La leggendaria spedizione dei Mille, condotta da Giuseppe Garibaldi e caldeggiata da Vittorio Emanuele II, che ebbe il suo prologo a Quarto, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, il momento più eroico nella liberazione di Palermo e il suo epilogo nello storico incontro di Teano, aprì la fase democratica dell’unificazione. Il 20 agosto Garibaldi, proveniente dalla Sicilia, sbarcò sulle coste calabre, provocando l’insurrezione delle popolazioni del Mezzogiorno. Di lì la marcia proseguì su Napoli, riuscendo a suscitare l’adesione entusiastica dei partenopei. Vittorio Emanuele II, più che non Cavour, appoggiava l’eroe dei due mondi e l’autore della vignetta, ben l’aveva capito. Roma era la meta ultima. Ma il successo di Garibaldi stimolò Cavour a intervenire nelle Marche e in Umbria. Spiaceva infatti allo statista piemontese che l’Unità si compisse sotto l’egida repubblicana dei garibaldini. La monarchia non poteva perdere di prestigio e da qui la sua decisione. La vittoria delle camicie rosse e delle forze regie portò, dopo l’incontro di Teano del 26 ottobre, alla deposizione della dittatura fatta da Garibaldi nelle mani del re. I Savoia riprendevano in mano la situazione. Il sogno di Garibaldi di concludere la sua missione si interrompeva, ma egli non disperava di poterlo fare in un futuro assai prossimo. "L’Arlecchino", Firenze, 22 agosto 1860
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