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La vignetta del "Pasquino", di intonazione palesemente anticlericale, pone l’accento su una delle questioni più spinose della politica post unitaria: i rapporti tra Stato e Chiesa.
Sia i governi di destra sia quelli di sinistra, avvicendandosi al potere, non diedero mai l’impressione di un atteggiamento unitario e omogeneo, oscillando tra statalismo e separatismo, tra il corteggiamento aperto dei voti cattolici e i violenti attacchi alle istituzioni ecclesiastiche (Silvio Spaventa scrisse addirittura: «A tutti la libertà, fuorché al clero»).
Momentaneamente, tuttavia, nel mondo cattolico prevaleva l’atteggiamento astensionista propugnato dalla Chiesa, che era però in grado di esercitare ugualmente un notevole peso sulle vicende politiche grazie al controllo delle masse rurali analfabete, chiamate al voto con l’allargamento del suffragio del 1882.
Nel 1894, anno in cui fu messo fuori legge il Partito socialista, lo stesso Crispi tentò di vincere con mille lusinghe le remore dei cattolici, che considerava alleati ideali nel tentativo di ostacolare la massiccia avanzata delle sinistre: abbandonando le vecchie suggestioni unitarie (rappresentate nella vignetta dal bersagliere), nel settembre pronunciò a Napoli, nel corso di un discorso, la famosa frase: «Con Dio, col Re, per la Patria!», suscitando vivaci reazioni nella sinistra anticlericale, tra cui l’anonimo disegnatore del "Pasquino".
Contemporaneamente il capo del governo iniziò una sottile azione diplomatica nei confronti di vescovi e di cardinali, sollecitando addirittura aperte prese di posizione filo cattoliche da parte di intellettuali di grido come il filosofo Gaetano Negri e lo scrittore Carlo Dossi, esponente della scapigliatura milanese. In questa occasione sulle possibilità di accordo prevalsero ancora l’astensionismo e l’integralismo intransigente della Chiesa e dovranno passare alcuni anni prima che «la festa di Porta Pia si festeggi in tal modo! ».


"Pasquino", 23 settembre 1894