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Il 29 giugno 1898 fu nominato presidente del Consiglio Luigi Pelloux, il generale che il 20 settembre 1870 era al comando dell’artiglieria che aveva aperto la breccia di Porta Pia. L’uomo della situazione sembrava assommare in sé i pregi dell’uomo d’armi e del politico di grande esperienza dato che poteva vantare un’assiduità parlamentare quasi ventennale oltre ad aver ricoperto per tre volte la carica di ministro della Guerra.
Si trattava dunque di una figura di prestigio, tutt’altro che reazionaria - come aveva dimostrato nel ristabilire l’ordine in Puglia senza far ricorso allo stato d’assedio - e il suo programma fu subito improntato allo spirito di pacificazione. Governare l’Italia del 1898 era impresa ardua sia per le conseguenze dei moti popolari, delle repressioni illiberali, degli animi sovreccitati o spaventati, sia per la stessa contrapposizione degli schieramenti politici sintetizzati dalla vignetta del "Pasquino" secondo la quale Pelloux non solo doveva reggere l’ingombrante portafoglio dell’Interno, ma anche ricostituire una difficile maggioranza parlamentare. Tuttavia il 1898 si chiuse bene. Furono revocati gli stati d’assedio, concessi indulti ai prigionieri politici, riammesse le associazioni, tolta la censura sulla stampa. Il vecchio generale se la cavò assai brillantemente fino all’atto delle scelte di fondo e fu allora che avvenne il suo crollo ma siamo ormai nel 1899 e in quell’anno i caricaturisti politici mireranno al bersaglio con ben altro impeto.


"Pasquino", 10 luglio 1898