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Un’altra vignetta di Leporini dedicata all’atteggiamento - presuntuoso e del tutto ingiustificato - di Mussolini durante la breve esperienza della Repubblica sociale.
Dopo aver condotto l’Italia allo sfacelo, coinvolgendola in una guerra che si era rivelata un cumulo di errori da parte del duce, egli si riproponeva agii Italiani come l’unico possibile salvatore della patria, incurante dei macabri riflessi suscitati dai suoi discorsi e dalle sue enunciazioni.
Oltretutto, la Repubblica sociale era ben misera cosa rispetto all’entità dei drammi che attanagliavano il Paese: i suoi vari ministeri erano disseminati tra Venezia, Padova, Verona, Salò e altre cittadine del Garda; le ultime personalità che assecondavano ancora Mussolini erano quelle, ormai fuori tempo, di Farinacci, Gentile e Graziani; il comando effettivo della situazione nell’Italia del Nord era saldamente nelle mani dei Tedeschi.
Pur non volendolo ammettere, Mussolini aveva abdicato definitivamente a ogni possibilità di incidere sulla realtà e sul corso della storia.
Ma la sua figura di retore demagogico riuscì ancora a far presa su un certo numero di Italiani, che non esitarono a ingaggiare in suo nome una guerra civile umiliante per tutto il Paese.


Vignetta di Leporini (1943), dal volume “Vent’anni di Fascismo visti da Leporini”.