La Base di Tutti i Precetti

Lo Shemà' costituisce il tema centrale della nostra preghiera del mattino e di quella della sera. Lo Shemà' é composto di tre brani, presi dalla Torà. Nel primo di essi, noi proclamiamo l'Unicità dell'Unico e la Sua Regalità; Egli é Unico, il Creatore e Padrone dell'universo. Noi professiamo nello stesso tempo completa e assoluta sottomissione al Regno di Dio con un amore più grande e più forte di ogni nostro possesso, la nostra stessa vita compresa.
La seconda parte dello Shemà' parla dei Comandi di Dio, le «Mitzvòt»: Dio é il Supremo Giudice dell'adempimento completo dei Suoi Comandi, e veniamo perciò ammoniti che dalla Sua Sentenza dipende l'eventuale sanzione per la nostra manchevole esecuzione.
Il terzo brano é stato aggiunto perché in esso sono menzionate la Mitzvà delle «frangie» e la Liberazione dall'Egitto.
I due primi paragrafi dello Shemà' formano l'oggetto della nostra trattazione. I nostri Sapienti, come segnalato nella risposta del Rebbe di Santa Memoria, si sono resi conto che l'ordine nel quale tali brani ci vennero presentati non é casuale, bensì logico e premeditato. Il succitato passo Talmudico ci dice prima di tutto che:


- sia per quanto riguarda il principio della sottomissione al Regno dei Cieli, sia per quanto riguarda l'applicazione nelle quotidiane azioni di tale principio, ossia l'accettazione dell'obbligatorietà delle Mitzvòt, vale la similitudine del giogo;
 

- ci dice altresì che il requisito essenziale che é la premessa della acquisizione dei Precetti Ebraici e del loro quotidiano pratico adempimento è il riconoscimento del Regno di Dio al quale la nostra sottomissione ed il nostro abbandonarsi devono essere assoluti.

Per quanto riguarda l'azione sul piano pratico, noi possiamo vedere che coloro i quali osservano le Mitzvòt perché sono Comandi di Dio, promulgati per Sua Volontà, danno compimento ad ogni precetto diligentemente in ogni tempo e in ogni luogo; ma coloro i quali siano guidati soltanto dalla «spiegazione» cadono frequentemente in errore, essendo l'intelligenza umana limitata, mentre le Mitzvòt provengono da Dio, dalla Infinita Sapienza.
 

É alla luce di queste premesse, che ora qui esporremo molto brevemente alcune considerazioni esaminando sotto vari aspetti l'usanza di tenere coperta la testa. Tale materia sarà ripartita nei seguenti tre capitoli:
 

1° La Base di tutti i Precetti
2° L'aspetto Legale del coprirsi la testa
3° Una spiegazione Filosofica
 

Alla Presenza dell'Essere Supremo diventiamo consci, dobbiamo esser consci della nostra limitazione intellettuale. Questa idea é resa dall'immagine trasmessaci del «giogo». L'analogia non é usata per suggerirne la pesantezza: lontano da questo!
Essa ci vuole insegnare che:


a) l'animale non ha idea di quello che sta dietro il volere del padrone;
b) la sottomissione del bove é assoluta;
c) il giogo é il mezzo con il quale l'animale viene messo in grado di adempiere ai compiti cui é destinato.
 

La nostra fede ha per basi la Divina Rivelazione e la presentazione della Torà sul Monte Sinai. Il popolo Ebraico ha accettato la Legge nello spirito di «Faremo» (prima) «e capiremo» (poi) (La Torà racconta che il Popolo disse questa frase a Mosé; come sempre, l'ordine delle Parole non é casuale, e qui ci viene insegnato che l'adempimento precede la conoscenza del significato più profondo delle Mitzvòt). La frase in ebraico é:
«Chol ascer-dibber H na'assd ve-nishmà'»
«Tutta quella che é Parola di Dio faremo ed ascolteremo» (MISHPATIM 24,7).
 

