"Pange lingua"

Carmina Burana secolo XIII

STORIA  DELL'ALCHIMIA

 


 

Parte I

SOMMARIO STORICO[1]

 

Le origini della scienza alchimica, della filosofia ermetica e dell'arte spargirica risalgono alla più remota antichità. Nelle fraternità iniziatiche perdura tuttora la tradizione che queste metafisiche trascendentali fiorissero splendidamente in seno alla misteriosa Atlantide ed alla vetusta Lemuria, i cui tempi, cinquantamil'anni prima di Cristo, lasciarono i loro segreti in retaggio ai santuari indiani ed egiziani.

Non potendo riferirci a epoche sì remote che il tempo, - che distrugge perfino le idee, - con la sua forza rende incerte, ci limiteremo a scrutare la rivelazione egiziana, i cui sacerdotali documenti ci furono trasmessi sotto forma di geroglifici celati dal triplice velo isiaco...

La Scienza Sacra dell'Egitto, gelosamente custodita dai collegi magici, comprendeva l'integrità di quello che noi, al dì d'oggi, chiamiamo Occultismo; comprendeva cioè le varie branche della Perfetta sapienza: la teurgia, la taumaturgia, l'astrologia, l'alchimia[2] e la magia. Da ciò si vede ch'è impossibile considerare isolatamente lo stato d'una sola di queste cognizioni. Un intimo legame le rappiccava e le rappicca l'un l'altra, in virtù della legge dell'analogia, che regna sui tre piani dell'universo, e senza il cui aiuto si cade nelle sterili incertezze della specialità contemporanea.

Nessun iniziato si può confinare in una particolarità rigorosa, senza aver prima dato un colpo d'occhio al complesso della scienza d'Ermete e imparato a usare i segni di correlazione, che riuniscono in una sintesi perfetta i molti capitoli del gran libro della natura!

I santuari, applicando questo principio nella sua massima estensione, conducevano gli studenti fino al punto di percepire l'unità assoluta sotto le sue diverse forme. Da quel momento era possibile la comunione del corpo umano con la natura naturata o fisica[3], dell'anima con la natura naturale o provvidenza[4] e dello spirito con la natura naturante o divina.[5]

Questa triade si realizzava mediante la coscienza adeptale, quarto termine dell'essere,[6] involgente il ternario con l'intuizione o l'estasi. 

 

 


 

 

Il vero nome della Scienza Occulta, [come l'espressero gli antichi Magi] è ermetismo. Il simbolismo di questa parola ci esprime una pregevole rivelazione. Difatti sappiamo che i sacerdoti egiziani dichiaravano essere Ermete figlio d'Osiride o di Misraim e di Iside.

Ora Osiride, il dio maschio, aveva per corrispondenza, nel piano fisico, il sole; nel piano astrale, il principio maschile, animatore o creatore; e nel piano supremo, [divino], l'Essere, colui ch'esiste, [Dio]!

Iside, poi, era la Natura feconda, sempre vergine e sempre pregna del Verbo, del Figlio di Dio, [sempre piena d'anima, d'attività, di vita]. Iside simbolizzava il principio femmineo, la realizzazione, il polo fisso e materiale del fluido astrale, della sostanza eterna, [dell'etere]!

Ma questo Verbo di Dio, figlio della Vergine [di Madre Natura], che poteva essere, se non Ermete? Ermete ch'è lo Spirito Santo Vivificatore o trasformatore senza posa di tutto, ch'è la Parola vitale, ch'è il Messia di tutti i secoli, ch'è la corporizzazione dei due termini precedenti? Ermete, cioè, per dirlo più semplicemente, il Sale [l'Anima], che possiede in se stesso il Solfo [lo Spirito] e il Mercurio [il Corpo]?[7]

Per queste ragioni riteniamo ch'Ermete non abbia avuto esistenza propria e umana e releghiamo la storia del principe salvatore di tal nome nel dominio della leggenda. Sì, Ermete fu un messia, fu il Verbo di Dio; ma questo messia fu, è e sarà di qualsiasi tempo, ma questo Verbo s'immortalizza tanto nell'eternità del passato, quanto in quella dell'avvenire, in un eterno presente!

