SUL CONCETTO DI UNA STORIA DELL'ORDINE DEI LIBERI MURATORI
(Carteggio tra Fichte e Fessler)
Repliche e controrepliche (1)
[FESSLER] Se io soddisferò o non soddisferò, non m'importa. Non ho mai promesso di accontentare [gli altri], ma di comunicare ciò e quanto io so. Ai fratelli ho pur sempre messo innanzi, non mai imposto [alcunché]: in tutti i riti li ho lasciati modificare e correggere come volevano, senza difender nulla troppo ostinatamente; e lo stesso farò anche per la GNOSI.
[Fichte] All'assicurazione del fratello Fessler, che egli stesso crede nella sua deduzione dei misteri massonici, e che è pronto a farli stampare senza alcun timore per la sua riputazione erudita - debbo prestar fede io pure. Ma ciò prova soltanto la sua lealtà, non la sua fondatezza né la sua capacità di giudicare.
Gli uomini e le loro energie non sono quello che vuol farne Fichte, né quali egli li interpreta, ma [sono] quello che sono.
Che il fratello Fessler nella sua deduzione «non possa seguire altro cammino che quello indicato da me» (2), io lo rilevo dalla natura dell'argomento. E vorrei altresì che il fratello Flesser non dimenticasse nuovamente così spesso, e mi negasse sotto gli occhi. Così, nella sua ultima conversazione orale su questo oggetto, in presenza dei Fratelli Fischer e Darbes mi ha dichiarato di non aver ancora rinvenuto alcuna linea di passaggio dai Templari all'odierna Frammassoneria (3), ma che presto si riuscirà a scoprirla.
E io vorrei che il Fratello Fichte evitasse di svisare le mie parole, che da un certo tempo non potei rivolgergli senza accurata ponderazione. Non è vero che io abbia detto di non aver ancora trovato una linea di passaggio dai Templari ai Frammassoni odierni, ma che ciò presto si potrà scoprire; bensì dissi, come frequentemente ho già detto a parecchi Fratelli, che «il più difficile punto della gnosi è trovare quel passaggio. Ci sono parecchie ipotesi, ma nessuna soddisfa per ora interamente la mia esigenza di verosimiglianza: tuttavia spero almeno di trovare fondamenti soddisfacenti per UNA [di esse], col rivedere ancora una volta le fonti».
Non ha egli, almeno per questo anello della catena, già fin d'ora innanzi agli occhi ciò che vuol dimostrare? e non deve averlo, se bisogna che non gli vada perduta tutta la sua concatenazione degli Esseni, Gnostici, Manichei, Templari (4) per la storia della NOSTRA massoneria? Se le cose siano andate diversamente nella concatenazione già avvenuta degli anelli ora citati, si potrà vedere meglio che mai, quando vi sarà tutto l'insieme.
Questo insieme il fratello Fichte, da uomo spregiudicato, ben posato e amante della verità, avrebbe dovuto aspettarlo. C'è una parte straordinaria di presunzione in questo voler negare a priori ad un uomo la capacità di scoprire alcunché, quando ancora esso giace nell'ambito delle scoperte possibili, e nell'ambito delle forze umane.
Nel secondo paragrafo [delle «Prime osservazioni e risposte »] il fratello Fessler nei luoghi posti fra parentesi concede, senza accorgersene, quello ch'io sostenevo: che egli abbia cioè ACCOLTO, RICEVUTO quanto trasmette; che egli cerchi soltanto le PROVE per tutto ciò nelle fonti storiche di cui dispone; che quindi egli comunichi, senza dubbio, qualche cosa che solo nell'Ordine è dato trovare: e l'unica cosa che può essere questo alcunché rinvenibile solo nell'Ordine, la Tradizione.
