Il tuo browser non supporta il tag embed per questo motivo non senti alcuna musica
State ascoltando
"Rivalità Vantaggiosa"
La Lyra Massonica
Introduzione
©
Daniele Tonini Università di Bologna
Il documento è tratto da "Hiram" n.2 anno 2006
La Lyre Maçonne ou Recueil de Chansons des Francs-Maçons aspira, fin dalla sua prima edizione, a essere un compendio della Musica dei primi cinquant’anni della cosiddetta Massoneria speculativa. Questa volontà unificatrice e organizzatrice si manifesta nel continuo lievitare del numero di brani collazionati nelle varie edizioni e supplementi che, come è già stato trattato nella prima parte di questo articolo, raggiunsero il cospicuo numero di duecentosessantotto nella ristampa della quarta edizione del 1797(1).
È evidente l’impossibilità in questa sede di offrire una descrizione organica del grande materiale musicale e poetico, così come di affrontare in maniera filologica puntuale il percorso dei canti della Lyre attraverso i precedenti Canzonieri.
Alla seconda edizione della Lyre Maçonne sono apposti tre testi introduttivi: si tratta rispettivamente:
- di una dedica di van Laak ai Fratelli,
- della ristampa della dedica della prima edizione al Grand Maître, carica ricoperta dal 1759 al 1794 dal Barone Carel van den Boetzelar, e a tutti i Fratelli
- e, un Avertissement de l’editeur.
…. I Canzonieri Massonici editi nei secoli XVIII e XIX, danno conto dello sforzo fatto in quel periodo per elevare la qualità delle musiche in uso presso gli ateliers e si pongono come una interessante testimonianza del processo di regolarizzazione, non solo musicale, delle attività della Libera Muratoria nel XVIII secolo.
Prima di inoltrarci in una sintetica analisi di questo materiale è utile ricordare che i Lavori di Loggia, spesso ospitati in case private o in sale riservate presso taverne, club, caffè o in altri luoghi d’incontro, consistevano in riunioni rituali che preludevano a un incontro conviviale le cui portate potevano essere scandite dall’esecuzione di musiche e dalla lettura di testi preparati per l’occasione. Il tutto poteva essere accompagnato dall’intonazione di canti. Le varie raccolte rispettano l’impostazione rituale/conviviale delle riunioni, offrendo sia canti da eseguire durante i momenti rituali che canti di più spiccato sapore conviviale.
I brani contenuti sono per la grande maggioranza chansons, ovvero componimenti poetici concepiti per essere messi in musica e da intonarsi su airs, cioè arie musicali originali o già preesistenti nella tradizione o nella produzione musicale del momento. Una stessa air, spesso estrapolata da opèra comiques, vaudevilles o da raccolte alla moda poteva quindi servire come base musicale a diverse chansons
(2).
La frequentazione dei repertori «minori» come quelli ospitati nei teatri delle fiere o dei faubourgs, sia in Francia che in Austria, è stata alla base della ispirazione di autori di opere massoniche come Rameau e Mozart.
Proponendo quindi un essenziale inquadramento del repertorio in analisi, possiamo in prima istanza dividere i Canzonieri massonici e le pubblicazioni settecentesche che offrono testi o brani musicali in due tipologie:
-
1) quelli che presentano sia i testi poetici che le notazioni delle arie musicali -
2) quelli che presentano il solo testo poetico, e che affidavano la scelta dell’intonazione musicale al gusto del cantore e alla moda del momento.
Alla prima categoria appartengono raccolte come
«The Constitutions of the Free-Masons» di James Anderson, Londra 1723, le
«Chansons Notées de la très vénérable Confrérie des Maçons Libres [ … ] Le tout recueilli et mis en ordre par Fr.re Naudot, s.l. 1737» e la
«Recueil de chansons des Franc-Maçons à l’usage de la Loge de S.te Genevieve, Parigi 1750», nonché le «Chansons originaires des Francs-Maçons, L’Aia 1747, a cura del frère Lansa», alias Thomas Lance, la cui
"Chanson d’Union", apre la Lyre Maçonne
(3).
I quattro canti delle Constitutions di Anderson, con la loro traduzione in francese, sono una presenza pressoché costante nella storia della musica massonica del XVIII secolo. TheMaster’s song, The Warden’s song, The Fellow Craft’s song e The Enter’d Prentice’s song giunsero, via Naudot, alla Lyre Maçonne.
