RESOCONTO DEGLI AVVENIMENTI ISTORICO-POLITICI AVVERATISI NEGLI ULTIMI DIECI ANNI (1880) Quanto segue è un documento che si trova nell'Appendice alla versione italiana dei: "Protocolli dei Savi Anziani di Sion", edita in Roma da "La Vita Italiana" nel 1921.
Ancora un documento del programma Giudaico Esiste una grande analogia tra i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion» e un documento che fu pubblicato nel Contemporain il 1° luglio 1886, da Sir John Readcliff col titolo: «Resoconto degli avvenimenti istorico-politici avveratisi negli ultimi dieci anni». Questo è un discorso-programma, tenuto a Praga nel 1880 dal rabbino Reichhorn alla solenne adunanza dei rabbini, denominata «Caleb», sulla tomba del gran rabbino Simeon-Ben-Ihuda. In questo discorso si vede, nel modo più patente, tracciata, in tutte le sue parti, l'«atroce guerra mossa dai Giudei ai popoli Cristiani». Crediamo di somma importanza il farlo conoscere o almeno il ridestarne la memoria ricordando che la publicazione di questo discorso costò la vita a J. Readcliff. I I nostri padri hanno legato agli eletti di Israele il dovere di riunirsi una volta ogni secolo attorno alla tomba del gran maestro "Caleb", santo rabbino, Simeon-Ben-Ihuda, la scienza del quale comunica agli eletti di ogni generazione il potere sopra tutta la terra e l'autorità sopra tutti i discendenti di Israele. Sono diciotto secoli da che dura la guerra di Israele con questa potenza che era stata promessa ad Abramo, ma che gli è stata rapita dalla Croce. Calpestato, umiliato da' suoi nemici, incessantemente minacciato di morte, di persecuzioni, di ratti, di violenze d'ogni genere, il popolo di Israele non è perito, e se è disperso sopra tutta la faccia della terra, si è perché tutta la terra gli deve appartenere. Da molti secoli i nostri sapienti lottano coraggiosamente con una perseveranza che nulla può frangere, contro della Croce. Il popolo nostro s'innalza grado per grado, e la potenza Sua ingigantisce ogni dì più. A noi appartiene quel Dio del giorno, che Aronne innalzò nel deserto, quel vitello d'oro, che è la divinità dell'epoca nostra. Allorché dunque ci saremo resi unici possessori di tutto l'oro della terra, la vera potenza passerà nelle mani nostre, ed allora si compiranno le promesse che sono state fatte ad Abramo. L'oro, la più grande potenza della terra; l'oro, che è la forza, la ricompensa, l'istrumento di ogni potenza; quel tutto, che l'uomo teme e desidera; questo è il solo mistero, la più profonda scienza, lo spirito che regge il mondo. Questo è l'avvenire. Diciotto secoli appartennero ai nostri nemici; il secolo presente ed i secoli da venire hanno da essere nostri; a noi popolo d'Israele devono appartenere, a noi apparterranno senza dubbio alcuno. È questa la decima volta lungo mille anni di lotta atroce ed incessante coi nostri nemici, che si riuniscono in questo cimitero, presso la tomba del nostro gran maestro "Caleb", santo rabbino Simeon-Ben-Ihuda, gli eletti di ogni generazione del popolo di Israele, per concertarsi sui mezzi di trar vantaggio per la causa nostra, de' grandi sbagli e dei gran falli che non cessano di commettere i nostri nemici, i cristiani. Ogni volta il nuovo sinedrio ha proclamata e predicata la lotta senza tregua contro di questi nemici; ma in nessuno de' precedenti secoli i nostri antenati erano riusciti a concentrare nelle mani nostre tanto oro e, per conseguenza, tanta potenza quanta ce ne legò il secolo decimonono. Possiamo dunque lusingarci, senza temerità, di raggiungere ben presto lo scopo nostro gittando uno sguardo sicuro sul nostro avvenire... Diamo infatti un'occhiata allo stato materiale dell'Europa ed analizziamo le forze che si sono procurate gli Israeliti dal principio del secolo presente colla sola concentrazione nelle mani loro degli immensi capitali de' quali dispongono in questo momento... A Parigi, a Londra, a Vienna, a Berlino, a Amsterdam, ad Amburgo, a Roma, a Napoli ecc... e presso tutti i Rothschild, dappertutto gli Israeliti sono padroni della situazione finanziaria, col possedere molti miliardi, senza tener conto che nelle località secondarie ed anche di terzo ordine, essi pure sono detentori dei fondi in circolazione e che dappertutto, senza dei figliuoli d'Israele e senza della loro immediata influenza, nessuna operazione finanziaria, nessun lavoro importante potrebbe essere eseguito. Al giorno d'oggi, tutti gli imperatori, re, principi regnanti sono oppressi da debiti, per tener in piedi eserciti numerosi e permanenti, necessarii a sostenere i loro troni barcollanti. La borsa regola quei debiti e noi siamo in gran parte padroni della Borsa su tutte le piazze. Convien dunque cercare di moltiplicare gli imprestiti per renderci i regolatori di tutti i valori, e per prendere - come garanzia dei capitali che noi forniamo ai vari paesi - le ferrovie, le miniere, le foreste, le grandi officine