Scontratosi con la violenta opposizione parlamentare sulle convenzioni marittime e sulle altre iniziative di legge, Giolitti sciolse il suo gabinetto rassegnando le dimissioni il 2 dicembre 1909. Nove giorni più tardi entrava in carica il nuovo governo, presieduto da Sonnino e composto esclusivamente da rappresentanti del centro e della destra. A un atteggiamento marcatamente conservatore il nuovo presidente del Consiglio aggiunse un programma politico dalle linee estremamente ambiziose, tale da non potersi reggere sull’esigua maggioranza di cui disponeva. Oltretutto, la fiducia al nuovo governo non solo non veniva da uno schieramento compatto e qualificato, ma non poteva fare a meno dell’utilitaristico appoggio, benché non dichiarato esplicitamente, dei giolittiani, il cui interesse principale era di guadagnare tempo in vista della nuova candidatura del loro leader. Nei poco più di tre mesi del gabinetto Sonnino, infatti, si ebbe la netta impressione che a reggere le sorti politiche del Paese fosse sempre Giolitti, che dal suo volontario esilio continuava a tessere le trame più importanti dell’attività di governo. In questa situazione, la figura di Sonnino apparve come quella di un burattino abilmente manovrato e privo di reale autonomia, quasi una sbiadita controfigura del suo spregiudicato predecessore, tanto che, quando il potente statista piemontese ritenne giunto il momento opportuno, Sonnino cadde a sua volta sulla questione delle convenzioni marittime. "L’Asino", 9 gennaio 1910
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