"Capitolo II°"

 

 

 

Enkidu presso i pastori (1-53)

 

 

Enkidu era sdraiato accanto a lei,
(mentre) facevano l'amore;
e così Enkidu dimenticò il luogo dov'era nato.
Per sei giorni e sette notti Enkidu giacque

1

 

con Shamkat e la possedette.

La prostituta allora a lui
parlò, a Enkidu:
"Enkidu, tu sei divenuto buono, sei diventato simile a un dio.
Perché vuoi scorrazzare ancora nella steppa con le bestie selvagge?

5

 

Vieni! Lasciati condurre ad Uruk, all'ovile,
alla pura Casa, l'abitazione di An ed Ishtar,
dove Gilgamesh primeggia in forza:
e, simile a un toro selvaggio, è più potente di ogni
essere umano:
[ ]"

10

 

Prese consiglio con se stesso [ ];
con grande convinzione accolse le sue parole;
egli sarebbe andato alla ricerca di un amico, di uno che
lo potesse capire.
Il consiglio di Shamkat penetrò nel suo cuore.
Essa si tolse una veste e lo ricoprì,

20

 

con una seconda veste ella si ricoprì.
Ella lo prende per mano e lo guida come fanno gli dei.
Alla capanna dei pastori, il posto dove c'era l'ovile,
i pastori si accalcano attorno a lui.
 
Essi discutevano fra di loro dicendo:

11

 

"Il giovane ha fattezze simili a quelle di Gilgamesh
la sua forma è eccelsa, la sua struttura è forte.
Non è forse Enkidu, colui che è nato dalla montagna?
Come il firmamento di An la sua forza è incontrastata".
 
Pane posero davanti a lui,

30

 

liquore posero davanti a lui,
ma Enkidu non mangiò il pane, egli aguzzò gli occhi
e guardò attentamente,
Enkidu non sapeva mangiare pane,
bere liquori egli non sapeva.
 
La prostituta aprì la sua bocca e parlò a Enkidu:

35

 

"Mangia il pane, o Enkidu! Esso è adatto alla divinità
Bevi il liquore, esso è adatto alla regalità".
Enkidu mangiò il pane finché non fu sazio.

40

 

Mancanza nel testo di 6 righe: dopo avere mangiato e bevuto Enkidu si sente allegro; si lava e si veste diventando simile a un uomo e a uno sposo. Egli decide quindi di venire in aiuto dei pastori nel tenere lontani dal gregge gli animali selvaggi.

 

 

 

Egli prese in trappola i lupi, catturò i leoni,
sicché i grandi bovari poterono dormire in pace:
egli, Enkidu, era il loro guardiano: "Uomo vigoroso,
prode unico, tu meriti di stare in casa!".

50

 

Un giovane uomo di Uruk sconvolge Enkidu (54-78)

 

Mancanza nel testo di 23 righe. Shamkhat ed Enkidu si imbattono in un giovane uomo di Uruk, che racconta le leggi vigenti in città soprattutto in materia matrimoniale, per cui a Gilgamesh compete lo ius primae noctis. Una ricostruzione del passo ci è fornito sulla base del poema paleobabilonese (tavoletta di Pennsylvania) e dell'epopea ittita.

 

 

Il giovane uomo aprì la bocca, parlò e disse a Enkidu
"Mi hanno chiamato alla casa dello sposalizio.
Spetta al popolo scegliere la sposa.
Riempirò piatti deliziosi per la tavola del rito
nella casa del suocero.
Per  Gilgamesh re di Uruk-l'ovile
è aperto il passaggio del popolo [l'uscio di casa]
Quando uno prende moglie
è destino che Gilgamesh la possieda.
Lui prima, poi il marito.
Così è stabilito per decisione divina".

 

Inutile dire che questa notizia manda Enkidu su tutte le furie. Enkidu con Shamkhat si precipita a Uruk ad affrontare Gilgamesh in procinto di varcare "l'uscio del popolo".

