Nonostante la politica di moderate riforme sociali di Giolitti, i contrasti tra i lavoratori e il mondo imprenditoriale non accennavano a mitigarsi, giungendo anzi spesso a violente contrapposizioni frontali. Il sindacalismo faceva enormi passi avanti nel controllo delle masse salariate e sempre più il suo peso si faceva determinante nelle controversie sull’organizzazione del lavoro e la distribuzione dei redditi: la Confederazione del lavoro contava già oltre 300 000 iscritti, dei quali circa 130 000 lavoratori agricoli. Furono questi che il 30 aprile 1908 diedero vita a uno sciopero memorabile, indetto su scala provinciale dal segretario della Camera del lavoro di Parma, De Ambris, ben presto assurto a simbolo del sindacalismo a oltranza. In seguito alla violazione di un accordo da parte dell’Associazione agraria, che radunava i proprietari terrieri, la totalità dei braccianti del Parmense incrociò le braccia, provocando la paralisi di ogni attività agricola. Gli scioperanti, aiutati da CGL e PSI, prolungarono a oltranza l’astensione dal lavoro, tanto che i proprietari furono costretti ad assoldare a caro prezzo dei crumiri e a sollecitare l’intervento della forza pubblica per proteggere le loro attività. Dapprima improntato a neutralità e a semplice garanzia dell’ordine pubblico, in seguito l’atteggiamento del governo passò ad attiva repressione, tanto che si procedette ad arresti in massa e il De Ambris fu costretto a riparare all’estero. In questa complessa situazione le forze dell’ordine si trovarono ad affrontare un compito d’eccezione: da ossequiosa guardia del corpo di nobildonne e ministri si trasformarono in guardiani di mandrie. "L’uomo di pietra", 9 maggio 1908
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