Alla seconda categoria appartiene invece un cospicuo numero di Canzonieri, molti dei quali apparsi anche fuori dal controllo delle Logge Nazionali, soprattutto in Inghilterra.
La pubblicazione della Lyre dovette sicuramente costare all’editore van Laak quella fatica che protesta nell’introduzione.
Van Laak ribadisce in più punti la volontà di offrire un canzoniere adeguato, nello spirito e nella forma, ai regolamenti dell’Ordine come uno dei concetti alla base della compilazione della silloge.
L’editore olandese si pose fermamente la meta di dare all’opera il decoro adeguato al prestigio cui aspiravano i vrij-matzelaars, non solo cercando di fornire una veste editoriale adeguata ed elegante alla raccolta ma, soprattutto, operando un grosso intervento di edizione critica e di controllo sui testi delle canzoni già in uso, tra le quali non mancavano certo vecchie chansons composte in tempi oscuri per l’Ordine e da persone poco versate nella Scienza Muratoria.
Possiamo facilmente immaginare quali reazioni potessero suscitare, nei paesi e nei momenti nei quali gli ateliers si riunivano senza controlli o interventi da parte delle autorità
(4), riunioni di Liberi Muratori – o presunti tali – in una taverna, i cui canti – tra i quali potevano trovarsi anche sboccate chansons à boire – venivano probabilmente uditi anche al di fuori del luogo di riunione stesso. La Lyre è una viva testimonianza del tentativo dell’Ordine in generale e della Gran Loggia delle Province Unite in particolare di vigilare sulla condotta morale delle officine, la cui espansione numerica aveva portato ad una crescita disordinata e, in numerosi casi, anche ad un allontanamento dalla regolarità dei lavori.
Le preoccupazioni espresse nella raccolta a proposito dei testi dai contenuti ritenuti impropri – che erano comunque entrati nell’uso e l’attestazione del lavoro di emendazione fatto sugli stessi sono reiterate e potrebbero apparire ridondanti. La lotta contro questo «epicureismo frainteso» era d’altronde sentita come primaria dalle Logge nazionali
(5).
Prima riforma essenziale per la Morale.
I «banchetti regolati» sono contrapposti a situazioni conviviali assai meno ordinate, i cosiddetti banchetti di Comus o di Siléne considerati da van Laak come un doppio negativo delle agapi. Comus, figlio di Circe e di Bacco, era il dio della sregolatezza e dell’eccesso ed usava attirare con l’inganno i viandanti ai suoi festini orgiastici durante i quali uomini e donne si mascheravano scambiandosi i vestiti. Era legato inoltre alle celebrazioni pagane dei saturnalia e assimilato a figure simili di tradizioni nord europee come Momus o The Lord of Misrule, tutte più o meno confluite nel Carnevale. Nel 1637 John Milton pubblicò a Londra «A Masque presented at Ludlow Castle 1634», che divenne noto, dopo la morte del poeta, come Comus e che venne preso successivamente a soggetto anche di opere pittoriche di William Blake.
All’interno della favolosa fauna antropomorfa dei miti pagani, I Sileni, seguaci di Dioniso, erano uomini con alcuni attributi equini – piedi, coda, orecchie – e con una specifica attitudine alla sregolatezza e alla ubriachezza.
Una volta affrontato il problema morale con una scelta appropriata di testi, la preoccupazione di van Laak si rivolge quindi allo:
Seconda riforma: Stile e Poesia:
«Ci siamo resi conto, senza fatica, che il gusto, che ha sovrainteso a questo tipo di Chansons ha dovuto necessariamente, in fondo, influire anche sulla forma. Soggetti assurdi e triviali; allusioni scandalose e impertinenti; indiscrezioni sconvenienti e biasimevoli; espressioni improprie ed eccessive; termini poco adatti alla lingua francese e barocchi; controsensi; topiche grossolane; iati insopportabili; rime difettose, versi troppo corti o troppo lunghi, innumerevoli errori di stampa; queste sono in poche parole le imperfezioni delle nostre vecchie Chansons. Via via che il gusto si raffina, i Francs- Maçons, che si piccano di accelerarne il progresso, non dovrebbero farsi notare per questi cambiamenti?
