I Versi Aurei Pitagorici - Le Note - (1) Come Eliphas Levi si industriava a conciliare Magia e Cattolicesimo, così si era ben guardato Pitagora dall’urtare i vari culti locali, ovunque egli sostasse, o una sua scuola sorgesse. Dei più famosi numi adottava magari i nomi , traendoli naturalmente a significati nuovi, nell’insegnamento segreto. Così le immortali deità da cui si prende il principio, sembra essere quelle che, ancora dantescamente, si poterono chiamare le Intelligenze celesti: la Solare anzitutto (l’Apollo dei profani) e via via quello dei Pianeti. Secondo una gerarchia di dignità, di potenze e di situazioni, analoga alle graduazioni della gamma musicale, da Pitagora profondamente studiata. In quanto al termine adora, ci si è dovuto ricorrere in italiano, per la graduazione delle spirtuali onoranze, deferenze e osservanze, a iddii, a geni, a dàimoni; ma, in greco, neanche esisteva il concetto di ad-orare, nato dall'accostarsi ad-orem (alla bocca) i lembi della porpora imperiale, romana e bizantina. Lo stesso vocabolo è infatti adoperato, subito dopo, anche per genitori e parenti; e l'adorazione pitagorica importava cioè non tanto un umano sprofondamento davanti a inaccessibili eccelsitudini, quanto una effettuosa venerazione, filialmente cordiale, da minori spiriti immersi nella crassa materia, a fraterne e paterne superiorità deiformi, immortalmente librate e vibranti, in immensità abissali di luce e di etere. Non sarà poi inutile notare che qui ci troviamo in un campo essenzialmente pratico; nel quale gli elementi vanno presi categoricamente nella loro capacità di lavorare sull'anima; onde resta del, tutto a parte, ed impregiudicata, la quistione sulla natura e la realtà in sé degli Dei dal punto di vista ontologico, gnoseologico e religioso in senso stretto. E ciò sia detto anche, una volta per tutte, per quanto ha riferimento all'ordine della magia cerimoniale. Örcon, non il giuramento dei traduttori, ma il proseguimento delle astrale gerarchie: l'Orco, e, precisamente, quel cono d'ombra, che proiettato dalla Terra, in rotazione sempre opposta al Sole, aveva come più splendido e cangiante astro la Luna, e serviva di soggiorno ai Geni e agli Eroi. Fu poi volgarmente confuso col sotterraneo Tartaro, e soppiantato dall'Eliso. Gli Eroi - erano da una parte i semidei tutelari di singole città o edifici o famiglie, comeTéseo o Quirino, o come i Lari e i Penati; ed erano, da un'altra parte, i Maestri di Magia, giunti ad essere, in vita e dopo morte, Adepti Immortali. Poi subito passa, la Gerarchia, alle sotterranee Energie della Terra Madre, nelle varie lor forme di maturazione, crescenza e movimento. [Torna al Testo] (2) Verso universalmente frainteso, come un cedi alle miti parole e alle utili azioni. Di chi? e perché cedi? o perché a quelle del solo amico, e non anche, di un si perfetto amico, alle parole magari non miti? [Torna al Testo] (3) Per daimoniche sorti. Da leggersi con il verso 48 (dove si dice che gli uomini sopportano prove da loro stessi accettate), con quello stato in cui sono gli uomini stessi, daimoni fra i daimoni, a determinare le loro sorti terrene. Occorre appena avvertire che il termine daimwn, demone, nella classicità non ha nulla del significato di entità malvagia che ha assunto col cristianesimo. Ogni uomo ha il suo démone; e la distinzione fra uomo mortale e démone si può, in una certa misura, ricondurre a quella fra individuo individuato e individuo individuante. In un certo stato trascendente, la coscienza ha determinato e voluto tutto ciò che poi essa va a vivere nella serie temporale; e questa entità causale, che resta a substrato della umana entità psico-fisica, e invisibilmente la dirige e sostiene qui in basso, é il dèmone. Si deve tener presente però che il punto di vista dell'individuo individuante e quello dell'individuo umano sono molti diversi. Il primo è impassibile, e non può avere per criterio della propria volontà il piacevole o il dispiacevole, il felice, il buono, ecc., così