Il popolare gioco del dottore e dell’ammalata sembra essere una delle esemplificazioni costanti della vita politica. L’ammalata è la nazione, nel nostro caso l’Italia, assai malandata e bisognosa di cure drastiche. Il dottore, o i dottori, nell’esempio Crispi, Giolitti, Zanardelli, sono i responsabili del governo, ai quali è stata affidata dagli elettori la salute del Paese. Ma il "Pasquino" non ha dubbi di sorta. Ci vuol altro che il ministro taumaturgo capace di riparare gli errori dei predecessori. L’Italia è vittima del ‘parlamentarismo’, soffre cioè del cattivo funzionamento d’un istituto fondamentale come il Parlamento, avvilito da lotte intestine e da frizioni personali: tutte lacerazioni che avviliscono e condizionano negativamente l’andamento politico. Lo storico, più che il vignettista, pur sapendo che le dispute parlamentari, quando sottintendono gretti interessi personali, mettono in forse quelli più generali, può spiegare che le carenze istituzionali s’accompagnano, nel rapporto complesso di causa ed effetto, a motivi strutturali oltre che contingenti. Anzitutto l’esercizio finanziario 1893-1894 si chiudeva con un disavanzo di 174 milioni di lire correnti. Non era più materialmente possibile ricorrere ai debiti e nello stesso tempo anche la carta dell’austerità risultava inadeguata. L’ordine pubblico veniva perseguito con durezza: basta ricordare la grande repressione scatenata contro i Fasci e le organizzazioni dei lavoratori siciliani. Lo stato d’assedio, preteso dal governo, portò a quasi 2000 arresti e a una difesa dell’ordinamento politico e sociale vigente a dir poco da barricata dal momento in cui il ministero Crispi negava ogni diritto di vita al blocco socialista. Come ebbe a dire lo storico Manacorda: «... tutti i calcolati sforzi di Crispi per legare sistematicamente la restaurazione dell’ordine e la restaurazione finanziaria, la propria azione repressiva di ministro dell’Interno con quella riformatrice del suo giovane collega al Tesoro (Sonnino), come le due facce di una sola politica, non poterono impedire una lotta che non solo occupò per cinque mesi l’attività dei Parlamento, rivelando quanto debole fosse la forza di coesione della maggioranza non appena si usciva dal terreno dei provvedimenti per l’ordine pubblico e si passava alla parte costruttiva del programma di governo, ma destò nel Paese, e soprattutto nei centri più attivi della vita economica, forti correnti d’opposizione anticrispina». "Pasquino", 21 gennaio 1894
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