Questa raccolta offre migliaia di prove della precisione rigorosa di quelli che l’hanno messa insieme, nelle correzioni di tutti i tipi di cui c’è traccia in ogni couplet»(6)
Attraverso il ribadire la cura protestata per le regole metriche delle poesie, ritorniamo
a intravedere i problemi legati all’edizione dei testi, in gran parte di origine popolare, nel loro rapporto con la Musica. Le raccolte di musica popolare del periodo erano, con tutte le eccezioni del caso, generalmente poco curate. Anche oggi il musicista che torna a frequentare questi repertori è spesso costretto a veri e propri salti mortali per cercare di adattare il testo delle strofe delle chansons alle musiche proposte: come viene ribadito da van Laak, ci si ritrovava spesso con ritornelli che presentavano sillabe mancanti o sovrabbondanti.
L’analisi della preoccupazione espressa per lo stile e per la poesia ci riporta però a considerazioni più ampie sull’utilizzo formativo e sulla «didattica attraverso l’arte» che resta sullo sfondo dell’operazione condotta dai compilatori e curatori della Lyre Maçonne. Lo slancio verso una elevazione delle potenzialità di socializzazione e miglioramento dei rapporti dei Fratelli verso gli altri Fratelli e verso l’esterno si manifesta continuamente attraverso questa lotta allegorica di cultura, preparazione e gusto contro la sciatteria, la volgarità e l’ignoranza che, attraverso una sottovalutazione delle potenzialità educative delle regole dell’arte, conducono a un lassismo e ad un arbitrio di stile e condotta che investe la morale, la politica in senso lato e crea il discredito nei confronti dell’Ordine. Questa visione di poesia e musica «regolata» ma non irrigidita in precettistiche professionali, non patrimonio dei professionisti ma neppure in balia di arroganza, ignoranza e faciloneria, ha quindi risvolti che ci portano a considerazioni che vanno ben oltre la sfera musicale. Si trattava, oltretutto, di aspetti molto importanti per quei ceti che aspiravano a diventare classe dirigente, anche perchè il modello di educazione attraverso l’arte e la letteratura che informava la nobiltà sarebbe rimasto, almeno fino alla Rivoluzione Francese, imprescindibile per le aspirazioni «politiche» della classe mercantile.
La terza riforma proposta da van Laak: la Musica
«Non abbiamo affatto osato permetterci la stessa libertà nei confronti delle numerose Airs antiquate e popolari ma che l’abitudine ha reso familiari a numerosi Maçons, i quali non avrebbero del resto la capacità di eseguirne di più difficili. Ci si è dovuti per questo mettere alla portata di tutti. Ed è per questo quindi che ci si è impegnati a indicare, secondo l’abitudine, i titoli e le prime parole di quelle airs conosciute che l’Ordine ha adottato; infatti, benché siano annotate musicalmente nel libro, ci sono numerosi Fratelli che non hanno alcuna nozione di musica e ai quali questa raccolta deve essere utile. Si sarebbe potuto indicare un maggior numero di queste Airs sulle stesse Chansons, se non si fosse temuto di moltiplicarne l’esistenza senza necessità. Gli Amateurs saranno sempre liberi di variarle tanto quanto giudicheranno a proposito. Il Basso è stato aggiunto a qualche Airs graves che lo permetteva senza aggiungerlo indistintamente a tutte.
Un abile musicista ha riveduto e corretto con cura la Musica, che era estremamente piena di errori nelle precedenti raccolte, nelle quali non si trovava che molto raramente; e spesso le Airs non erano ugualmente indicate.
Quando è stato possibile, se ne sono fatte comporre di nuove per le Chansons per le quali ne valeva la pena, per non pubblicarne nessuna le cui Airs non fossero notate. Infine, sono state tutte disposte in una stessa chiave appropriata al canto, al violino ed al flauto».
Anche questo paragrafo offre degli interessanti spunti di indagine che non si limitano solo all’analisi della pratica musicale degli ateliers, ma si estendono anche a considerazioni sulla loro composizione sociale. La preoccupazione di non presentare delle airs di elevata difficoltà esecutiva ci indica – proseguendo la nostra analisi secondo quanto abbiamo sopra trattato – la non omogenea provenienza sociale degli affiliati alle Logge olandesi e profila un’opera di livellamento verso l’alto della ricettività e della capacità musicale dei Fratelli, in virtù degli ideali massonici di uguaglianza.