come accade per il secondo. Esso determina ciò che é necessario, che é bene che sia, senza guardare se ciò poi risulterà aggradevole o meno alla velleità di quella specie di creatura o di riflesso di sé, che va ad eseguire nel mondo fisico il suo comando. Cercare di compenetrare tutta la propria vita, per tragica o misera che sia, del senso che noi stessi abbiamo voluto ciò, conduce ad una sensazione di impareggiabile sicurezza e di potenza: ci si armonizza con la più profonda, trascendentale volontà, finché, prendendo di nuovo contatto con essa (col demone) ci si rende capaci, già in questo stesso corpo, di dominare il senso e la direzione di ciò che per altri sarebbe un destino. La voce del démone nei momenti di dubbio o di tentennamento, é come un richiamo e un affioramento dell'essere (o dello stato) più profondo, che ci raddrizza e ci sospinge senza incertezza sulla via che deve essere seguita. [Torna al Testo] (4) In parentesi è la traduzione dei due versi che il Mullach relegò in nota, ma di cui non é dubbio che appartenessero a un testo dell'Aureo Carme, posseduto da Porfirio. [Torna al Testo] (5) pÉ pabhn? In tutte le traduzioni riportato con: In che cosa ho peccato? É una esagerazione; il verbo significa semplicemente: Per dove son passato? col sottinteso di in altrui compagnia. Per assumere il significato di trasgredire, dovrebbe essere accompagnato, anche in greco, da appositi complementi: la legge, un comando, una consegna, complementi che in questo caso mancano. [Torna al Testo] (6) La parola ¡reiÌz è stata tradotta con il latino virtus: tutt' insieme prodezza e possanza, beneficità e magnificenza, signorilità e squisitezza: come poi, in Ars regia, questo appellativo di regale, in tutti i migliori significati. [Torna al Testo] (7) Questo non definito e non definibile aradsgta Tetractsn, (il Trasfondente la Tétrade), corrisponde all'esotericamente inteso ZeÞ p¡thr (Zeus padre) del verso 52: Egli e la Tétrade, fonte alla eterna e infinita Divenienza dell'Uni-Tutto identico ovunque. Per la Tetraktys in particolare - la Tétrade, il Quaternario, il Quattro in attività - sarebbe qui fuor di luogo il riandare tutte le interpretazioni e applicazioni escogitate ed escogitabili, sino al senso di anche 10 (=1 + 2 + 3 + 4 = PiccolaTétrade), e di 36 (=1 + 3+ 5 + 7 + 2 + 4 + 6 + 8 Grande Tétrade). Qui é preferibile intendere il puro e semplice Quadruplice, in senso statico e dinamico. Nel primo senso, 1 il punto, 2 la linea, 3 il piano specialmente triangolare, 4 il solido in genere e la Piramide in ispecie, notorio e tradizionale simbolo del Fuoco. Nel secondo senso, 1 il principio attivo, 2 il ricettacolo passivo, 3 il prodotto emergente, 4 l'individuo costituentesi autocosciente, autointegrato, autoattivo, per riespandersi fino all’1, e ricominciare la serie. Si tratta dunque del primigenio Fuoco della universa Vita, che è pur magico fuoco d'individuale Reintegrazione. Gli è quanto basta per noi, anche se il pur antico Hieroclés - il cui famoso commento a questi Versi non ha purtroppo, esotericamente, gran valore teoretico né critico, né specialmente pratico, aggiunge che i Pitagorici, con quella specie di giuramento: NaŠ m¡ tÐn ¡metr¬ fnc² paradÑnta tetractÒn, Sì, si per il Trasmettente alla nostra anima la Tetraktyn, intendevano alludere a Pitagora stesso. E se infatti trasmissore di Fuoco si può chiamare ogni Maestro che accenda in altri l'occulta igneità magica, pochi ebbero o avranno, più di Pitagora, diritto a quel nome. Ma, di trasmissore in trasmissore, é ovvio che si dovesse, in una comprensiva concezione pitagorica, risalire sino a qualcosa di analogo a ciò che fu il Demiurgo platonico, o lo stesso cosmico Fuoco eracliteo. [Torna al Testo] (8) toÙtwn d˜ crat¹aj. Tutti hanno inteso signoreggiando od osservando questi precetti; ma il senso più letteralmente immediato era proprio anche il più esoterico fattoti forte di questi, e cioè forte degli Iddii subito prima nominati; forte, sì, anche nei precetti