Sorge a tal proposito la questione, da chi e per qual tramite abbiano ciò ricevuto coloro, che ciò trasmisero al fratello Fessler: con lo studio di MONUMENTI STORICI PROFANI; oppure per via d'una tradizione, CHE NON SIA MAI SGORGATA, CHI RISALGA FINO ALLA SUA ORIGINE, DA MONUMENTI STORICI PROFANI. Se questo è il caso, Ella certamente mi porge quel ch'io bramo, e ciò che deve a mio giudizio esigere l'iniziato di un Ordine segreto; ed Ella deve, allora, soltanto meditare qualche volta con serietà sul modo in cui pensa di PROVARE L'ININTERROTTA catena, dal pari che la FEDELTÀ e la PUREZZA della tradizione. Se invece si dà il primo caso, allora Ella non dà soddisfazione: poiché é tutt'uno che LEI o invece L'ANELLO A LEI PROSSIMO, O L'ANELLO ANTERIORE A QUESTO,e così via, abbia attinto a monumenti storici profani, e finito col nascondere, e trasformare in un segreto, un risultato che qualsiasi profano avrebbe potuto ricavare. Ella non ci soddisfa, dunque: e poiché non vuole ancora darsene chiaramente per inteso,...
Ma si, ho capito benissimo, capisco, e capirò, che non posso darmi pensiero del SODDISFARE, ma debbo lasciar questo compito al buon giudizio di un confratello. Null'altro posso dire, se non: «Fratelli, questo io so, questo credo, questo è per me verosimile: bisogna che resti al vostro intelletto [la cura] di prestargli pur [e di decidere] se voglia e possa accettarlo altresì come verosimile».
... svolgo qui la dimostrazione un po' più chiaramente ancora:
a) Noi abbiamo realmente una ricchezza essenziale ed esclusivamente nostra, CHE SOLO MEDIANTE LA TRADIZIONE ORALE VIENE PROPAGATA; le nostre USANZE e i RITI.
E dico, SOLO MEDIANTE LA TRADIZIONE ORALE. Noi vietiamo la comunicazione per mezzo della stampa e della scrittura: sconfessiamo le pubblicazioni avvenute, e non riconosciamo come massone nessuno che si sia procurate quelle conoscenze solo per questo tramite.
b) Noi vogliamo da una parte convincerci dell'autenticità di queste usanze e di questi riti trasmessi oralmente, e dall'altra istruirci sulla loro ORIGINE e il loro vero SIGNIFICATO.
c) Questo può avvenire soltanto per mezzo di una storia DELLA TRADIZIONE, ATTRAVERSO LA QUALE ESSI CI SONO TRAMANDATI.
d) Questa storia di una mera tradizione DEVE, EVIDENTEMENTE, ESSERE ANCHE TRASMESSA PER SEMPLICE TRADIZIONE.
Non so se gli Eletti del nostro Intimo Oriente ragionino chiaramente proprio così; ma credo di aver loro osservato che questo ragionamento sta, in forma oscura, alla base delle loro aspirazioni.
Se ora non siamo in possesso di una tal tradizione, altro non resta, a mio giudizio, che dichiarar loro senza ritegno la pura verità, che cioè noi in genere nulla sappiamo, nulla abbiamo, soltanto col nostro proprio lavoro vogliamo penetrare un poco in ciò che ci è, quanto alla sua origine, sconosciuto.
Ma questo è precisamente quel che ho detto fin qui, liberamente e senza ritegno, a tutti i Fratelli, che mi chiedevano dell'indirizzo e del contenuto delle mie ultime conclusioni.
* * *
Ancora quest'unica osservazione. Ella si richiama, quanto al modo con cui pervenne alle Sue conoscenze, all'Annuario della [Loggia] Royal York, le cui notizie furono redatte da Rhode secondo Sue proprie informazioni. La stessa cosa Ella ha già fatto verso di me oralmente, citandomi i nomi di Born e di Mattolay (5). Ora bramerei molto, ch'Ella almeno con me, e altri pochi, si presentasse all'opera con maggiore franchezza: e credesse, che io non ho ancora dimenticato, ciò che Le fu detto il 19 maggio [1800], durante la nostra passeggiata lungo la Sprea, intorno alla vera origine delle Sue cognizioni massoniche; né a tanto Ella contraddisse;...
