
che deriva da un rapporto
misterioso intuitivo della
mente e dei sensi col mondo
esterno, essa diventa
annichilimento, perversione.
Si allontana, anziché
entrare come componente
dello spirito. D’altra
parte, di questa attività
meravigliosa della
conoscenza - che per noi non
deve essere disgiunta dalla
moralità - ancora poco
sappiamo. Abbiamo però avuto
recentemente la prova che il
pensiero può tranquillamente
attraversare l’etere come
una onda e giungere ad un
soggetto speciale che lo
recepe. Ne ha fatto la prova
l’astronauta, F. Mitchell,
nella spedizione lunare.
Tratteggiato così lo spirito
individuale, vediamo che
esso non può trovare
collocazione se non
attraverso una comunità:
l’uomo infatti, come la
maggior parte delle speci
più evolute della Terra,
vive in società, vive per la
Società, si é evoluto nella
Società. Anche la
meravigliosa perfezione cui
può giungere un anacoreta,
un mistico, non serve a
niente se essa non viene
comunicata agli altri e può
essere di esempio e di luce
per il presente e per il
futuro. Anche dal lato
conoscitivo lo spirito é un
continuo divenire. Della
storia ideale eterna
dell’umanità fa parte tanto
il levallosiano che
scheggiava egregiamente la
sua selce con un’industria
di superamento rispetto alle
precedenti amigdale, quanto
Einstein, Aisemberg, Fermi
ecc. Del perfezionamento
morale degli uomini, che é
l’altra parte dello spirito
e forse la più importante,
fa parte l’insegnamento di
Pitagora come quello di
Fichte. Il perfezionamento
passato si unisce a quello
intermedio ed a quello
presente creando come un
grande tessuto il cui ordito
serve per insegnare agli
uomini, sempre in ogni tempo
accecati solo dall’egoismo,
quelle che sono le leggi
eterne dell’azione umana. In
questo fiume, come tante
gocce d’acqua, entrano senza
mai perdersi gli spiriti di
tutti coloro che hanno detto
una parola di bontà
all’umanità, che hanno
perfezionato per se e per
gli altri il proprio
spirito.
Ecco Fratelli come noi
Massoni possiamo intendere
l’immortalità. Premesso che
siamo spiriti in quanto non
solo cerchiamo di conoscere,
ma anche di operare secondo
il bene, che come spiriti
entriamo in un contesto
ideale eterno che diviene
ricalcando e allargando gli
stessi principi alla sempre
più vasta complessa realtà
fenomenica, siccome pietra
che cade nell’acqua infinita
creando centri concentrici;
per questo appunto lo
spirito dei nostri cari
defunti non può andare
disperso, ma vive
eternamente nello spirito
universale che trascendendo
i tempi e i luoghi si
affianca alla teoretica e
alla scienza per fare sì che
esse diventano forza di
evoluzione vera e propria e
non, imbastardite con la
malvagità dei mostri
portatori di morte. Vivono i
nostri cari defunti come
vive la cellula nel tessuto,
e poiché questo tessuto ha
il crisma di una immortalità
evolutiva, essi vivono
ancora tra di noi aiutandoci
con la loro esperienza coi
loro sacrifici a combattere
per il nostro
perfezionamento. Per questo,
oggi, essi non come morti,ma
come sempre vivi e presenti
li onoriamo e ringraziamo
per quanto essi hanno fatto.
E possa, a questa umanità
imbarbarita dei nostri tempi
che impregnata del più
piatto materialismo ed
esasperante edonismo,
oscilla continuamente tra la
brama di ineffabili strambi
sofisticati piaceri e
l’ansia di non mai
raggiungere la piena
soddisfazione di essi; possa
giungere diciamo, il
messaggio di questi nostri
cari Fratelli che passando
all’oriente eterno col
sorriso sulle labbra
esortavano: «Fate che sulla
terra regni per sempre
finalmente l’amore e sia
bandito il triste odio
prodromo di ogni male, di
ogni nefandezza, esercitate
la virtù perché solo con
questo esercizio é possibile
la felicità e fate
finalmente che la luce della
verità e della conoscenza
regnino al posto
dell’ignoranza madre benigna
di tutte le sopraffazioni da
parte di malvagi; così che
finalmente cadute le tenebre
di una notte cupa e
primordiale brilli sul volto
di tutti gli uomini la luce
del nuovo, vero, civile
progresso».
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