Del resto il mito ermetico conferma queste considerazioni, che i veri adepti condividono con noi. Si narra ch'Ermete o Mercurio Trismegisto (si osservi che questo nome enuncia la legge del ternario) o Thoth (Tot), fu un principe - figlio d'un dio (Osiride) e d'una dea (Iside) - dotato di soggiunge che questo modello d'intellettualità, fin dal suo avvento al trono, ristabilì la religione, la morale e le leggi, conculcate dal suo popolo. Fu autore di quarantadue opere sulle scienze occulte e fu il vero padre del pensiero.

Tutto questo, in mancanza d'altre prove, c'indica l'impersonalità dell'eroe egiziano, l'impersonalità dell'essere collettivo, [il genio del popolo egiziano], del quale fu fatta un'umanizzazione della divinità. Mistero imperscrutabile del popolo ignorante, ma il cui purissimo esoterismo raccontava la evoluzione dei principi dell'universo!

Noi non abbiamo alcun motivo per negare che siano esistiti, nella cronologia dei faraoni, uno o due re, portanti il nome di Tot. Quello che c'interessa però di far rilevare si è, che il Grande Ermete, l'Iniziatore messianico per eccellenza, la Personificazione della scienza occulta, non fu che un mito emanato dai collegi sacerdotali, non fu che una rivelazione[8] scientifica[9].

L'evidenza di questo fatto apparirà più chiaramente, quando rammenteremo ai lettori che l'antichità considerò sempre le persone come non esistite e che non ne registrò mai i nomi nella storia; ch'essa segnò soltanto un succedersi di secoli; e che, di consueto, mise in vista soltanto qualch'epoca notevole, alla quale, secondo l'uso di que' tempi fu attribuita una vera esistenza individuale[10]. La bibbia intera, ch'è molto più recente dei libri ermetici (perché rimonta a soli mill'anni avanti l'era cristiana), poggia pure s'un tale processo, che per le nostre abitudini così minuziosamente analitiche è d'un sintetismo che confonde.

Quando si studiano gli antichi misteri, bisogna tener presente che la Scienza era pòrta agli studiosi sotto forma mitica (exoterica), o geroglifica (esoterica) e che i geroglifici stessi erano velati, stante il triplice significato che avevano[11].

Soprattutto, per parlare di ciò che concerne l'alchimia, - specializzazione fisica dell'ermetismo -i soli geroglifici possono essere decifrati utilmente, durante tutto il periodo dell'antico Egitto. Nel racconto dell'esistenza leggendaria d'Ermete e nel testo delle opere attribuite a lui troviamo la storia teorica e pratica della spargiria, e anche quella di altre parti della Scienza Sacerdotale. Disgraziatamente la più parte di questi preziosi manoscritti, ai quali i maghi avevano affidato le loro profonde cognizioni, andò perduta. Si sa bene, essi furono distrutti.

Questa, per la storia della teurgia, del misticismo e delle religioni, è una perdita irreparabile. Ma quel poco che fu custodito e trasmesso è bastato alle fraternità iniziatiche per tramandare inalterata la parola del passato [l'idea antica], parola che permette di penetrare fin nella cripta occulta e di sollevarne il velo, che nasconde il Bello agli occhi dei profani.

 

 


 

 

L'ermetismo apriva l'adito ai tre mondi universali, governati dalle stesse potenze, per mezzo del metodo analitico e deduttivo. La teurgia faceva pervenire fino al piano superiore, nel quale agiscono i principi. E il teurgo, reintegrato quasi in Dio, poteva evocare le sue forme angeliche, mediante lo spirito divenuto preponderante.

La magia apriva la porta che da accesso al piano astrale o delle leggi. Il mago, divenuto signore degli elementi della natura, [delle diverse specie dell'etere], li imprigionava e li volgeva al fine prestabilito. Il taumaturgo si giovava della forza astrale per affrettare le guarigioni ed equilibrare il dinamismo. L'evocatore disponeva circolarmente il medesimo agente. L'alchimista doveva chiamarlo in suo aiuto per cambiare l'orientazione degli atomi.