Col termine amateur si identificava, nel Settecento, una persona di buona educazione che aveva ricevuto una medio/buona se non ottima istruzione musicale e che – anche quando svolgeva una attività musicale pubblica – non traeva profitto economico da attività professionali in questo campo. I cosiddetti amateurs erano in sostanza rappresentanti della nobiltà e della borghesia per i quali l’educazione musicale faceva parte del bon ton richiesto in società, ma che non raramente coltivavano la pratica artistica con dedizione e talvolta esprimendo vero talento. È probabile che i numerosi Maçons, che non avrebbero del resto la capacità di eseguirne di [ airs] più difficili facessero parte di strati meno evoluti di questi ceti.
Riguardo poi la destinazione, anche strumentale, del materiale della Lyre, l’indicazione che la musica della raccolta sia stata rivista e annotata non solo per la comodità della voce, ma anche per l’utilizzo del violino e del flauto, ci dimostra che nelle Logge del Settecento la pratica musicale non si limitava al solo uso di strumenti a fiato. L’uso simbolico della pratica degli strumenti musicali, anche senza naturalmente escludere che fosse già presente in alcune Logge, troverà una più precisa codificazione solo nell’ultimo quarto del secolo, e ancora oggi appare non unanimemente delineabile nelle tradizioni inglesi e francesi
(7).
La notazione musicale dei canti della Lyre è in chiave di violino e rispecchia la prassi tipica delle raccolte di musica popolare, a tutto beneficio dei suonatori di strumento e di chi non fosse in possesso di una completa istruzione musicale. Fanno eccezione, sempre nell’esemplare qui considerato, la ventina di chansons a due voci, la cui seconda voce è in chiave di basso
(8).
La struttura della Lyre maçonne rispecchia quindi perfettamente la finalità programmatica di van Laak, di De Vignoles e di Du Bois di utilizzare uno stile musicale non troppo difficile e quindi accessibile al maggior numero di Fratelli possibile.
Al suo interno però vengono anche proposti dei brani non troppo mortificanti per chi – amateur come lo stesso van Laak o professionista disponesse di una educazione musicale più completa. Abbiamo alcune Chansons (L’Excellence de l’Ordre, Chanson des Maitres) nelle quali il cantore solista si alterna con un coro omoritmico a due voci, mentre altri brani sono veri e propri duetti che, pur mantenendosi all’interno di uno stile musicale non elaborato, contengono alcune difficoltà esecutive non banali. Abbiamo anche un unico caso di un brano a tre voci (due tenori e basso): il Cantique Maçon, par le Fr. Abbé Pepi, de la Loge l’Union de la Caroline Militaire à Bruxelles. Il quale austriaco di nascita, fu attivo sia come musicista militare che come compositore e divenne, nella seconda metà del Settecento, una personalità di rilievo del mondo culturale belga.
Thomas Lance, Vermeule, Oudaan, Chevrier e de Bonnelle-Souvigny sono i pochi autori delle chansons dei quali conosciamo i nomi. Anche su questi, come sui già citati De Vignoles e Du Bois, abbiamo scarse notizie. A questi nomi va aggiunto quello dell’abate Élie-Catherine Fréron (1718-1776) – la cui rivista, L’Année littéraire ospitò contributi di un certo rilievo durante le querelles culturali di metà Settecento – certamente il letterato di maggior prestigio ad avere firmato uno dei testi della silloge.
Il Dialogue sur les Élémens de l’Art, par le Fr. Abbé Freron presenta una struttura singolare, trattandosi di un dialogo tra un Fratello ed il proprio Venerabile in cui domanda e risposta si susseguono senza soluzione di continuità sulla stessa melodia offrendo una drammatizzazione educativa di un Franc-maçon.
