Analisi della parola Tra tutte le parole contenute nel Genesi, ÉLOHÏM, è certamente una di quelle che, sia per il ruolo grammaticale sia per come è stata resa nella nostra lingua (neanche il buon senso di mantenerla inalterata), ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro e innestato le più feroci contese tra la critica fondata sulla ragione, l'esegesi e l’apologetica religiosa. Ecco la necessità di un’attenta analisi della parola, che possa permettere, di conseguenza, una lettura più corretta di tutto il Genesi.
«Per la critica moderna, così detta scientifica, che vede all'origine d’ogni religione la deificazione delle forze e dell'animalità naturale - una sorta di vecchio Sabeismo ringiovanito sotto il nome di Miti solari e stellari, lunari, Totemismo e altro - la parola Élohïm indica semplicemente il Dio, nel senso generale dato a questa parola dall'antico Politeismo. Quindi, senza troppo preoccuparsi del tempo e della persona grammaticale del verbo "Bara" (Berechith bara, In principio creò), che documenta la parola Élohïm quale soggetto dell'azione, ed accettando, per altro cosa vera, che questa parola, nella sua forma plurale, altro non è se non un collettivo singolare (come tante altre parole che si incontrano nella lingua ebraica) tiene per assicurato che il Mosaismo, tanto quanto le altre religioni primitive, fu puramente e semplicemente politeista, questo almeno per quanto riguarda le sue componenti più antiche. Questa riserva si impone; giacché bisogna tener ben presente che l'atto di fede imposto da Mosé al suo popolo, riportato nel 4° versetto del VI capitolo del Deuteronomio che recita: Ascolta Israele; il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo, è senza alcun dubbio un'affermazione solenne del più puro monoteismo. Per palliare questa contraddizione brutale, la critica si è ingegnata a dimostrare che il Genesi, in verità, espone una specie di sincretismo di due dottrine: l'Élohïsta più antica e la Yahivista più recente; la prima politeista, monoteista la seconda. La soluzione è certamente elegante; ha solamente un difetto, e purtroppo capitale, quello di essere fondata su un'interpretazione erronea del testo, difetto che unisce sia la critica fondata sulla ragione sia l’esegesi religiosa. L'errore d’interpretazione consiste, qui, nel fare della parola Élohïm il soggetto e non il complemento del verbo "Bara" (creò); riconosciuto l'errore, è pressocché impossibile, sia per gli esegeti sia per i critici, proporre degli argomenti inconfutabili. Tanto è che i primi ripiegano su un plurale di maestà, i secondi, invece, continuano a sostenere, ma non senza ragione, che tradurre Élohïm con Dio, è operare intenzionalmente in maniera abusiva sul significato della parola, prendendo per Unità assoluta ciò che in verità è soltanto l'unità collettiva degli Dei individuali. Quando l’esegeta, promuovendo il ragionamento apologetico afferma che Mosé, o chi per lui, ha certamente dato alla parola Élohïm il numero plurale, ma con il proposito, però, di conservargli il valore di singolare; lo ha fatto soltanto per far comprendere l'unità della natura nella trinità o triplicità, vuoi delle Persone, vuoi delle Sephiroth, vuoi delle Ipostasi. Il razionalista, comprensibilmente, chiede per questa gratuita affermazione prove impossibili da fornire. Come si può constatare, ciascun schieramento traducendo a suo modo l'atto di fede d'Israele ne trae una conferma alla propria tesi, leggendo indifferentemente: Élohïm come… il nostro Dio, o Élohïm come… i nostri dei, senza, con questo, considerare nessuna regola grammaticale. Ciascuno persiste sulle proprie posizioni, senza immaginare che il nome stesso del Dio-vivente fornisce, come lo vedremo altrove, la vittoria all'apologetico; senza neppure supporre un ristabilimento del senso del primo versetto del Genesi alla sua purezza originale che, se pur sconvolge le idee ammesse sulla modalità di creazione, rende, in ogni modo, sterili ed inutili le dotte diatribe sull'Élohïsmo e lo Yahvismo; e informa, per di più, sulla vera natura sia degli ÉlOHÏM sia di Dio Stesso. Questa doppia conoscenza, difatti, è legata intimamente all'interpretazione che abbiamo dato delle prime due parole del Genesi: Berechith bara. È sempre a causa dell’ignoranza nella quale si trovavano i traduttori sul significato delle prime due parole del Berechith; o, per quanto riguarda i Settanta, in seguito alla dissimulazione volontaria di questo senso, che il termine Élohïm è stato applicato a Dio, al Dio unico. In realtà, e secondo un'espressione figurata, ma particolarmente suggestiva, di San-Yves, Élohïm non firma il nome di Dio, ma simboleggia soltanto l'insieme dei Poteri "pronominali" del Creatore. Del resto la base radicale sulla quale è edificato questo nome conferma interamente questa ipotesi. Questa base è AL la. Originariamente, rappresentava l'articolo; e l'arabo, lingua dello stesso ceppo dell’ebraico, gli ha conservato questo significato. In ebraico, fu sostituita poi dal segno Hè h. Quando avvenne la sostituzione? Probabilmente quando, a causa dei suoi segni componenti L, l, + A, a, simbolo dell'Assoluto (a) e dell'espansione (l) divenne il simbolo grafico che dice: Dio potente; Potere; in ogni caso è soltanto forzandone il senso che si è potuto elevare questo simbolo grafico all'altezza del Dio supremo ».
Analisi della Parola La Natura degli Élohïm
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