e fabbriche, come pure tutti gli immobili ed anche la percezione delle imposte. II L'agricoltura sarà sempre la grande ricchezza di ogni paese. Il possesso delle grandi proprietà terriere apporterà sempre in ogni epoca grandi onori e grande influenza ai loro titolari. Di qui segue che i nostri sforzi devono tendere a ciò, che i nostri fratelli in Israele facciano importanti acquisti terrieri. Noi dobbiamo dunque, per quanto sia possibile, secondare il frazionamento delle grandi proprietà, perchè ci si renda più facile e più pronto il farle nostre. Col pretesto di venire in aiuto alle classi lavoratrici convien far sopportare ai grandi proprietari di terre tutto il peso delle imposte. Quando poi quelle proprietà saranno giunte nelle mani nostre, il lavoro dei proletari cristiani diverrà per noi la sorgente di immense ricchezze. La Chiesa cristiana essendo uno dei nostri più pericolosi nemici, noi dobbiamo lavorare con perseveranza a diminuire l'influenza sua. Convien dunque lavorare con perseveranza ad imprimere nell'intelligenza di coloro i quali professano la religione cristiana, le idee di libero pensiero, di scetticismo, di scisma e provocare dispute religiose, così naturalmente feconde di divisioni e di sette nel cristianesimo. Logicamente conviene cominciare dal disprezzare i ministri di quella religione, dichiarando loro guerra aperta, provocando sospetti sulla loro divozione, sulla condotta loro privata; e col ridicolo e colla satira si distruggerà quel rispetto che va congiunto collo stato e coll'abito loro. Ogni guerra, ogni rivoluzione, ogni scotimento politico o religioso ravvicina il momento in cui raggiungeremo lo scopo al quale tendiamo. Il commercio e la speculazione, due rami fecondi di benefizi, non mai debbono uscire dalle mani israelite, ed anzitutto conviene accaparrare il Commercio dell'alcool, del burro, del pane e del vino, giacché con queste cose ci renderemo padroni assoluti di tutta l'agricoltura ed in generale di tutta l'economia rurale. Noi saremo i dispensatori delle granaglie a tutti; ma se sopravvengono malcontenti prodotti dalla miseria, ci sarà facile di rigettarne la responsabilità sopra dei governi. Tutti gli impieghi pubblici devono essere accessibili agli Israeliti, ed una volta che ne siamo divenuti titolari, noi sapremo coll'ossequiosità e colla perspicacia che sono nostre doti, penetrare fino alle prime sorgenti della vera influenza e del vero potere. Ben inteso che qui solo si tratta di quegli impieghi a' quali vanno congiunti onori, potenza e privilegi; giacché quanto a quelli che esigono sapere, fatica e pena, possono e debbono essere lasciati ai cristiani. La magistratura è per noi una istituzione di prima importanza. La carriera dei tribunali è quella che meglio svolge la civiltà e ci mette a parte più facilmente degli affari dei nostri nemici naturali, i cristiani; ed è per mezzo di essa che noi possiamo ridurli in poter nostro. E perché gli israeliti non diverrebbero ministri dell'istruzione pubblica, quando essi ottengono così di frequente il portafoglio delle finanze? Gli Israeliti debbono anche aspirare al grado di legislatori, col fine di lavorare alla abrogazione delle leggi fatte dai goims [Letteralmente infedeli. E' termine di spregio dato a' cristiani] contro i figliuoli di Israele, i veri fedeli, per la loro invariata fedeltà alle sante leggi di Abramo. Del resto, per ciò che riguarda questo punto, il nostro piano è vicino al più perfetto compimento, giacché il progresso ci ha quasi dappertutto riconosciuti e ci ha concesso gli stessi diritti cittadini dei cristiani, ma ciò che importa di ottenere, ciò che deve essere l'oggetto dei nostri incessanti sforzi, si è una legge meno severa sulla bancarotta. Ne faremo per noi una miniera d'oro molto più ricca che non lo furono già quelle di California. Il popolo d'Israele deve dirigere la sua ambizione verso quell'alto grado di potere dal quale sgorgano la considerazione e gli onori; il mezzo più sicuro per giungervi si è di avere in pugno tutte le operazioni industriali, finanziarie e commerciali, tenendosi lontani da tranelli e da seduzioni le quali potrebbero esporli al pericolo di processi dinanzi ai tribunali del paese. Nella scelta dunque di queste speculazioni, si userà grande prudenza e tatto, che sono la proprietà della nostra attitudine atavica agli affari. Noi non dobbiamo essere alieni da nulla di ciò che conquista un posto distinto nella società: filosofia, medicina, diritto, economia politica, in una parola, tutti i rami della scienza, dell'arte, delle belle lettere, sono un vasto campo in cui i successi debbono farci una larga parte e mettere in mostra la nostra attitudine. Queste vocazioni sono inseparabili dalla speculazione. Così la produzione d'una composizione musicale, fosse pure molto mediocre, presenterà a' nostri una ragione plausibile per innalzare sopra di un piedistallo e per