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La Gran Bretagna, la 'perfida Albione' di tanti discorsi mussoliniani, fu negli anni immediatamente precedenti alla guerra l'obiettivo prediletto dalla propaganda fascista, che non perdeva occasione per censurarne l'ostilità ai piani espansionistici del duce.
La rivalità, dapprima larvata, esplose soprattutto nel 1935 ed ebbe come occasione le mire italiane sull'Etiopia.
Dopo aver riaffermato il protettorato italiano sull'Abissinia, infatti, Mussolini non celò l'intenzione di occuparla militarmente, estendendo il proprio controllo a tutta l'Etiopia.
La Gran Bretagna, per bocca del ministro Antony Eden, si manifestò apertamente contraria a questo orientamento politico, che avrebbe squilibrato i difficili rapporti di forza europei e intaccato gli interessi inglesi nel Golfo Persico.
Vari tentativi di mediazione furono effettuati per risolvere la questione sul piano diplomatico, ma si scontrarono con due difficoltà insormontabili: da un Iato, l'opposizione dell'opinione pubblica inglese a qualsiasi compromesso con l'imperialismo italiano; dall'altro, la volontà di Mussolini di dimostrare, in un quadrante circoscritto di operazioni, la forza militare del suo Paese.
Infine, nell'ottobre 1935 il duce diede il via alle operazioni militari in Etiopia, contando soprattutto su una soluzione di non intervento che, nonostante tutto, la Gran Bretagna avrebbe dovuto adottare. Tra le ripercussioni internazionali dell'iniziativa italiana figurò anche una condanna ufficiale da parte della Società delle Nazioni: per questo "Milizia fascista", uno dei più agguerriti organi di stampa del regime, tentò di ridicolizzarne la funzione, denunciandola come pedissequa esecutrice della volontà del governo britannico.


"Milizia fascista", 5 aprile 1936