La Formula Morte e Resurrezione ▪ La morte uccisa dalla vita |
Rivoluzione copernicana: La Morte uccisa dalla Vita L’impossibilità di negare l’evento morte come fatto universale deve condurci a considerare questo cambiamento interpretativo a livello puramente formale, di superficie, e non come negazione del fatto in sé. Abbiamo gettato uno sguardo sulle conseguenze derivate dal mutato approccio che ha visto il prevalere del terrore come strumento di controllo nelle mani dell’autorità. Ma per intendere pienamente il cambiamento tra il vecchio e il nuovo eone, almeno per ciò che concerne la nostra formula, dovremo cercare nel vecchio eone stesso, poiché la natura non fa salti, quindi i presupposti per la nuova visione thelemica devono necessariamente trovare la loro collocazione nel trascorso eone di Osiride. La coscienza dell’uomo, negli ultimi cinquecento anni, è protagonista di un graduale processo di intellettualizzazione (si tenga presente che l’eone di Osiride è segnato dall’elemento ARIA, simbolo del pensiero e del potere analitico dell’intelletto) che, supportato dai sempre crescenti sviluppi tecnologici e scientifici, ha poco a poco ridotto la dipendenza dell’uomo dall’ambiente circostante. L’estensione del potere d’influenza sul regno naturale ha contribuito a diminuire fortemente i timori e le paure verso una natura sempre meno ostile e ha elevato l’uomo al rango di dominatore. La filosofia Scolastica, che faceva dipendere l’uomo a Dio, viene lentamente soppiantata da un ritorno alla visione dell’epoca classica, in cui l’uomo era il centro dell’interesse speculativo e delle ricerche. La nascita di correnti di pensiero quali l’Illuminismo, il Positivismo, il Criticismo, il Realismo ecc., testimoniano il recupero di una piena fiducia nei propri mezzi e si pongono in aperta antitesi con il frustrante e mutilante "riduzionismo" dogmatico esercitato dall’autorità religiosa (peraltro sempre meno influente sul panorama politico). Lo stile di vita imperante nel medioevo non è più compatibile con i pruriti di libertà che solleticano l’animo umano, non è più conciliabile con le esigenze che stimolano il nuovo modo di condurre ricerche ed indagini, scevro finalmente dalla superstizione e dal peso opprimente della inviolabilità del dogma. L’uomo tende a liberare se stesso dagli apparati paralizzanti del vecchio eone. Il primo inesorabile colpo inferto alle fondamenta della prigione in cui giaceva abbandonato lo spirito libero dell’uomo, però, ha origine ancor prima, in pieno Rinascimento… un periodo florido sotto ogni punto di vista e sul quale ogni thelemita dovrebbe concentrare maggiori attenzioni. L’evento che anticiperà la rivoluzione thelemica (e non fu il solo, un altro nome su tutti: Rabelais) e che riveste importanza vitale per il rovesciamento interpretativo provocato dall’avvento del nuovo eone, è la RIVOLUZIONE COPERNICANA. L’osservazione sperimentale di Copernico dichiara che quella del sole al tramonto è una morte apparente e la sua rinascita all’alba è altrettanto illusoria, un difetto dovuto alla nostra particolare posizione. Con la teoria eliocentrica comprendiamo che in realtà siamo noi sulla terra a ruotare, mentre il sole continua a brillare, glorioso e costante, maestoso e radiante, senza conoscere notte alcuna. Certamente, negli effetti continueremo a vedere il sole sorgere e tramontare, ma questo fenomeno è ora conosciuto e vissuto come mera apparenza, illusione, dovuta al nostro punto d’osservazione. Ugualmente avverrà nella considerazione della morte, che negli effetti continua a sussistere, ma la cui sorte è simile a quella della vecchia teoria geocentrica. Questo punto cardine nella storia delle nostre conoscenze rispecchia perfettamente, non solo metaforicamente, il cambio di prospettiva adottato nel nuovo eone e può esser assunto ad emblema della coscienza del nuovo tempo. Fu quindi l’eone di Osiride a partorire i suoi stessi becchini, sotto forma di scienziati e filosofi, forieri del verbo di libertà, che corrosero con le armi della critica e dell’innovazione le rigide fondamenta e le polverose strutture dell’edificio del dogma, contribuendo a fugare le ombre del timore su cui quei pochi