L'alchimia si rappiccava anche, più particolarmente della magia, al piano fisico, cioè al piano dei corpi materiali, al mondo dei fatti.

L'alchimista agiva sulla vita atomica e molecolare, sugli esseri delle famiglie vegetali (preparazione degli elisiri terapeutici) e animali; il terapeuta applicava i suoi sforzi all'uomo; l'astrologo studiava la posizione degli astri, cioè degli atomi dello spazio celeste, e le loro reazioni fluidiche sugli abitanti della Terra.

Ma ognuna di queste branche dell'ermetismo poteva e doveva, a sua volta, essere considerata in relazione coi tre precedenti piani[12].

Prendiamo, ad esempio, l'alchimia. Siccome aveva per scopo la realizzazione della Grand'Opera, così essa la estendeva: 1) al mondo intellettuale, dicendo all'uomo: "Innalzati fino a Dio per mezzo dell'estasi e della sublime comunione ch'esiste tra la natura e l'altruismo"[13]; 2) al mondo astrale o psichico: l'apprendista doveva acquistare la santità, padroneggiando i sensi, ed entrare nel mondo astrale, liberando il doppio sidereo [l'anima] dalle strette corporee[14]; 3) al mondo fisico, mediante la trasmutazione dei corpi e dei metalli, operata con la sintesi chimica. Quest'ultima facoltà dipendeva in certo modo dalle altre due: per ottenere l'oro perfetto, l'alchimista doveva saper già produrre l'oro filosofia) e l'oro astrale[15].

L'alchimia dunque studiava i principi, le leggi e i fatti, pel canale d'un sol problema, che doveva esser risolto in tre differenti maniere. Potremmo mostrare che nelle altre branche dell'ermetismo s'affacciava un quesito identico; ma sarebbe un inutile dilungamento: i lettori comprenderanno certo senz'altri chiarimenti.

L'investigazione suntuaria dei libri ermetici ci proverà in altra maniera la universalità della scienza egiziana.

Il primo di codesti libri conteneva gl'inni per onorare l'Essere supremo; il secondo era un trattato completo dei doveri reali (è risaputo che i re erano eletti dai santuari: essi dipendevano dunque dai maghi, dei quali avevano seguito i corsi[16] e dai quali avevano imparato le generalità dell'ermetismo; i sovrani possedevano l'iniziazione di secondo grado[17]; da ciò si comprende il potere ch'ebbe il sacerdozio antico, fin da tempi remotissimi.

I quattro libri seguenti erano destinati ai sacerdoti che s'applicavano all'astronomia e all'astrologia. Il primo trattava del grado dei pianeti; il secondo delle congiunzioni del sole e della luna; i due ultimi del sorgere e del tramontare del sole[18].

Altri dieci volumi comprendevano tutta la scienza dei sacerdoti, Ierògrammi, [Ierogrammati] o scrittori sacri. Il primo insegnava i caratteri geroglifici, cioè il sistema segreto di scrittura, usato dai soli iniziati[19].

Il secondo narrava la storia del mondo, dell'universo; esso considerava l'azione primordiale dei principi. Il terzo studiava la Terra co' suoi vari regni. Nel quarto erano trattate le leggi del corso solare e lunare. Il quinto si riferiva al moto dei pianeti; i successivi trattavano dell'Egitto, del Nilo e delle sue proprietà sacre; i rituali e i sacrifizi formavano il sommario dell'ultime opere.

In altri dieci libri i sacerdoti aspiranti alle supreme dignità della loro gerarchia trovavano le regole della disciplina ecclesiastica e del culto, che dovevano rendere agli dei. Offerte, inni, preghiere, cerimonie, feste, astinenze, purificazioni, espiazioni e funerali: tal era il sommario di questo codice sacerdotale.

Poi, in un'altra decade di volumi, erano trattati i problemi dell'alta teurgia, le leggi generali e particolari; essi s'intrattenevano sulla natura dell'anima e su quella degli dei.

Gli ultimi sei libri, riservati alla medicina, contenevano la descrizione del corpo umano, l'analisi delle malattie, l'esposizione dei rimedi; questi erano destinati ai preti che si votavano alla terapeutica.