svolti e da svolgere: e, l'una e l'altra cosa, mediante l'osservanza di essi. Trisenso, di cui si è preferito rendere, letteralmente, il più occulto. Si ricorderà che di una fortificazione, trasmessa nell'iniziando, dal Potere della Mano destra, contenuta nel Rituale Mithriaco. Il Rituale è presente nella sezione Contributi Esterni: APATHANATISMOS Nelle concezioni buddhistiche si trova egualmente il concetto, che l'illuminazione (prajña) produce una sospensione di ciò che abitualmente scorre (santana), e induce nelle varie radici dell'uomo una forza essenzialmente maschia (vîrya) che le rende capaci di svilupparsi ed agire nel senso contro corrente della realizzazione esoterica. [Torna al Testo] (9) crat¹aj ¡nqa…reta, autoaccettate (o anzi autoassunte) prove. Evidente accenno a volontarie incarnazioni. Accettazioni e assunzioni certamente, ma dimenticate poi, da neanche più saper scorgere il proprio bene nelle proprie tribolazioni: come é detto subito dopo. [Torna al Testo] (10) È stata qui preferita la traduzione: su mobili rulli, per cui, su cilindri: su rulli di scivolamento, che alle più addottate: come cilindri essi stessi[ gli uomini]: come cioè rulli di compressione e spianamento, o magari come rùzzole di lancio, perché quella prima lezione lascia ancora, a cotesti sospinti su così instabili basi, una possibilità di attive reazioni a urti e squilibri. Chi preferisce considerare gli uomini pesanti ma passivi cilindri rotolati su ghiaie e sabbie, o a ruzzole scagliate verso una meta di gioco, non ha che da sostituire il verso in oggetto con il seguente: qua e là sono, come ruzzole, incontro ad inciampi infiniti. [Torna al Testo] (11) Di quale dàimone hanno l'uso. Dàimone essenzialmente interno, anche se in via eccezionale possa assumere fenomeniche manifestazioni di dàimone così dicibile socratico. Duplice d'altronde, per diversa zona d'azione tra mondo delle Essenze e mondo dei fenomeni, lo stesso dàimone interno: il trascendente il più profondo, immediatamente presente, eppure abissalmente remoto; poi anche e soprattutto il nucleo del men profondo e più personale lo storico; un dàimone, codesto, or buono e or cattivo, e assai spesso, così così, il quale é quindi, in generale, tutt'insieme la base più prossima, e tutt'insieme il più grande ostacolo ad alte riuscite, in Magia. Educazione e studi, abitudini e ambiente, hanno spesso dato a codesto speciale IO, così sovente freudiano, e si generalmente ignoto a noi stessi, una vernice o magari una robusta crosta di civile superiorità, più o meno impenetrabile alle trivialità della vita. Ma se, per disgrazia non rara, codesto assopito ma non eliminato IO originario, fosse intanto stato cupido o lussurioso od iroso, superbo o violento o riottoso, invidioso o gretto o malèdico, inconsiderato o cianciatore o vanesio, indolente o pauroso o servile, cavilloso o fantastico o mistico, eccolo inattesamente liberarsi e risorgere, ai primi sviluppi magici e disorientare, o scoraggiare e irritare, chi si credeva ormai prossimo ai cieli. I lunghi e minuziosi moniti di Pitagora al già eletto discepolo, sembrerebbero dunque non mirare che ad una banale saviezza da equilibrato profano, e sono invece essenziali - anche nelle lievi minuzie - a una usta e durevole riuscita anche in alta Magia. [Torna al Testo] (12) Cibi, come é noto, animali, di qualsiasi specie e in qualsiasi dose. Nei giorni prescritti per le purificazioni. Quali giorni? Con ogni probabilità con riferimento al primo verso, quelli d'ingresso del Sole (e di qualche singolo e più personale pianeta) nelle varie costellazioni; forse, più comunemente ancora, visti gli ambienti di provenienza, i giorni di fasi della Luna, in nascere e crescere. [Torna al Testo] (13) Durando ancora la vita? o, come quasi tutti i traduttori hanno inteso, dopo la morte soltanto? Dubbio da estendersi a due analoghi passi di CICERONE, Somnium Scipionis, a metà ed in fine: "Imo vero, inquit, ii vivunt, qui e corporum vinculis, tamquam e