Monsignor Fava, vescovo di Grenoble, rodomonte
indiavolato nella guerra contro la Massoneria, che in
Leo Taxil vide e proclamò per 12 anni un fratello di
fede, un campiono invitto, scrive nella "Semaine
religieuse" e recita con cristiana contrizione il suo
confiteor:
"Da dodici anni Jogand, detto Leo Taxil, si è fatto
beffe un po’ di tutti e se ne vanta. Si è fatto beffe
della polizia, di Marsiglia, inventando una storia di
pescicani; si è fatto beffe delle socielà scientifiche,
inventando una città lacustre sotto il lago di Ginevra;
si è fatto beffe dei frammassoni facendo credere in
un’altra Massoneria di cui non si sospettava
l’esistenza; infine si è fatto beffe dei cattolici e del
clero, simulando personalmente una conversione falsa e
sacrilega, e inventando la conversione di una pretesa
Diana Vaughan. La fine di questa mistificazione è un
sollievo per la coscienza pubblica".
La bomba è scoppiata. Nel campo clericale ne sono
esterrefatti capi e gregari: Leo Taxil, dopo 12 anni di
attacchi, di calunnie, di vituperi, di invenzioni
infami, grottesche, ridicole, oscene, contro la
Massoneria, ha dichiarato pubblicamente, che i suoi
libri, gli articoli, i discorsi, le conferenze, il
satanismo, il palladismo, Miss Vaughan, le lettere di
Alberto Pike, la elezione di Adriano Lemmi a Sommo
Pontefice della Massoneria luciferiana e tutto ciò che
era uscito dalla sua vulcanica fantasia di riti laidi e
diabolici non costituiva che una colossale
mistificazione per trarre in inganno l’ingenuo gregge
clericalesco e per ridere della sua supina imbecillità.
Dopo un po’ di tempo, anche le menti più ottuse
avrebbero dovuto accorgersi che Leo Taxil non era e non
poteva essere che un ciurmatore: ma l’odio contro la
Massoneria faceva credere a tutto: i furbi dubitarono,
ma imbevuti della infame massima gesuitica che la
calunnia, anche più impudente e sfacciata, lascia sempre
qualche traccia di sé, assistevano imperterriti e, in
apparenza, creduli e inorriditi, al dilagare delle
mostruose invenzioni, ed encomiavano ed onoravano e
benedicevano ed arricchivano il camerata calunniatore. |