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Il 1944 si apriva, per l’Italia, con prospettive confuse e alquanto cupe: la guerra perduta; il Paese diviso tra i rigurgiti del fascismo e la volontà delle forze democratiche di concludere il conflitto nella maniera più dignitosa possibile; le audaci iniziative della Resistenza e gli orrori perpetrati dalle truppe naziste rimaste nella penisola; l’economia in stato di bancarotta.
L’opinione pubblica, fiaccata da anni di guerra e di bugie, anelava soprattutto al ristabilimento di una condizione serena, o almeno di un’atmosfera in cui fosse possibile vivere senza traumi. Di queste aspirazioni si fece portavoce, tra gli altri, il rinato "Pasquino", con una serie di vignette che interpretavano uno spaccato di storia dalla parte della gente comune, con le sue angosce quotidiane e i suoi problemi concreti.
In questa vignetta di Capodanno, per esempio, è quanto mai esplicito l’auspicio che un anno così funesto trascorra in fretta e si possa presto tornare alle attività della pace.
Mentre ancora la guerra imperversava, l’Italietta di sempre si preparava alla ricostruzione.


"Pasquino", 1° gennaio 1944