carcere, evolaverunt" (Anzi, quelli davvero vivono, che dai legami dei corpi, come da un carcere, sono volati via fuori). Idque ocyus faciet, si, jam tum cum erit inclusus in corpore, eminebit foras; et, ea qua extra erunt contemplans, quam maxíme se a corpore àbstrahet. (E tanto più presto farà ciò [di rivolare alla propria sede celeste], se, già da quando sarà chiuso nel corpo, ne emerga fuori e se, al contemplare le case che saranno all'esterno, più e più dal corpo si vada astraendo). Esotericamente molto esplicito questo secondo passo, è reso chiaro, come il primo, dal rilievo di MACROBIO, In somn. Scip. ,I, X: "Totum tractatum, quem veterum Sapientia de investigatione hujus quaestionis agitavit, in hac latentem verborum paucitate reperies". (Tutta la discussione che la Sapienza degli antichi (Teologi) agitò nell'indagine di questo quesito, nascosta in questa pochezza di parole, la ritroverai). Esplicito anche il pseudo GIAMBLICO: Intorno ai Misteri, I,12, dove tra gli altri doni dei benigni Iddii ai loro teurgi, pone quello di abituarne le anime, sin da quando sono ancora nel corpo a separarsi dai corpi, per volgersi intorno al lor immortale Principio. Ma questo volgersi intorno alla seconda condizione ciceroniana - che, al contemplare in quelle astrali escursioni le esterne cose, sempre più ci si dislacci dal corpo - sarebbero ideali attuabili, se non si fosse prima stabilmente raggiunto quell'interno equilibrio a cui gli Aurei Detti preparano. La specifica liberazione che scorgono pochi, non altro sarebbe, senza ciò, che enorme rischio di multiformi mali; tentazioni di vili abusi, brutti incontri con ostili esseri astralmente più forti, infortunii di viaggio per plaghe ignote, ricaduta in più dolorosi lacci di un corpo eventualmente deteriorato. In ogni caso, non c'è bisogno di dire, che occorre, per tutto ciò, la formazione, lo sviluppo e il consolidamento di un corpo astrale, il cui embrione può più e men presto svolgersi, secondo la costituzione e l'entusiasmo dei vari individui, ma non è affatto detto che, se all'embrione fisico occorrono sette o nove mesi, non occorrano, per codesto altro embrione, sette settimane o nove anni, o non basti magari la vita. Precisano alcuni il periodo, da un novilunio e un plenilunio; ma si tratta forse, precisamente, della concezione e liberazione di questa futura «nuda, sine veste, Diana, destinata ad agire pura e disciolta dalla stessa veste corporea. Ora, ammoniva l'anch'esso frainteso verso 55, ma se di essi in te c’è qualcosa, se cioè ci sia già un primo germe di deificazione. Se anche questo fosse da creare, l'impresa non potrebb'essere che lunga assai. Comunque sia, gli è ovvio, che, proprio per la formazione del nuovo involucro astrale, abbiano una speciale importanza i favorevoli o sfavorevoli influssi che si vadano attirando, o provocando, dalle occulte virtù planetarie e principalmente solari. [Torna al Testo] (14) Sarai spirito nume immortale, avendo tutte osservate le prescrizioni del Carme - e cominciando, per intanto, dall'umile ma utile rito dell'imitare Galeno. Se invece tutte le prescrizioni non avrai osservate, o non riuscirai a quasi nulla, o non diverrai che un inferiore dàimone, soggetto a ricadere nella brama e nell'abbiettezza, nella sofferenza e nella mortalità. E si conchiude con un non più soggetto a morte, ma in quanto non più uccidibile; e l'uccidibile per eccellenza fu ed é ancora la selvaggina, la belva, i1 bruto. Sennonché un non più brutale, avrebbe oltrepassato, spero, il pensiero anche occulto del testo. E scopo della Magia sarebbe insomma il conseguimento della immortalità la quale non sembrerebbe dunque una qualità naturale di tutte le anime, un'immediata dote di tutti. Anche l'anonimo autore di Chymica Vannus e di De Pharmaco Catholico, a certi primi sintomi di magica iniziazione avvenuta, in questo grido erompeva, come sua massima espressione di gioia: Immortalis ero, si modo pergat ita (Immortale sarò, solchè si continui così) [Torna al Testo] |