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Quattordicesima Prescrizione (2) |
I nostri Maestri, di beata memoria, ci hanno trasmesso l’insegnamento successiva: a causa di tre azioni cattive l’uomo tira a sé il male. La prima è quella dell’uomo che si maledice, la seconda quella dell’uomo che getta in terra del pane o delle briciole della grandezza di un'oliva, e infine quella dell’uomo che accende una candela al termine del Sabbath, prima che gli Israeliti abbiano recitato la liturgia della “separazione”. L’accensione, la sera del Sabbath, di una candela prima dell’ora canonica, causa il divampare delle fiamme dell’inferno prima dell’ora stabilita.
Esiste nelle tenebre, infatti, un luogo riservato a chi ha profanato il Sabbath, essi sono alla mercé delle fiamme per tutta la durata del Giorno Santo. Tutti questi dannati lanciano maledizioni contro chi, al termine del Sabbath, accende la candela prima dell’ora canonica. Essi imprecano (Isaia XXII,17): “Il Signore ti faccia trascinare qui, come un pollo dai piedi legati, e ti porti via tanto facilmente quanto un mantello che s'indossa. T'incoroni con una corona di mali; e ti scagli come si getta una balla in un campo largo e spazioso”.
Non conviene, quindi, accendere una candela la fine del Sabbath, prima che gli Israeliti non abbiano recitato le loro preghiere e pronunciato, su di una coppa di vino, la liturgia della “separazione”. Per tutta la durata del Sabbath, la santità di questo giorno impone un riposo assoluto sia al cielo sia allo Še'ol.
Le punizioni dei colpevoli sono sospese e gli spiriti celesti, preposti alle varie funzioni rimangono inattivi. Ogni attività riprende nel momento in cui gli Israeliti hanno recitato questa formula: “Sii benedetto Signore, che separi il sacro dal profano”. In quell’istante la santità celeste si ritira da questo mondo e gli spiriti ritornano ciascuno alle loro funzioni.
I preposti alla fornace ardente, di conseguenza, non sono autorizzati ad accendervi le fiamme prima di vedere la luce in casa degli Israeliti. É tale motivo per cui questi preposti sono chiamati “I Vigilanti del fuoco” e di fatto sono obbligati a prendere atto se gli Israeliti lo hanno già acceso.
Questa è la ragione per cui chi, al termine del Sabbath, accende la candela troppo presto, si attira la maledizione dei dannati dell’inferno. Ma chi in questo giorno ne ritarda l’accensione, si procura da questi stessi dannati ogni benedizione del Santo, benedetto il suo nome e dicono a simile uomo (Genesi XXVII,28): “Che Dio ti doni abbondanza di rugiada, e grasso della terra. Sii (Deuteronomio XXIII,3) benedetto nella città e sii benedetto nelle campagne ecc.
Felice (Salmi XLI,2) l’uomo che ha accortezze sul povero: il Signore lo libererà nel giorno del male”. Per quale motivo la Scrittura non adopera la parafrasi “nel cattivo giorno” invece di “nel giorno del male”? Perché la Scrittura intende il giorno in cui il demonio vorrebbe impadronirsi dell’anima di un uomo: è quello il momento in cui il Signore lo libererà. Con la parola “povero” la Scrittura sottintende un'anima malata a causa del peccato contro il Santo, benedetto egli sia. Secondo un'altra interpretazione, le parole “Il Signore lo libererà nel giorno del male” fanno allusione al giorno del giudizio finale; è allora che il Signore affrancherà l’uomo. “Il giorno del male” significa quindi: quando il dì del giudizio finale si manifesterà con rigore nel mondo (2).
(2) Nell’appendice, alla fine della prima parte dello Zohar, foglio 251a, n.1, si trova il passaggio che alcuni commentatori suppongono essere l’inizio della sezione Berechith. [Torna al Testo]
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