Dopo questa esposizione della scienza colossale dei maghi egiziani, occorrerà anche affermare ch'Ermete, il dio trismegisto [comprendente cioè tre dottrine: la cosmogonia, l'androgonia e la teogonia], non dev'esser considerato altrimenti, che come il Verbo involuto nel mondo [il Christos] e incarnato in ogni individualità pensante, che lo costituisce e ricostituisce? 

 

 


 

 

I Caldei ricevettero in deposito, nei loro tempi, la quasi totalità dei misteri egiziani. Però i loro sacerdoti non acquistarono tanto potere teurgico e contemplativo quanto i preti d'Ammone. Per lo contrario, conobbero a perfezione la pratica dell'astrologia e dell'arti psammurgiche, ch'eran riservate e rivelate ai soli iniziati, dopo prove terribili e noviziato lunghissimo. L'alchimia si sviluppò tra loro splendidamente: la ricchezza dei santuari caldei sorpassava di gran lunga le più immaginose creazioni della fantasia delirante: gli zaffiri, i diamanti d'acqua purissima, i rubini, gli smeraldi e i topazi fabbricati nei laboratori, sposavano le loro tinte all'oro rifulgente e all'argento selenico, che i dotti ermetìsti ottenevano artificialmente; le colonne e i capitelli degli ziggurat sfolgoravano di fuochi ardenti.

mosè fu iniziato ai misteri dei templi egiziani: questo fatto è incontrastato[20]. Sappiamo anche che possedette i diversi privilegi dei grandi adepti: il potere completo sull'astrale, che gli elargiva il dono dei prodigi, chiamati dal volgo miracoli; e la possibilità di trasformare i corpi, anche servendosi della semplice bacchetta magica (influsso della volontà).

Mosè ricevette [da Dio] la missione di scegliere un modo per affidargli i geroglifici sacri; sicché la razza semitica conservò segretamente, nei suoi tre significati ermetici, la sparita scienza egiziana, che dapprima fu confinata nella scuola alessandrina e poi passò frammentariamente agli Gnostici, depositali postumi della tradizione esoterica. È ben vero che, alcuni secoli dopo Mosè, i sacerdoti ebrei non sapevano più interpretarla, ma è anche vero che il popolo, leggendo continuamente la Genesi, se la tramandò di famiglia in famiglia, insieme col Sepher Berechit. Più tardi lo Zo-Har lasciò in legato all'età future il simbolo primitivo della sfinge, chiamato con nome ebraico Qabalah.

La Cabbala è puramente originaria dei templi egiziani, essa fu trasmessa agli Ebrei da Mosè, che rappresenta il legame o il passaggio della tradizione egiziana ai Beni-Israel.

Ma la lingua sacra, nella quale erano scritti i libri iniziatici della legge mosaica, andò perduta; i copisti ignari la troncarono; i leviti non la conobbero più, né bene, né male; solo gli Esseni[21] divennero custodi del tesoro, alla condizione però di non divulgarne briciola ai profani, nel cui numero si trovavano a quell'epoca anche i sacerdoti. Le versioni della Bibbia, eseguite basandosi sulle tradizioni greche concernenti gl'incompresi manoscritti ebraici, o sui dati volontariamente incompleti degli Esseni, - versioni che rimontano a un'epoca, che va dai 300 ai 150 anni prima di Gesù Cristo, - offrono a mala pena la chiave del senso vero del libro[22]. Tali sono la celebre versione dei settanta e, dopo, quella di San Girolamo! I traduttori infedeli si sono curati soltanto di ridare, mal reso, il senso volgare. Qual significato può avere un'opera tale, privata dei suoi principali termini?

Gli Esseni[23], presso i quali Gesù soggiornò molto tempo e che custodivano la tradizione santa, ebbero per continuatori gli Gnostici, veri missionari della verità, erranti per ogni ove, i quali sposarono di nuovo le rivelazioni mosaiche a quella dei maghi egiziani. È per loro mezzo che noi, nelle nostre fraternità occidentali, possediamo ancora la Cabbala, giacché essi portarono la buona Parola tanto in Grecia, quanto nell'Arabia che nella Gallia, agli ultimi druidi. Sono stati essi ch'hanno salvato il Verbo dalla profanazione!

