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"Trattato delle due nature, divina ed umana, riunite indivisibilmente per l'eternità che formano un solo ed unico essere nella persona di Gesù Cristo Dio e Uomo redentore degli uomini e sovrano giudice dei viventi e dei morti, accompagnato da riflessioni sulla condotta di Pilato e da una meditazione sul grande Mistero della Croce."

Il modo con cui bisogna esaminare "l'unione incomprensibile della natura divina con la natura umana"; è così che Willermoz definisce il soggetto di cui si occupa nel suo terzo quaderno D. Questo problema, formulato e discusso fin dalle origini del cristianesimo, è di una altezza metafisica irraggiungibile per un intelletto non sistematicamente addestrato alle discussioni di filosofia e di teosofia. Pressappoco tutto ciò che Willermoz ne dice è vago e indeterminato, avviluppato in parole sonore e luoghi comuni privi di contenuto reale. Ciò nonostante qui e là vi sono idee interessanti esposte con frasi felici.

"L'animale, o il bruto, è un composto binario di un'anima dalla vita passiva e passeggera e da un corpo di materia, che scompaiono totalmente dopo il periodo che è loro prescritto; l'uomo, durante il suo passeggero soggiorno sulla terra, è un composto ternario, vale a dire delle due sostanze caduche già citate e comuni all'animale e al bruto e da uno spirito intelligente ed immortale grazie al quale egli è veramente ad immagine e somiglianza divina. Ma in Gesù Cristo uomo-Dio e divino si trova, durante la sua vita temporale sulla terra, un insieme quaternario che lo distingue eminentemente da tutte le creature; vi si trovano le tre sostanze che abbiamo già menzionato e presenti nell'uomo temporale ed in più lo stesso essere di Dio che si è unito per l'eternità all'essere intelligente ed immortale dell'uomo per formare un essere unico ed una sola persona con due nature."

È chiaro che la pretesa spiegazione non è che una parafrasi del problema stesso e non aiuta per giungere alla soluzione. Ciò nonostante le definizioni degli animali, degli uomini e di Gesù Cristo come esseri dotati di natura binaria, ternaria e quaternaria, hanno un certo valore teorico. Ma se lo spirito umano è tutto ciò ed è grazie a questo che può essere considerato a somiglianza di Dio, si sarebbe tentati di considerare il suo spirito una scintilla divina. Ed allora in che cosa sarebbe diversa questa scintilla dal quarto principio posseduto dal Cristo? Sembrerebbe difficile affermare che vi sono differenze qualitative, presentandosi il terzo ed il quarto principio come identici nella loro vera natura.

Sulla base della composizione ternaria dell'umanità di Gesù Cristo, Willermoz distingue le tre tentazioni: "Bisogna accuratamente notare i tre differenti tipi di attacco che il demonio lancia con astuzia contro le tre parti che costituiscono l'uomo fisico:

 

l. egli attacca Gesù nella sua forma corporea, relativamente alle sue necessità, dicendogli: se tu sei il figlio di Dio, comanda che queste pietre si trasformino in pane;

 

2. dopo questo inutile tentativo, egli lo attacca nella sua esistenza passiva animale e corporea, dicendogli, sulla sommità di una montagna: se tu sei il figlio di Dio, gettati in basso, non ne riceverai alcun danno;

 

3. dopo questo secondo attacco, nel quale viene respinto come nel primo, egli porta il terzo e più importante attacco all'essere spirituale di Gesù dicendogli: se, prosternandoti davanti a me, mi adorerai, ti darò tutti i regni del mondo che vedi e che mi appartengono.

 

La distinzione fatta da Willermoz, così netta in apparenza, tra l'uomo comune e Gesù Cristo, è messa in discussione quando inizia la dissertazione sul quarto principio di questi: è per mezzo di questo principio divino che egli opera tanti miracoli. Sembra chiarissimo ma ciò che segue ce lo rende oscuro.

"Dobbiamo far rimarcare che, operando tanti fatti prodigiosi che dobbiamo attribuire essenzialmente alla divinità che risiede in lui, vuole istruire i suoi discepoli sulla grande potenza innata nell'uomo riconciliato, per mezzo della quale questi può operare fatti prodigiosi, quando è unito a Dio per mezzo di una fede viva."

Dunque, ogni uomo ha in sé una particella del quarto principio divino.

Il resto del Trattato è una parafrasi dei racconti che riguardano la Cena, il giudizio di Pilato e la dolorosa veglia di Gesù nel giardino del Getsemani. Egli termina con poche parole sul simbolismo della croce che, con i suoi quattro bracci, ci ricorda le quattro regioni celesti.

 


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