La parola ebraica «SHEMÁ'» sia in questa frase, sia nel primo brano della preghiera «Shemà'» non significa solo ascoltare, dare retta, obbedire, ma anche capire.
In altre parole, noi abbiamo accettato dì eseguire le Mitzvòt, di praticarle in quanto Decreti provenienti dal Padrone Supremo dell'universo nella piena consapevolezza che il nostro umano intelletto è limitato e non può afferrare l'Infinita Saggezza di Dio.
Noi non conosciamo, né possiamo conoscere appieno l'effetto del compimento delle Mitzvòt, quello che esse fanno a noi, per noi e per il mondo attorno a noi. Tutte le spiegazioni o significazioni che sia possibile avanzare od attribuire a ognuna delle Mitzvòt sono da considerare fortuite ed incomplete.

Il metodo scientifico é: anzitutto stabilire i fatti, e successivamente ricercarne la spiegazione. Se é trovata una spiegazione soddisfacente, benissimo! se non, i fatti restano quelli che sono anche se il segreto della loro origine non é stato scoperto.
É un fatto accertato nella vita e nella esperienza degli Ebrei che là dove i loro Precetti, Doveri e Tradizioni sono stati osservati con vera sottomissione alla Saggezza e Volontà del Signore in uno spirito di umiltà e semplice fede, tali Precetti, Doveri e Tradizioni sono stati conservati e perpetuati.

Ma là dove essi non sono stati accolti in questo spirito, bensì accettati diventando oggetto di profonde speculazioni intellettuali in una avventata ricerca di spiegazioni, attraenti alla ragione umana o alla fantasia, là le basi stesse dell'Ebraismo furono minate (ad esempio, durante le persecuzioni religiose al tempo delle Crociate, gli Israeliti di Germania non si lasciarono a nessun costo forzare alla conversione: essi morirono per la Santificazione del Nome. In Spagna, invece, dove l'Inquisizione mise fine a un'era aurea per le ricerche di filosofia e teologia, le persecuzioni religiose portarono a delle conversioni, proporzionalmente numerose (3).


Per di più i nostri Saggi dicono: «Chi dice - questa è una buona tradizione - oppure - questa non é poi così importante disonora la Legge (e può succedere che sia da lui dimenticata, dice RASHI in 'Erubin 64 a)». É dovere nostro considerare tutte le parti della Torà ugualmente venerabili, perché tutte furono promulgate dall'Unico Legislatore, quindi provengono tutte dalla stessa Sorgente.
Il coprirsi la testa è stato strettamente osservato dagli ebrei (vedasi «Piskei Dinim» (Decisioni Legali) di R.M. Mendel Schneersohn di Lubavitz (Tzemach Tzedek) al principio; «Hashlomo in Tzemach Tzedek, Sha'àr Hamiluìm» Parte 1° in principio. Kehot, N.Y. 1945).

É codificato nel Talmud che tenere il capo coperto é in relazione con la «Yirath Shamàim» (timore di Dio). Si racconta la vicenda di un ragazzo, cleptomane congenitamente, il quale per merito del tener la testa coperta costantemente e del porre a ciò la massima cura, riusciva a non essere vittima della sua mala inclinazione. Quando, però, una volta il vento gli portò via di sorpresa il copricapo, immediatamente egli fu sopraffatto dalla sua cleptomania (Talmud Babilonese, Shabbath 156b).
Si possono trovare riferimenti simbolici nell'osservanza dell'uso di coprirsi il capo; essi sono basati sul sopra citato parere dei nostri Maestri che il tener coperta la testa si collega con la religiosità. Per esempio: il tener coperto il capo ci evidenzia e ci rammenta continuamente che c'é Qualcuno «sopra» le nostre teste, e così via.
Queste interpretazioni sono utili solamente se, e fino a quando, esse aiutino a conservare l'usanza, ma non si devono in alcun modo considerare come la ragione del Precetto.
Il principio basilare nell'adempimento delle Mitzvòt è sempre quello di essere coscienti che è Volere e Saggezza di Dio che noi le si pratichi.

 


 

3. Questo naturalmente senza dimenticare le azioni coraggiose e la resistenza spesso eroica dimostrata da molti marrani. In questa osservazione si sottolinea il sovrumano potere dell'abbandono completo nella mani di Dio, che dà forza anche nel sacrificio della vita, nella certezza assoluta che - se Lui lo vuole - può salvarci anche all'ultimissimo momento.