Questo non l'ho dimenticato. Il fratello Fichte voleva annichilire a priori la maniera in cui sono pervenuto alle mie conoscenze massoniche: e io non replicai, ma tacqui per dispregio.
... e ciò che Ella stesso ha detto, riguardo a Born e Bode, come DUE MORTI, CHE NON POTEVANO RISPONDERE;...
Ma io non ho detto niente: solo il fratello Fichte fece da sé stesso l'osservazione: «Ora è certo che BORN e BODE son morti, e i morti non contraddicono ». A Bode io non ho mai fatto appello, perché non l'ho mai conosciuto; quel che posseggo intorno a lui mi è stato comunicato da BÓTTIGER (6). Questo sapevano parecchi membri dell'Intimo Oriente, per esempio BASSET, DABBES, NATORP, RóVER (7), prima ancora che Fichte sapesse di noi.
... e che inoltre Ella presuppose ch'io potessi saper molto bene, per mezzo di Bóttiger, donde provenga il meglio di quanto Ella può offrire agli Eletti.
Che Bóttiger mi ha comunicato alcune cose delle carte postume di Bode, è noto, come testé osservai, a parecchi, e pertanto non è, come crede Fichte, un mio segreto. Ma se Fichte dice, che questo è il meglio di quanto io posso offrire agli Eletti, la sua smania distruttiva è precorsa, ancora una volta, al suo intelletto, di qualche migliaio di passi; poiché per [fargli] giudicare se i contributi di Bóttiger e di Bode sono la parte migliore, io avrei dovuto esporre a Lui tutto quello che ho; ma questo non è mai accaduto, né mai accadrà.
1. [Anche qui, sono in carattere minore e in colore viola le note del Flesser, in corpo ordinario quanto è di Fichte. Il primo capoverso s'intenda come risposta del Fessler alle ultime linee del cap. precedente].
2. Cfr. terzo carteggio: "Prime Osservazioni e risposte": «Il F:. Fichte ha ragione: ma donde ricava che io voglia seguire questa strada? ch'io non possa prenderne alcun'altra? Ch'io debba procedere soltanto per questa?».
3. La soluzione del problema importava al Fessler in modo particolare (per quanto potesse sentirne, da buon erudito, il carattere fittizio), perché con essa avrebbe giustificato il suo sistema di ordini cavallereschi, unico punto «irrazionale» della costituzione da lui disegnata, e anzi accettato in essa di poco buon grado.
4. Criticamente, Fessler aveva, si capisce, ragione a cercare le fonti della gnosi massonica nelle antiche correnti misteriosofiche dell'Ebraismo (ma l'esempio degli Esseni non è molto esatto), nello gnosticismo cristiano (che molto da quelle derivò) e nel manicheismo; ma Fichte vuol chiarire la secondarietà e l'aposteriorismo di tali ricerche di fronte all'apriori della fede gnostica.
5. Il testo ha solo, per il secondo, l'iniziale «M»; p. 157: «Born e Bode». [Per Ignazio Edler von Born (1742-1781), Il Mattolay era un imperialregio consigliere di corte, a Vienna. Del Bode (John. Jaach. Chr. Bode, 1720-1794) si parla nel cit. Handb. für Freim. I, 115 (F1.)].
6. Karl August Bóttiger, 1760-1835 [Fl.]; v. Handbuch cit., I°, 125.
7. «Basset, Darbes, Natorp, Róver» [per Darbes, il Basset, il Natorp, il Róver, confratelli della «Royal York», figurano spesso come mandatari, intermediari o testimoni di colloquio nei rapporti tra Fichte e Fessler].