Mosè è dei nostri nella sua qualità di alchimista, giacché anzitutto la spargiria come sopra dicemmo, fa parte integrale dell'ermetismo, nel quale egli eccelse; poi perché egli rappresenta la corrente semitica dell'occultismo, della quale applicò tutti i principi; e da ultimo per la ragione che la Genesi racchiude numerosi esempi di cambiamenti molecolari: il Sepher-Berechit studia le forze multiple del cosmo, meglio dei nostri dotti contemporanei. Grazie a Fabre d'Olivet, possiamo commentare quella maestosa esposizione.

Nell'India la conoscenza dell'alchimia risale, similmente, a una remotissima antichità. La certezza di questo fatto c'è mostrata dai testi egizi, caldei e persiani, i quali affermano unanimemente la filiazione della Scienza Santa dall'Asia alla Terra delle Piramidi[24]- e dallo studio dello esoterismo cinese, che ci permette di risalire storicamente fino a ventimila anni fa.

Ma è tempo di lasciare queste considerazioni, che alla più parte dei nostri lettori devono riuscire troppo astratte. Difatti non è il caso di esporre una serie di nomi positivi, accompagnati da aneddoti comprovanti; invece siamo costretti a ripetere che in quei secoli da noi così lontani, che quando tentiamo di scandagliarli siamo colti da vertigine, un'epoca millenaria era considerata come un essere, veniva battezzata con un nome e prendeva posto nella cronologia. Lo studio d'una tal sintesi seriale, effettuato secondo la chiave simbolica dell'occultismo, sembra dunque, pel momento, incomunicabile ai nostri contemporanei e noi siamo costretti a giungere fino al quinto secolo prima di Cristo, fino a Democrito, per mettere il piede su un terreno positivo, cioè su un terreno tale, quale l'intendono i dotti del giorno d'oggi. 

 

 


 

 

Democrito,che visse cinquecent'anni prima di Cristo, fu iniziato ai misteri egiziani nel tempio di Vulcano a Menfi. Nacque ad Abdera, città trace, posta sul lido egèo; suo padre, gran signore alla corte di Serse, re di Persia, lo confidò ai magi di quella nazione. Terminata la sua prima istruzione, Democrito risolvè di viaggiare, secondo l'usanza di quei tempi, per acquistare profonde cognizioni. Soggiornò breve tempo in Grecia e poi raggiunse l'Egitto, che per celebrità non aveva pari.

Si sa quanto fosse difficile l'accesso ai tempi, in ispecial modo agli stranieri. I sacerdoti, severi custodi di quei pii ritiri, mettevano in opera tutti i mezzi per respingere il neofito, e ciò praticavano non per allontanare i candidati al sapere, ma per trasmettere i privilegi sacri ai soli uomini di maschio e invincibile coraggio.

Democrito trionfò delle prove, parecchie delle quali erano pericolosissime, e perciò fu ammesso all'iniziazione[25]. L'insegnamento non si comunicava già in pochi anni. L'iniziato doveva armarsi di pazienza per ottenere, uno ad uno, i diversi gradi sacerdotali, dei quali era insignito soltanto dopo aver dato prove certe e progressive di virtù, d'intelligenza, di volontà e di facoltà extranaturali. Pitagora aspettò più di vent'anni il titolo di sacerdote. Dopo un sì lungo trascorso di tempo, ben si comprende come tutta l'umana natura dovesse essere rigenerata dalle pratiche mistiche, dalla pazienza e dal silenzio. Allora l'iniziato veniva giustamente chiamato il rinato, il nato due volte, o l'uomo nuovo. Democrito ebbe per maestri ostane e Pammene. Ostane impiegava puramente e semplicemente la vita ignea nell'arte della crisopea e, in uno dei suoi trattati, definì con termini eccellenti l'elisir filosofico o acqua divina, "che guarisce i vivi e resuscita i morti". In Egitto Democrito fece la conoscenza di un'Ebrea chiamata Maria, versatissima nella qabalah, alla quale si deve un libro sulla scienza ermetica[26]. E noi siamo debitori del Trattato dell'Arte sacra, che Democrito scrisse in quell'epoca, ai legami amichevoli che correvano tra lui e lei e diversi sacerdoti egiziani. Egli compose in seguito quattro libri sul colore dell'oro, dell'argento, delle pietre preziose e della porpora (Physica et Mystica).