potenti costruirono le loro fortune alle spalle dei molti poveri. É perciò un’inversione di prospettiva che rovescia il punto di vista di partenza. L’attenzione si volge agli aspetti luminosi dell’esistenza, favorita dall’incalzare del progresso, e il dolore della morte cede il passo all’ottimismo della vita. Ci si colloca ora in una posizione che trasferisce il contenuto positivo dell’esistenza in ogni singolo movimento del suo corso; ogni atto o evento è colto sempre nella stessa luce, quella della consapevolezza che non vi è mai un termine definitivo al fluire della vita. Il dolore, la sofferenza e la paura stessa NON sono parte integrante della vita, ne sono al massimo dei temporanei rivestimenti, delle ombre passeggere incapaci di inserirsi nel suo tessuto costitutivo. La morte in quanto evento così viene a riassorbirsi nello sfondo da cui venne fatta emergere, riportata alla sua dimensione più naturale e per nulla spaventevole. Essa cessa di esser considerata isolatamente, come elemento di spicco posto in massima evidenza, e viene reintegrata nel nucleo vitale del processo. Riconsegnata alla vita, sua legittima proprietaria, la morte smette i panni neri del terrore con cui l’abbiamo vestita, per reinserirsi nel contesto e rendersi indistinguibile rispetto a qualunque altra fase o tappa del cammino evolutivo. Il fatto di morire non è perciò negato, respinto o allontanato, ma al contrario è assimilato, compreso, interiorizzato… quindi superato. La morte è affogata nella vita. Come si può capire facilmente, con ciò decadono anche i presupposti dell’opposizione tra spirito e materia, o tra vita e morte. Questo rapporto conflittuale, questa visione dualistica, aveva recitato una parte da protagonista nel vecchio eone, come abbiamo visto in precedenza. Era uno dei fondamenti cardine del diffondersi della cultura autorepressiva con cui soggiogare il volgo. Ora quindi la vita nella materia diventa un’ulteriore possibilità operativa per lo Spirito: il suo nuovo Regno, e non più la sua prigione. E così alla morte, ridotta ormai alla stregua di qualsiasi altro momento del processo - vita, è revocato persino il diritto di suscitare qualche timore. Essa non è più, formalmente, ciò che era, cambia vestito e carattere, contraddice il suo antico modo di presentarsi. C’è, esiste, ma è assoggettata alla Vita che la possiede interamente e ne dispone quando vuole, usandola come mezzo per trasferire il proprio contenuto in un altro piano d’esistenza. Il passaggio tra le due differenti interpretazioni o approcci è estremo, da un opposto ad un altro, senza compromessi: dal negativo cioè privativo, al positivo cioè continuativo. Se la morte non è affatto perdita, interruzione o termine, allora non può che essere possibilità aperta, libertà, continuità, e non può più incutere paura, se mai può procurare gioia… La formula osiridea non ha però perso il suo valore, poiché il cambiamento d’interpretazione e di approccio avviene a livello puramente essenziale, e non tange i contenuti materiali dell’esistenza. Esattamente come accadde dopo la rivoluzione copernicana, quando pur non cambiando nulla negli EFFETTI, cambiò tutto nella SOSTANZA. L’iniziazione alla formula morte – resurrezione resta pertanto necessaria e propedeutica all’acquisizione del nuovo punto di vista. Si deve pertanto penetrare e soffrire sulla pelle quella formula per poterla superare e assumere la nuova concezione. Il motivo che rende ancora efficace e valida la formula del Dio Ucciso è quello quindi di poterla soppiantare vivendola, crocevia imprescindibile per il superamento e l’abbattimento delle barriere pregiudiziali e dei limitanti tabù ereditati culturalmente. La comprensione mediante esperienza diretta di tale formula scalza e delegittima i presupposti su cui essa stessa si fondava e reggeva. La formula del Dio Morente è un passaggio necessario, sebbene illusorio (anzi proprio in quanto illusorio) per poter realizzare la sintesi (madre + padre = figlio) tipica dell’iniziazione al nuovo Eone. Il mirino si è ora spostato: dalla nera paura della perdita alla luminosa possibilità della conquista! |
Musica: "Pod'enfermos guarir" Cantiga de Santa Maria Secolo XIII |