Nel giugno 1924 i parlamentari dell'opposizione, trovandosi di fronte a una maggioranza proterva come quella fascista, decisero di abbandonare la Camera in segno di protesta per l'uccisione di Giacomo Matteotti. Deputato socialista dell'ala riformista, Matteotti aveva accusato più volte in Parlamento Mussolini di incoerenza politica, di uso esplicito e illegale della violenza, di voler imporre al Paese un regime dittatoriale. Per tutta risposta, pochi giorni dopo la più incisiva delle sue requisitorie parlamentari (30 maggio 1924) fu ucciso dalla banda dei fascisti capeggiata da Dumini. Di fronte a questo ulteriore atto di intollerabile prevaricazione, i partiti democratici decisero di abbandonare il Parlamento, dando vita alla cosiddetta secessione dell'Aventino, così denominata in ricordo della secessione della plebe nell'antica Roma. A capo di questa opposizione si pose Giovanni Amendola, che personalmente aveva già subito violenze fisiche da parte dei fascisti e la cui autorità morale era un punto di riferimento per tutto l'antifascismo. Purtroppo la sua scelta non fu condivisa da alcuni strati dell'opposizione (da Giolitti, per esempio), che ancora non interpretavano il fascismo come forza violentemente autoritaria. Così, mentre Mussolini riprendeva quota dopo una breve fase di difficoltà, alcuni giornali della borghesia conservatrice aprirono con " Mondo" di Amendola una serrata polemica sull'inutilità dell'Aventino. disegnatore Galantara ce descrive come meretrici che tentano di adescare gli ultimi onesti esponenti di un Parlamento ormai sfasciato, gli ultimi baluardi delle libertà democratiche. La secessione aventiniana fallì. Nel luglio 1925 Amendola fu aggredito e ferito a morte da fascisti. "Becco Giallo", 8 marzo 1925
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