L’elaborazione musicale di un canzoniere come la Lyre pone il problema delle estensioni vocali dei brani. Le Chansons in musica, a parte i limitati casi di armonizzazione a due voci di cui si è accennato, appaiono nella loro veste editoriale come destinate principalmente a una voce di tenore sola o raddoppiata ad libitum. Come sempre avviene nel caso di una intonazione a voce sola, il cantante poteva però scegliere di trasportare il brano in una tonalità adatta alla sua vocalità e al suo timbro. Un canto poteva inoltre essere arrangiato per una esecuzione a più voci: le chansons potevano essere armonizzate sia grazie all’intervento di un maître o surintendant de musique che ne facesse una elaborazione scritta, oppure potevano essere arricchite da controcanti e accompagnamenti vocali eseguiti più o meno estemporaneamente ad orecchio secondo prassi consolidate e modalità improvvisative.
Si tratta di pratiche musicali che possiamo vedere operative anche oggi, ad esempio nella musica leggera o in repertori di musica popolare, la cui elaborazione armonica può essere preparata a tavolino, ma che spesso avviene ad orecchio con esiti molto gratificanti per l’esecutore e l’ascoltatore e che, pur attingendo a raffinatezza a sofisticate soluzioni musicali, non abbisogna necessariamente i scolarità o di conoscenze armonico-musicali teoriche ed è tipica del far musica in famiglia o in comunità.
Possiamo quindi intendere la notazione musicale della Lyre come una stenografia perfettamente funzionale per adattare i canti alle più diverse situazioni pratiche.
L’Avertissement prosegue con ulteriori affermazioni di van Laak sulla preminenza del proprio canzoniere rispetto ad altre raccolte.
Magnifica la novità delle airs utilizzate tratte dalle raccolte più alla moda –, la cura posta nel raggruppare chansons intonate sulla stessa air e la praticità degli indici che, con riferimenti alla impaginazione della prima edizione, avrebbero dovuto vantaggiosamente aiutare i possessori delle diverse stampe a orientarsi nella ricerca dei brani. La grande quantità del materiale giustifica l’orgoglio con il quale si presenta il nuovo ordine dato alla raccolta, i cui indici sono ordinati secondo tre criteri, ovvero i titoli delle chansons, i titoli delle airs e gli incipit testuali.
Troviamo dunque tre tavole così titolate: Titres des Chansons contenues en ce Recueil, Table de quelques Airs d’Opera, Vaudevilles, ou autres connus contenus en ce Recueil, e Table des Chansons. Lo stesso brano poteva essere ritrovato nella raccolta seguendo uno di questi criteri e così, ad esempio, quando si parla di Lien du Maçon, del Carillon de Dunkerque
(9) e di Par trois-foi-trois, mes Freres, si intendono rispettivamente il titolo, l’air e l’incipit testuale della stessa chanson. L’esecutore poteva quindi facilmente rintracciare un brano nelle cinquecentosedici pagine della raccolta seguendo il metodo a lui più congeniale.
Nonostante l’orgoglio e l’entusiasmo però, qualche lacuna non potè naturalmente essere sottaciuta nell’Avertissement e così, nonostante che un abile musicista abbia rivisto e corretto con cura la musica (non sappiamo se lo stesso van Laak, come già detto musicista dilettante, Vitzhumb o qualcun altro), l’editore si scusa anticipatamente degli errori che si troveranno nella raccolta.
Da parte nostra non possiamo non rimarcare che il testo musicale, impresso in caratteri mobili
(10), presenta frequentemente battute che si trovano alla fine dei righi musicali bizzarramente e senza motivo divise a metà.
I testi delle chansons sono soprattutto di tono apologetico o morale. Già il primo brano, la Chanson d’Union – una marcia da intonarsi fierement a voce sola – nei suoi riferimenti al vino, ai bicchieri, ai brindisi rituali, riporta al senso di convivialità «regolata» e di comunione che pervade tutta la raccolta. Amitiè, apologie, bonheur, caractère, charme, délices, discipline, douceur, égalité, fidélité, grâces, humanité, loix, modération, ouvrages, paix, préceptes, qualités, sévérité dei Liberi Muratori sono solo alcune delle parole chiave che riportano ai temi morali trattati nella Lyre, affrontati con toni filosofici ma anche esplicitati attraverso consigli su come comportarsi tra Fratelli e su come trasformare sentimenti negativi come la rivalità e l’invidia in emulazione positiva e ottimismo. La raccolta è anche prodiga di istruzioni ai profani e raccomandazioni ai Maestri così come di indirizzi di saluto a tutte le cariche. Il linguaggio è spesso metaforico e non affronta direttamente i precetti della secreta scientia libero- muratoria: il canto non è adatto a mantenere la discrezione sui lavori iniziatici, ma ha la capacità di amplificare la comunione tra Fratelli.