 

Nascita di una imperitura amicizia (79-94)

 

 

Egli stava là, in mezzo alla strada di Uruk, l'ovile,

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sfoggiando la sua forza
egli sbarrava la via a Gilgamesh;
mentre ad Uruk la gente accorreva da lui;
i cittadini di Uruk si assembrarono attorno a lui;
gli uomini si ammassarono presso di lui;

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gli uomini si accalcarono attorno a lui.
Essi baciarono i suoi piedi come bambini.
 
Subito dopo il giovane, le cui forme sono perfette,
- quando per Ishkhara un letto per la notte fu approntato
per Gilgamesh, un rivale simile a un dio fu posto -,

85

 

Enkidu bloccava con il suo piede l'accesso alla porta
della casa del padre della sposa;
egli non permetteva a Gilgamesh di entrare:
essi allora si affrontarono davanti alla porta della casa
del padre della sposa;
si rotolarono nella strada, il Paese tutto fu scosso.
Gli stipiti si frantumarono, le mura tremarono.

90

 

Mancanza nel testo di 37 righe: La furibonda lotta tra i due eroi si conclude con la vittoria di Enkidu che però riconosce la superiorità di Gilgamesh: ne nasce una grande amicizia. Gilgamesh decide di far adottare Enkidu da sua madre Ninsun.

 

 

Il rifiuto della madre Ninsun (132-155)

 

 

"Egli è potente nella montagna, egli possiede la forza.
La sua forza è così grande come il firmamento di An.

 

 

La saggia madre di Gilgamesh che conosce ogni cosa
comprese;
così parlò a suo figlio;
La saggia Rimat-Ninsun che conosce ogni cosa,
comprese; così parlò a Gilgamesh:
 
"Figlio mio [ ]
amaramente [ ]

135

 

[ ]"
Egli prese [ ]
egli lo condusse alla sua porta [ ]
egli (= Gilgamesh) piangeva amaramente:
"Enkidu non ha né padre né madre,

140

 

i suoi capelli cadono sciolti,
egli è nato nella steppa e chi può batterlo?".
 
Enkidu stava con lui, ascoltava ciò che egli diceva,
fu preso da paura e si sedette per terra.
I suoi occhi si riempirono di lacrime,

145

 

le sue braccia si abbassarono, la sua forza diminuì;
allora essi si abbracciarono l'un l'altro e si strinsero le mani [ ]

150

 

Mancanza nel testo di 31 righe: Gilgamesh per rincuorare l'amico gli propone di recarsi nella Foresta dei Cedri per uccidere il mostro Khubaba; Enkidu però lo mette in guardia dai pericoli di una tale impresa.

 

 

Il mostro che incute paura (184-195)

 

 

"Per proteggere la Foresta dei Cedri,

 

 

per incutere timore agli uomini, lo ha destinato Enlil.
Khubaba, il cui grido è il diluvio,
il cui soffio è fuoco, il cui respiro è morte,
può udire a una distanza di sessanta leghe attraverso
gli alberi della Foresta:
chi può dunque addentrarsi nella sua Foresta?

185

 

Per proteggere la Foresta dei Cedri,
per incutere timore agli uomini, lo ha destinato Enlil.
e una spossatezza fisica si impadronisce di chi osa penetrare
nella sua Foresta"
Gilgamesh parlò a lui, ad Enkidu,
al suo amico rivolse la parola:

190

 

"Amico mio! Chi dei mortali può salire al cielo?"

195

 

Mancanza nel testo di 19 righe: Gilgamesh fornisce la motivazione che lo spinge a recarsi nella foresta dei cedri: il desiderio cioè di acquisire quella fama che lo renderà immortale.Il discorso di Gilgamesh, integrato da recenti ritrovamenti, così prosegue:

 

 

 

Perché, amico mio, ti lamenti miserevolmente,
la tua bocca è abbandonata e ti lasci andare?
L'umanità conta i suoi giorni
e qualunque cosa faccia è vento!

