Nonostante le autorità ecclesiastiche sottolineassero continuamente l’indisponibilità della Chiesa a prender parte alla vita politica attiva dello Stato italiano, il mondo cattolico acquistava di giorno in giorno sempre maggior peso nella società civile con tentativi elettorali di liste di ispirazione cristiana, ma soprattutto attraverso le numerose società filantropiche, i circoli, le associazioni, i giornali, gli istituti di credito (noti come banche bianche). D’altronde sarebbe stato impensabile credere che un’istituzione potente e ramificata come la Chiesa, che poteva contare sulla fiducia incondizionata di enormi strati di popolazione, rinunciasse a esercitare la benché minima pressione sulle cose italiane. Così, se da un lato Leone XIII nel 1895 ribadiva a un cardinale che «quanto il concorso dei cattolici alle elezioni amministrative è lodevole e più che mai da promuoversi, altrettanto è da evitare nelle politiche siccome non espediente per ragioni di ordine altissimo», d’altro canto lo stesso papa con un’enciclica elevava formale protesta tre anni più tardi contro la repressione che aveva colpito organizzazioni e giornali cattolici. Sintomi, sia l’intervento repressivo del governo sia la violenta protesta papale, della chiara consapevolezza della funzione schiettamente politica che essi esercitavano. Di questo stato di cose è una testimonianza eloquente anche la copertina di un numero dell’ "Asino", che non fece mai mistero del proprio viscerale anticlericalismo. Senza mezzi termini, paragona i deputati a marionette abilmente manovrate da un gesuita, configurando l’esistenza di fatto di un partito che alle gerarchie ecclesiastiche, più che a qualsiasi enunciazione ideologica, faceva riferimento. "L’Asino", 15 gennaio 1899
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