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I Poteri dei Giusti |
Rabbi Éléazar, rivolto a suo padre, chiese: cosa significano le parole della Scrittura (Geremia X,7): “Chi non ti temerà re dei gentili? Pertanto tutto ti appartiene”. Quale valore può avere, essere “re dei gentili”? Rabbi Shimon gli rispose: sappi, Eleazar figlio mio, sappi che questo versetto e stato interpretato in diversi modi (Zohar II,95b); ma è certo che nessuno dei commenti proposti corrisponde al senso vero della Scrittura, e ciò che lo prova e il seguito del versetto: “Poiché fra tutti i saggi dei gentili e in tutti i loro regni, nessuno è simile a te”. Il passo ha lo scopo di smentire i pagani, i quali suppongono che il Santo, benedetto egli sia, non conosca nulla delle loro intenzioni e delle loro azioni. Mi sembra, quindi, giunto il momento propizio per farti conoscere la loro demenza. Un filosofo dei gentili venne un giorno a trovarmi e mi disse: voi affermate che il vostro Dio risiede nel più alto dei cieli e che nessuna legione di angeli può avvicinarlo, né conoscere la sua essenza. Ebbene, il versetto: “Poiché fra tutti i saggi dei gentili e in tutti i loro regni, nessuno è simile a te” non esprime una celebrazione degna di un tale Dio. Quale fama vi sarebbe, per un Dio, di non trovare tra gli uomini [10a], esseri perituri, qualcuno che gli è simile?
Inoltre, voi affermate, secondo quanto dice la Scrittura, che (Deuteronomio XXXIV,10): “Non è più nato in Israele un profeta come Mosè”, quindi si può concludere che Mosè non abbia eguali soltanto in Israele, ma che possa averne tra gli altri popoli del mondo. Ora, per deduzione, potrei arguire, grazie versetto precitato di Geremia, che soltanto tra i saggi dei gentili, Dio non ha un suo eguale, ma che esiste fra quelli di Israele. Ne consegue, quindi, che tra questi ultimi vi sono dei saggi simili a Dio, per cui, questo non sarebbe più il maestro! Esamina questo versetto e vedrai che ho argomentato sensatamente.
Risposi a questo filosofo: tu in effetti, hai motivo per affermare che tra i saggi di Israele vi è chi è simile a Dio. Chi resuscita i morti? Non è forse il Santo, benedetto il suo nome? Ed Elia (III Re XVII,17-22) e Eliseo (IV Re IV,32-35) non hanno anche resuscitato i morti? Chi fa piovere? Il Santo, benedetto egli sia. E non è forse grazie alla preghiera, che Elia (III Re XVII,1 e XVIII,45) anche contenne la pioggia e la fece cadere in seguito? Chi ha creato i cieli e la terra? Non è stato forse il Santo, sia benedetto? E non fu Abraham che li fece esistere per suo merito (Genesi XVIII,17-32)?
Chi regola il corso del Sole? Il Santo, benedetto il suo nome. E non fu anche Giosuè a nascondere il sole arrestando il suo corso, com'è scritto (Giosuè X,13): “Il sole si nascose e la luna si fermò”. Il Santo, che sia benedetto, sanzionò castighi ed anche Mosè ne decretò un certo numero, e queste si realizzarono. Il Santo, baruk ha-shem, decretò delle punizioni ma i Giusti di Israele ne modificarono la portata, così com'è scritto (II Re XXIII,3): “IL dominio appartiene all’uomo; lo Tsaddîq (il Giusto) domina il timore del Signore”. C’è di più, Dio stesso comandò ai Giusti (Levitico XIX,2 e Deuteronomio XXX,20) di Israele di camminare nella sua via e di assimilarsi in lui in tutto. Dopo questo colloquio, tale filosofo mi lasciò andando a convertirsi nel villaggio di Sehalim, dove oggi vive ed è conosciuto con il nome di Yossé Qatinaâ (l’Umile).
Ritorniamo ora ad esaminare il versetto menzionato, dato che presenta diverse difficoltà, tanto che la stessa Scrittura riferisce altrove (Isaia XL,17): "Tutti i gentili del mondo sono come un nulla dinanzi a lui, ed esso li considera come un vuoto e come un niente ”. Quale gloria può essere, quindi, per Dio quella di non avere un suo eguale tra i saggi dei gentili? Che cosa significano, inoltre, le parole: “Chi non ti temerà, o re dei gentili”? Dio è dunque il re dei gentili, e non il re di Israele? La verità è che il Santo, sia benedetto il suo nome, vuol essere glorificato in ogni luogo da Israele, e unisce il proprio nome soltanto ad esso, così com'è scritto (Esodo V,3): “Il Dio di Israele, il Dio degli Ebrei”, e altrove (Isaia XLIV,6): “Ecco quanto dice il Signore, Il re di Israele”. Dio è, in conseguenza di questo, chiamato Re di Israele. Gli altri popoli del mondo, però, dicono: noi abbiamo diversi padroni nel cielo, dal momento che il Re degli Israeliti regna soltanto su di loro e non su di noi.
È questo il motivo per cui la Scrittura aggiunge: “Chi non ti temerà, Re dei gentili?”, in altre parole, quale è questo re dei pagani che non ti temerà? La Scrittura allude ai grandi capi celesti che guidano i gentili, a quei quattro angeli regnanti che governano tutti gli altri popoli. Non è però permesso loro di compiere il più piccolo atto, senza che gli sia stato esplicitamente ordinato, così com'è scritto (Daniele IV,32): “Tutti gli abitanti della Terra sono, davanti a lui, come un nulla; e con l’aiuto delle armate celesti, egli compie quanto desidera tra gli abitanti del mondo”.
Con le parole “i saggi dei gentili”, la Scrittura indica i loro capi celesti, da dove scaturisce, altresì, tutta la loro saggezza. Con la parafrasi “tra tutti i loro regni”, la Scrittura sottintende, come già abbiamo spiegato, questi reami delle guide dei popoli. Tale è il senso del versetto. Ho trovato in alcuni libri antichi il successiva passaggio: “Benché i capi celesti abbiano ai loro ordini legioni e armate d'angeli, ognuno incaricato di una specifica missione sulla terra, non ve n'è nessuno che sia simile a voi, o Signore; poiché voi siete manifesto in alto e manifesto nella vostra opera”. Questo è il significato delle parole "nessuno è simile a te”. In altri termini, nessuno, presente nello stesso tempo in cielo e sulla terra, ti è eguale nei Santi Misteri. Nessuno è simile a te, o Signore, in tutta quest’opera sublime che stabilisce il Re santo nei cieli e sulla terra. Dei capi dei gentili è detto (Isaia XLIV,9): “Sono il nulla e le loro opere più preziose non serviranno a nulla”. Del Santo, benedetto egli sia, la Scrittura riferisce: “In principio creò Dio i cieli e la Terra”; laddove a proposito del loro regno, la Scrittura riporta: “E la terra era informe e caotica”.
Rabbi Shimon rivolto ai suoi colleghi disse: nel momento dell’unione celeste, che ognuno di voi orni la sposa celeste con un gioiello e a suo figlio, Rabbi Éléazar: offri una parure alla sposa celeste come dono per quanto riceverai domani. In altre parole, contemplate la sposa celeste nel momento in cui, accompagnata dagli inni e dalle lodi del suo seguito, si porterà sotto la chuppah.
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