Vieni, amico mio! [...]
alle fornaci, davanti a noi si ammucchino le asce!

 

 

La fama di gloria è sottolineata dal poema paleobabilonese (tavoletta di Yale) che, in questo passo, recita:

 

 

 

Io taglierò i cedri e mi farò un nome eterno!
Se io cadrò, (almeno) mi sarò fatto un nome.

 

 

Le argomentazioni sembrano convincenti, tanto che, quando il testo riprende, gli artigiani sono già all'opera.

 

 

 

Gli artigiani sedettero e rifletterono sul da farsi;
Essi forgiarono una grande ascia bipenne,
un'ascia-pashu dal peso di un talento di bronzo forgiarono,
le loro spade ciascuna dal peso di un talento forgiarono,
le loro guaine pesano ciascuna un talento.

215

 

hepi eshshu (=rottura recente)

220

 

Quest'ultimo verso è stato aggiunto dallo stesso scriba assiro che diligentemente ricopiava il testo, evidentemente la tavoletta risultava in questo punto rotta!

 

 

Giovani e anziani di Uruk intervengono (221-113)

 

 

"Ascoltatemi, giovani uomini che avete combattuto con me
per cinque anni! (disse Gilgamesh)
Giovani uomini di Uruk che conoscete il vostro capo!
Io sono inflessibile: prenderò la via per il paese lontano
dove vive Khubaba.
Voglio ingaggiare una lotta dall'esito incerto, voglio percorrere
una via sconosciuta.

 

 

Datemi la vostra benedizione poiché ho deciso
di intraprendere questa impresa,
sicché io possa in futuro nuovamente entrare attraverso
la grande porta di Uruk,
e nuovamente celebrare la festa del Nuovo Anno in anni a
venire,
e prendere parte alla festa del Nuovo anno in anni futuri.
Sia celebrata la festa del Nuovo Anno, che la gioia vi regni,

211

 

possano le grida-illuru circondarvi".

Enkidu si rivolse allora agli anziani per avere consiglio:
"I giovani uomini di Uruk sono d'accordo con Gilgamesh,
ditegli di non andare alla Foresta dei Cedri,
quel viaggio non deve essere intrapreso! Un uomo non
può sopravvivere!

230

 

Il guardiano della Foresta dei Cedri è Khubaba
il selvaggio.
Chi può affrontarlo al di fuori degli Igigi?
 
Per proteggere la Foresta dei Cedri,
per incutere timore agli uomini, lo ha destinato Enlil.
Khubaba, il cui grido è il diluvio,

235

 

il cui soffio è fuoco, il cui respiro è morte,
può udire a una distanza di sessanta leghe attraverso
gli alberi della Foresta:
chi può dunque addentrarsi nella sua Foresta?".
 
I grandi consiglieri di Uruk si alzarono
ed espressero la loro opinione a Gilgamesh:

240

 

"Tu sei ancora giovane, Gilgamesh, il tuo cuore
è impetuoso,
non sai quello a cui tu vai incontro, sei ancora imberbe!
Khubaba, il cui grido è il diluvio,
il cui soffio è fuoco, il cui respiro è morte,
può udire a una distanza di sessanta leghe attraverso
gli alberi della Foresta:

245

 

chi può dunque addentrarsi nella sua Foresta?
 
Khubaba, il cui grido è il diluvio,
chi può affrontarlo al di fuori degli Igigi?
Per proteggere la Foresta dei Cedri, e incutere timore
all'umanità, lo ha destinato Enlil".

110

 

Il consenso degli anziani (114-...)

 

 

Gilgamesh udì il discorso dei grandi consiglieri;

 

 

egli guardò e rise rivolgendosi al suo amico:

115

 

Mancanza nel testo di 33 righe: L'eroe non si abbatte per il giudizio negativo degli anziani e decide di chiedere l'oracolo del dio Sole. Questi, seppur malvolentieri, garantisce il suo appoggio per cui anche gli anziani augurano successo al loro re.