Un certo numero di chansons presenta testi di istruzione su miti ricollegabili all’Ordine dove, naturalmente, numerosi sono i riferimenti all’Architettura e alle chronologie tese a esaltarne l’antichità, fonti ispiratrici delle Costitutions di Anderson. Ai testi, nella normalizzazione operata da van Laak, da De Vignoles e da Du Bois, può essere imputata certamente una certa convenzionalità apologetica, che viene però riscattata da un sincero e genuino entusiasmo.
Per quanto riguarda gli autori delle airs, gli indici non riportano i loro nomi. Quando non adespoti, i brani riportano in testa non l’indicazione dell’autore, ma solo il titolo dell’air o dell’opéra-comique o del vaudeville da cui sono tratti.
Per concludere, non possiamo non sottolineare, tra gli autori musicali degni di nota presenti nella raccolta, oltre a Rousseau e a Vitzhumb, Louis-Claude de Saint Martin (1743-1803), lo scrittore teosofo fondatore del «martinismo» che nella Lyre è autore di una Air nouveau sul testo Très Vénérable et vous chers Fréres, tradotta in olandese, come D’ongeveinsdheid, e il compositore Jacques-Christophe Naudot la cui famosa marcia viene qui proposta in tre versioni: Unissons-nous, mes Freres (La Gloire de la Philosophie); B… permets qu’un Frere (Même Marche, à la gloire du T.R.G.M.) e Chantons tous, mes chers Freres ( Même Marche, et pour le même objet [à la gloire du T.R.G.M.]). Non possiamo tralasciare di citare infine Olasterziek Gemeen (D’ongeveinsdheid), testo musicato sull’aria attribuita a Henry Carey di God seav’ [sic] great Georg our King, intonazione dell’odierno national anthem inglese, God save the King
(11).
1. La prima edizione è del 1763. Viene presa come riferimento per questa trattazione la seguente edizione: La Lyre Maçonne ou Recueil de Chansons des Francs-Maçons. Revu, corrigé, mis dans un nouvel ordre, et augmenté de quantité de Chansons qui n’avoient point encore paru; par les Freres De Vignoles et Du Bois, Avec les Airs notés, mis sur la bonne Clef, tant pour le Chant que pour le Violon et la Flute. Nouvelle edition. Revue, corrigée et augmentée, a La Haye, Chez R. van Laak, Libraire, 1775. Si tratta di una ristampa della seconda edizione del 1766 che subirà ulteriori aggiunte nelle successive nuove edizioni e ristampe, l’ultima delle quali impressa nel 1797.
2. Con opéra-comique si intende un genere teatrale nel quale lo sviluppo drammatico dell’azione è affidato alla recitazione invece che al recitativo musicale come avveniva nell’opera seria italiana o nella tragédie-lyrique. Vaudeville è un tipo di chanson che veniva intonata su airs famose e facili da ricordarsi e da cantare dette timbres e che fu per un certo periodo un elemento costitutivo dell’opéra-comique. Nella Francia pre rivoluzionaria si diffusero numerosi generi teatrali molto simili all’opéra-comique. Il Vaudeville si sviluppò anche come genere teatrale autonomo che conobbe il massimo sviluppo con l’apertura a Parigi, nel 1792, del Théâtre du Vaudeville.
3. In verità anche quest’ultimo canzoniere sembra essere riconducibile alla figura di Jacques-Christophe Naudot (ca.1690-1762), famoso concertista di flauto e compositore, legato alla Loge de S.te Geneviève dopo le esperienze nella Loggia Coustos-Villeroy. In quest’ultima Loggia ricopriva la carica di Surintendant de la Musique de la Loge durante le repressioni poliziesche antimassoniche degli anni 1736/37 che culmineranno, per Naudot, nel periodo di detenzione alla Bastiglia nel 1740.
