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Da il Messaggero di Roma del 20.01.2008

Si parla sempre, e giustamente, della Shoà: lo sterminio, l'Olocausto. E molto di meno, invece, delle infami Leggi razziali del 1938. Giusto 70 anni fa; e stavolta, anche il Giorno della Memoria può acquisire una valenza diversa. Di quelle Leggi si parla troppo poco: eppure tutto comincia da lì. Costretti ad auto denunciarsi; con il nome della "razza" scritto sull'atto di nascita, e stampigliato sui documenti; licenziati dai pubblici impieghi, ed ho qui la lettera con cui cacciano mia madre, che era maestra; ma anche, ecco un altro documento, da banche e aziende private; in congedo i militari buttati fuori dall'associazione gli ufficiali in congedo, obbligati a "restituire tessera e distintivo", e così gl'iscritti al Club Alpino; un recente studio dice che agli ebrei, la Scala fece restituire gli abbonamenti: però rifondendo quanto avevano già pagato. Cancellati dagli Albi i professionisti. Poi, i fatti più curiosi: sequestrate le radio; non si poteva più avere nessuno per le pulizie in casa, però, da noi, la "Peppina" è sempre rimasta: anzi, a un certo punto ci siamo rifugiati a Poli, dove lei viveva. Al Nord, era ancora peggio: a Ferrara, a mio suocero, viene sequestrato ogni avere. La Commissione Anselmi, sui beni sottratti agli ebrei, certifica che a un tale confiscano cinque monete; a un altro, il pianoforte; a un Adler di Milano, l'anticipo "per le conversazioni interurbane", depositato alla società dei telefoni; a un rappresentante, "le provvigioni maturate in dipendenza dal contratto"; a un medico, le "somme per cure prestate"; a uno, "l'autovettura priva della ruota gommata di scorta". No: di queste infami Leggi razziali s'è sempre detto troppo poco; non s'è mai raccontato abbastanza quale impatto hanno avuto sulla vita quotidiana della gente, di tantissime famiglie Italiane».

Questo dice Nando Tagliacozzo, che è una persona singolare. Romano, ingegnere, tre figli, già dirigente del Gruppo Iri, adesso che è pensionato va in giro per le Scuole («in ogni parte d'Italia: dove mi chiamano; quasi una la settimana»), a raccontare e farsi interrogare dai ragazzi. Sulla Shoà, e sul resto. A lungo, tutta la sofferenza l'ha tenuta per sé; anche in casa, parlava poco dei suoi, spariti ad Auschwitz: il padre, la sorella Ada (cui ora è intestata una scuola al Laurentino), uno zio, la nonna, «che era del ' 1869: nata in Ghetto, morta in Lager. Poi, ha cominciato ad accompagnare le scolaresche nei campi di sterminio, ed a raccontare. Tra le carte di casa e quelle degli amici, ha raccolto svariati documenti, appunto, sulla "quotidianità" dell'essere ebrei allora. Li ha pubblicati a proprie spese; adesso, l'editore Sinnos ne ha fatto un Libro (Dalle Leggi Razziali alla Shoà 1938-45, 80 pag., 15 euro), che martedì, alle 10.30, verrà presentato da Menorah, in Piazza delle Cinque Scole. Dice: «Sono documenti per conoscere, capire, insegnare la storia; ma partendo dal particolare: perfino dai casi individuali». Invitati speciali, gli alunni del Liceo Avogadro: «Chissà quanti tra loro sanno che i loro colleghi ebrei d'allora dovettero lasciare le scuole pubbliche; tranne, a Roma, tre che avevano delle "sezioni razziali": ecco una pagella».

Discutiamo della schedatura degli ebrei italiani nel '38 (8 mila iscritti al partito fascista), cui seguono dapprima il Manifesto, poi la Dichiarazione della Razza. Sfogliamo le carte che ha raccolto. I sequestri delle radio in casa dei suoi amici: Enrico Modigliani, già deputato Pri a Roma, e Fausto Zabban; un parente di sua madre è mandato via dal Credito Italiano, con l'invio d'un «Certificato di prestato servizio»; Confagricoltura anticipai tempi: una settimana prima delle Leggi Razziali, già «esonera dal servizio il camerata Giorgio Modigliani». I licenziamenti: «I militari; 229 docenti di università: oltre l'un per cento, mentre gli ebrei erano appena l'un per mille della popolazione; poi i dipendenti pubblici e 379 insegnanti; 5.600 alunni, ma c'è chi dice 8.500». «Gli ebrei non potevano possedere case superiori a un certo valore; la nostra è sequestrata; ma il nonno, dagli estimi catastali, dimostra che valeva meno di quel "tetto", e ce la restituiscono». Tutto documentato. Le tessere annonarie; il terribile avviso dattiloscritto, che le Ss, il 16 ottobre, consegnavano a Roma: «Portare con sé viveri per almeno 8 giorni; ammalati, anche casi gravissimi non possono, per nessun motivo, rimanere indietro; la famiglia deve essere pronta per la partenza 20 minuti dopo la presentazione di questo biglietto». Si sa com'è finita.

Altri biglietti, invece, Tagliacozzo non li ha inclusi i nel libro; quello che zio Amedeo («stiamo partendo») riuscì a far uscire da Palazzo Salviati alla Lungara, dove gli ebrei erano ammassati; e da Regina Coeli, l'ultima lettera di suo padre a sua madre, prima di finire al Campo di Fossoli e da lì partire, nel convoglio numero 9, per Auschwitz.

E lui? «Ero nascosto in un convento, a via Pannonia: eravamo un centinaio». Renato Terracina, già redattore capo di questo giornale, mostrava una propria foto in abito talare: era un "Fratello delle Scuole cristiane". Le Leggi razziali furono abrogate: prima a Roma dagli alleati, poi in tutta Italia da Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno.

Roma è libera da sei mesi, e mamma Tagliacozzo torna a insegnare.

FABIO ISMAN

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