Lasciato l'Egitto, Democrito si recò nella Caldea, dove s'iniziò alle cognizioni astrologiche; poi raggiunse l'India. In seguito tornò ad Atene, dove s'incontrò con Socrate; poi tornò alla sua nativa città. Là si consacrò a vari lavori spargirici, fabbricò pietre preziose e metalli artificiali. Morì all'età di centonove anni, durante le feste di Cerere.

Dei numerosi adepti dei santuari egiziani meritano speciale menzione scimète, cleopatra, petasio e pauseride.

Le opere di Democrito e degli alchimisti or ora nominati si trovano alla Biblioteca Nazionale di Parigi, sotto forma di manoscritti greci. 

 

 


 

 

La filosofia fu conosciuta dalla Grecia. Essa inviava i suoi più eccelsi geni a istruirsi dai sacerdoti d'Iside e d'Osiride[27]; e parimente gli Egiziani si recavano nell'Ellade. Però, se vogliamo trovare colà qualche traccia di questa scienza, non ci conviene risalire oltre il secondo e il terzo secolo prima di Gesù Cristo. Ciò non deve maravigliare: la scienza alchimica non offriva alcuna attrattiva allo spirito leggero e soprattutto poetico dei Greci. Essa richiedeva meditazioni troppo lunghe e ricerche troppo faticose per convenir loro. Inoltre, bisogna aggiungere che i maghi non avevano piacere di confidare i loro segreti a codesti intelletti versatili sì, ma evanescenti, a codesti temperamenti alquanto timidi che alle prove iniziatiche erano presi da spavento. Queste ragioni ci spiegano anche il motivo per cui la Scuola Alessandrina, sebbene tanto brillante, rimase troppo superficiale per essere atta a ricostituire la scienza egizio-caldea nella sua integrità; vi dominò l'elemento greco. 

 

[alessandro d'Afrodisias, distillatore dell'acqua marina e inventore del lambicco, che visse sotto Caracalla, cioè tra il II e il III secolo dell'E. V., non può essere da noi che accennato, perché ci mancano notizie sul suo conto e perché non levò gran grido[28]].

zosimo, Panapolitano [o Monipolita], [III sec. dell'E. V. ?], richiama, per primo, la nostra attenzione tra gli ermetisti di cultura greca usciti dalla scuola alessandrina. Tutti gli alchimisti ne parlano col massimo rispetto e lo chiamano la Corona dei filosofi.

Gli vengono attribuiti vent’otto libri alchimia, molti dei quali sono andati perduti. Ecco i titoli di alcuni dei pervenutici:

I. Memorie autentiche di Zosimo, Panopolitano, nelle quali si tratta del mercurio filosofico, della metafisica, dell'alchimia e degli stretti rapporti che corrono tra queste e l'altre branche della magia. Zosimo esprime completamente le idee degli Gnostici.

II. Del Tribicus (lambicco a tre punte). V'è data la descrizione dell'apparecchio, corredata di una serie di figure esplicative.

III. Un trattato sull'Evaporazione dell'acqua divina che fissa il mercurio.

IV. Il libro della virtù. Sulla composizione delle acque.

Quest'ultima opera è una delle più importanti del Panopolitano. I simboli, degni d'osservazione, offrono al ricercatore perspicace la massima varietà.

Tra gli altri scritti di questo filosofo, conservati manoscritti alla Biblioteca nazionale di Parigi, sono degni di menzione:

Un sommario dell'Arte sacra e divina della fabbricazione dell'oro e dell'argento;

Il primo libro del compimento, nel quale Zosimo afferma che il regno egiziano è sussidiato dall'arte di far l'oro[29].

Un Trattato degl'Instrumenti e dei Fornelli[30].

Zosimo visse quasi sempre ad Alessandria. Poco dopo lui, eccelse olimpiodoro, nativo di Tebe, e quindi africano, medico e alchimista.