circondare di aureola l'israelita che ne sarà l'autore. Quanto alle scienze, medicina e filosofia, esse debbono fare ugualmente parte del nostro dominio intellettuale. III Un medico è iniziato ai più intimi segreti della famiglia ed ha come tale fra le mani la salute e la vita dei nostri mortali nemici, i cristiani. Noi dobbiamo incoraggiare le unioni matrimoniali fra israeliti e cristiani, giacché il popolo di Israele, senza rischio di perdere alcun che da quel contatto, non può che profittare di quelle alleanze; l'introduzione di una certa quantità di sangue impuro nella nostra razza, eletta da Dio, non può corromperla e le nostre figliuole forniranno, con questi maritaggi, alleanze colle famiglie cristiane che possiedono ascendente e potere. In cambio della moneta che noi daremo, è giusto che noi otteniamo l'equivalente in influenza sopra di quando ci circonda. I parentadi con i cristiani non portano con sé una deviazione dalla via che noi ci siamo prefissa; al contrario, con un po' di astuzia essi ci renderanno arbitri dei loro destini. Sarebbe da desiderarsi che gli israeliti si astenessero dall'avere per drude donne della nostra santa religione, e che per tale ufficio scegliessero fra le vergini cristiane. Supplire al sacramento del matrimonio in chiesa con un semplice contratto davanti ad una autorità civile qualsiasi, sarebbe per noi cosa di grande importanza, giacché allora le donne cristiane pioverebbero nel campo nostro. Se l'oro è la prima potenza di questo mondo, la seconda è senza dubbio la stampa. Ma che cosa può la seconda senza la prima? Siccome noi non possiamo ottenere quanto dicemmo di sopra, senza il soccorso della stampa, conviene che i nostri presiedano alla direzione di tutti i giornali quotidiani in tutti i paesi. Il posseder l'oro, la sagacia nella scelta dei mezzi necessari a far nostre le capacità venali, ci renderanno gli arbitri dell'opinione pubblica e ci daranno l'impero sulle masse. Camminando così grado per grado in questa via, colla perseveranza che è la grande nostra virtù, noi respingeremo i cristiani e renderemo nulla la loro influenza. Noi detteremo al mondo ciò a cui deve credere, ciò che deve onorare e ciò che deve maledire. Forse alcune individualità si leveranno contro di noi, ma le masse docili ed ignoranti ascolteranno noi e prenderanno le parti nostre. Una volta che saremo padroni assoluti della stampa, noi potremo mutare le idee che corrono circa l'onore, la virtù, la rettitudine del carattere, portando il primo colpo a quell'istituzione tenuta fin qui per sacrosanta, la famiglia, e ne compiremo la distruzione. Noi potremo estirpare le credenze e la fede per tutto ciò che i nemici nostri, i cristiani, hanno fino a questo momento venerato; facendoci un'arma della forza delle passioni, noi dichiareremo guerra aperta a quanto quelli rispettano e venerano. Che tutto ciò sia ben compreso, notato e che tutti i figliuoli di Israele ben si compenetrino di questi veri principii. Allora la potenza nostra crescerà come albero gigantesco i cui rami porteranno quei frutti che si chiamano ricchezza, godimento, potere, in compenso di quella inferiore condizione, che per secoli fu l'eredità del popolo di Israele. Allorché uno dei nostri fa un passo avanti, l'altro lo ha da seguire dappresso; e se il piede sdrucciola sia egli soccorso e rialzato da suoi correligionari. Se un israelita è citato davanti ad un tribunale del paese che abita, i suoi fratelli in religione hanno da dargli con sollecitudine aiuto ed assistenza, ma solo quando l'accusato avrà agito secondo le leggi che Israele osserva strettamente, e custodisce da tanti secoli. Il popolo nostro è conservatore fedele delle cerimonie religiose e degli usi che ci tramandarono i nostri antenati. Il nostro interesse richiede che almeno noi simuliamo zelo per le quistioni sociali che corrono, sopratutto che riguardano il miglioramento della sorte dei lavoratori; ma in realtà gli sforzi nostri debbono tendere a renderci padroni di quel movimento dell'opinione pubblica e a dirigerlo. La cecità delle masse, la disposizione loro a darsi in balia dell'eloquenza, tanto vuota quanto sonora, che risuona nei trivii, ne fanno una preda facile ed è per noi un doppio istrumento di popolarità e di credito. Noi troveremo senza difficoltà fra i nostri, l'espressione dei sentimenti fittizi e tanta eloquenza quanta ne trovano i cristiani sinceri nel loro entusiasmo. Conviene, per quanto è possibile, occuparci del proletariato e sottometterlo a quelli che maneggiano il danaro. Con questo mezzo noi solleveremo le masse a nostro piacere. Noi le spingeremo agli sconvolgimenti, alle rivoluzioni ed ognuna di queste catastrofi farà avanzare di un gran passo i nostri scopi e ci ravvicinerà all'unico nostro fine, quello cioè di regnare sulla terra, come ci era stato promesso dal nostro padre Abramo.
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