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Ottava Prescrizione |
L’ottavo comandamento stabilisce di amare il convertito che si circoncide per entrare sotto le ali (Zohar I,93a) della Shechinah. Essa, infatti, accoglie sotto la propria protezione tutti quelli che si separano dal lato dei demoni, così com'è scritto: “Che la terra produca degli spiriti viventi secondo la propria specie”.
Con queste parole la Scrittura ci vuole istruire che le anime dei convertiti non ritorneranno (1) nella regione celeste chiamata “vivente” (Hayâ), luogo in cui invece ritornano le anime degli Israeliti quando si separano dal corpo, ma troveranno posto sotto le ali della Shechinah.
É questo il motivo per cui la Scrittura continua: “Secondo la propria specie”. Ciascuna delle ali della Shechinah, in realtà, contiene diverse sezioni. L’ala destra ne abbraccia due che servono di passaggio alle anime degli Israeliti, quando, dopo la separazione dal corpo, esse salgono per ritornare nella regione celeste chiamata “vivente”. L’ala sinistra ne include altre due, che sono destinate ad “Amon” e “Moab" (2). Da queste due ultime sezioni, emanano le anime di cui sono dotati i convertiti (3).
Tutte le anime, sia quelle la cui origine è nella regione celeste chiamata “vivente”, sia quelle provenienti da sotto le ali della Shechinah, sono indicate con il nome di “spiriti viventi”. Queste ultime, tuttavia, sono di una “natura” differente, tanto che la Scrittura parlando delle anime dei convertiti dice: “Secondo la propria specie”; giacché queste essendo appunto di un genere diverso, riusciranno a raggiungere, dopo la loro separazione dal corpo, soltanto il luogo sotto le ali della Shechinah.
Le anime degli Israeliti, al contrario, le quali provengono dallo stesso corpo dell’albero celeste, vi ritorneranno. É a quest'insegnamento che fanno allusione le parole della Scrittura (Malachia III,12): “E voi sarete una terra di delizie”, vale a dire, la regione in cui ritorneranno le anime degli Israeliti sarà molto più deliziosa di quella in cui andranno a riposare i soffi vitali dei convertiti. Ecco il motivo per cui Israele è chiamato: “Figlio caro”, dal momento che Dio gli ha riservato una parte migliore. Israeliti sono anche indicati con le parole (Isaia XLVI,3): “Che porto nel mio seno, e racchiudo nelle mie viscere”. Tutte le loro anime, infatti, ritorneranno, dopo la separazione dal corpo all’interno dello stesso albero celeste, da dove emanarono e da dove non si distaccheranno mai più. Le anime dei convertiti, al contrario, non hanno nessun spazio dell’albero celeste, ed è questa la più acuta ragione per cui esse non vi potranno ritornare. Dispongono di una porzione delle ali e nulla più, per cui potranno spingersi fin sotto le ali della Shechinah e non oltre. Ecco perché la Scrittura dice (Genesi I,20): “Che la terra produca degli spiriti viventi secondo la propria specie”; in altre parole, la porzione nel cielo destinata alle anime dei convertiti sarà inferiore a quella destinata alle anime degli Israeliti. La Scrittura aggiunge: “Gli animali, i rettili e le bestie della terra secondo la propria specie”, ovverosia, come gli animali si diversificano gli uni dagli altri, quantunque tutti animati da un identico soffio di vita, ugualmente le anime umane si differenziano le une dalle altre, sebbene emanino tutte dal cielo.
(1) L’edizione di Sulzbach e quella di Francoforte riportano }wrbuy (passeranno) invece di }wluy (saliranno). “Le anime dei gentili convertiti non passeranno per Hayâ, ma sotto le ali della Shechinah”. [Torna al Testo] (2) Questo passaggio imbarazza non poco gli autori rabbini, sulla base di quanto contenuto nel Talmud secondo il quale Amon e Moab sono esclusi da ogni compartecipazione alla vita futura. “Forse”, afferma il celebre autore del Noda Bihovdah, “dopo l’assunzione in cielo del Messia, tutti i popoli, indistintamente, parteciperanno alla vita eterna”. [Torna al Testo] (3) Tutto questo passaggio, a partire da }ymyts }yrda hmkw fino all’inizio della nona prescrizione non sono presenti nell'edizione di Lublino né in quella di Brady, e neanche nella stampa di Przemysl. Lo Etz ha Hayim (Cap.LXXXVI), cita testualmente l’identico passaggio, con due leggere varianti, tratte dal manoscritto di un antico autore, cosa che proverebbe il carattere apocrifo e la datazione posteriore al 1512. [Torna al Testo]
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