4. In Inghilterra, per esempio, le riunioni delle Logge erano tante volte annunciate o recensite sulle gazzette.
5. Era questo uno dei primi punti da sanare perché la libertà di pensiero non venisse confusa – in primis dai confratelli e in secundis dalla società e dalle autorità – con la libertà di costumi. Nella prima sezione dell’Avertissement de l’Editeur, dove si parla della riforma per la morale si dice testualmente: «I compilatori delle precedenti raccolte avevano raccolto una quantità informe e non selezionata di tutti i tipi di Poësies, di Discours e di Chansons, la maggior parte à boire, di certo meno degne dei banchetti regolati dei Francs-Maçons, che dei banchetti disordinati di Comus o di Siléne». E per di più questi ultimi non erano affatto in uso presso le Logge ben costituite. Non c’erano che pochi buoni pensieri incastonati in mezzo a una quantità di cattivi come dei diamanti nel fango. Nel conservare alcune di queste idee si è deciso di scartare accuratamente le altre, e il numero limitato di queste che sono rispettate per la loro antichità, in tre o quattro Chansons un po’ vivaci, non susciteranno più la giusta avversione dei Fratelli, né la critica dei loro nemici.
6. Con il termine Couplet si indica una strofa della chanson.
7. Quello che viene indicato come lo strumento principe della musica massonica, il clarinetto, venne importato in Francia dalla Boemia solo durante la fine degli anni Quaranta del secolo, e qui trovò il primo uso in un’opera lirica nello Zoroastre di Jean-Philippe Rameau nel 1749. È da questo periodo che lo strumento conobbe una veloce affermazione anche negli ensemble, generalmente militari, detti colonne d’armonia. Frequente è l’attestazione dell’uso in Loggia di strumenti ad arco e, soprattutto nella tradizione anglosassone, di organi.
8. Ancora per quasi un secolo nella storia della musica «colta», la musica, e in special modo quella vocale, sarebbe stata annotata con un sistema di chiavi musicali oggi detto setticlavio. Sul problema non peregrino della scelta della chiave musicale e sul significato sociale e politico di problemi apparentemente legati alla sola sfera musicale, dobbiamo ricordare che negli anni Quaranta del secolo Jean-Jacques Rousseau propose di adottare un nuovo sistema di notazione che avrebbe dovuto abo Lyre i segni musicali in favore di soli numeri, una riforma che tentava di rendere più semplice e «naturale» l’approccio alla musica ma che rimase limitata al solo ambito teorico.
9. Si tratta di una delle arie popolari più famose del Settecento francese, al pari di altri brani come Au claire de la lune o Ah vous diraj-je, maman. Queste airs popolari saranno sempre più presenti nei metodi di strumento della seconda metà del secolo.
10. Le stampe musicali antiche, fino all’invenzione della litografia, consistevano in stampe di lastre di rame incise o in edizioni a caratteri mobili. In questo secondo caso, che è quello della Lyre, ogni rigo musicale era composto dal tipografo utilizzando numerosi segmenti di piombo che venivano, quando necessario, rimpiazzati dalle teste e dalle gambe delle note. Questo procedimento presentava alcuni vantaggi, soprattutto rispetto al costo, ma anche alcuni innegabili svantaggi. Innanzi tutto la frammentazione dei righi rendeva più difficile la lettura, dato che con l’usura le sedi dei caratteri non mantenevano più lo stesso allineamento, poi l’inserimento delle dinamiche e di tutti i segni di articolazione era molto più difficile e laboriosa. Inoltre, nel caso di partiture orchestrali più complesse, il sistema era difficilmente utilizzabile. Nel Settecento questo procedimento, che aveva conosciuto la sua massima applicazione nel corso del secolo precedente, divenne via via più obsoleto e fu abbandonato, con l’eccezione di alcune tipografie musicali che ne svilupparono alcune varianti più raffinate, soprattutto in Germania. In Francia il sistema venne abbandonato nei primi anni del Settecento: il Canzoniere di Naudot venne realizzato appunto in rame. Il sistema dei caratteri mobili continuò a rimanere in uso soprattutto presso tipografie non specializzate in stampe musicali.
11. Questo canto attribuito a Henry Carey (1689-1743) apparve nella raccolta Harmonia anglicana l’anno successivo alla sua morte. La vicinanza all’Ordine di Carey è testimoniata, oltre che dagli studi fatti con Geminiani, anche dalle proprie opere e dalle numerose frequentazioni artistiche con Free-masons. Partecipò alla composizione delle musiche di The Generous Freemason, su testo di William Rufus Chetwood, rappresentata a Londra nel 1731.
|