Nel secolo IV troviamo una delle più importanti notorietà alchimiche, degna veramente di richiamare tutta la nostra attenzione: il vescovo sinesio.

Nato circa l'anno 365 dell'era cristiana, Sinesio fu nominato, nel 401, vescovo di Tolemaide, nella Cirenaica, per difendere quella città dai barbari. Indipendentissimo di spirito, iniziato di grande valore ai misteri ermetici, non accettò l'episcopato cattolico che a patto di custodire nell'anima sua l'esoterismo religioso dei simboli. Non credette ai dommi contrari alla filosofia; ammogliato e cristiano da poco tempo, intese conservare la sua sposa e le sue opinioni. Questi due privilegi gli furono concessi. Non per questo mancò ai doveri della sua carica: fu amato dal popolo per la dolcezza e la grazia che metteva ne' racconti essoterici e stimato dai sapienti per la splendida tolleranza d'iniziato, che gli faceva amare la verità, sotto qualsiasi velame fosse nascosta, e rifiutare di gettarne le brillanti perle "ante porcos".

A dirla corta, Sinesio fu Gnostico[31]. Fu amico intrinseco della celebre Ipazia, che professava filosofia platonica ad Alessandria e che fu lapidata dai Cristiani verso il 415[32].

Il vescovo di Tolemaide, che morì nel 490, lasciò parecchie opere notevoli, tra le quali un libro sui sogni e sulla loro interpretazione od Onirocritica e un altro sull'alchimia, eccessivamente originale. Fu tradotto in francese col titolo: Il vero libro sulla pietra filosofale, del dottor Sinesio, abate greco (Parigi 1612). Noi ne abbiamo riportata molta parte nel nostro volume: Come si diviene alchimista. 

 

archelao visse, all'inarca, in quella stessa epoca [secolo V]. Scrisse pochissimo, ma non per questo non fu reputato uno dei più coscienziosi ermetisti che siano vissuti. Esigeva da' suoi discepoli, oltre alle cognizioni teoriche, anche il dominio completo sulle passioni e sui desideri sensuali. Però non la poté contro la decadenza della filosofia ermetica e della cultura ellenica, decadenza che s'andava allora accentuando in Egitto. 

Il Tempio di Serapide, centro della civiltà greca ad Alessandria, centro della cultura gnostica e dei lavori terapeutici, alchimici e magici, fu distrutto dai Cristiani e dai frati, per ordine ricevutone dall'Arcivescovo Teofilo[33].

La biblioteca[34] fu bruciata e la Scuola alessandrina scomparve per opera del più odioso fanatismo[35]. Il serapèo di Menfi e il tempio di Ftà, che celavano i laboratori, scomparvero del pari in quell'epoca.

I filosofi perseguitati ripararono in Atene e di là si sparsero per l'Arabia, dove trasmisero le dottrine della santissima gnosi e il sacerdozio ermetico a un certo numero di adepti arabi, i quali, nel secolo XIII, illuminarono i Latini, iniziandoli alle loro scuole, basate ancora sui principi dei templi egiziani[36]. Peraltro gli Arabi mantenevano già da molto tempo relazioni scientifiche con l'Egitto e con la Persia. 

 

jeber abu musa giafar ES-SOFI, o più brevemente Geber [o Giaber], fu il più celebre degli alchimisti arabi. Nacque ad Haran, nella Mesopotamia[37], alla fine del secolo ottavo. In quell'epoca la civiltà orientale brillava del massimo splendore e Bagdad, divenuta il centro delle umane cognizioni, sostituiva quasi Alessandria.

Giaber compì gli studi alla scuola di Edessa, che godeva giustamente molta reputazione. Vera insegnata la più parte delle lingue: il greco, il caldeo e il siriaco, e v'eran commentate l'opere de' più dotti filosofi.

Giaber non solo s'assimilò le parole dei maestri, - poca cosa, invero - ma si fece notare per la sua iniziativa nella scienza alchimica.

Paracelso l'ebbe in grande stima e lo chiamò magister magistrorum (Maestro dei maestri)[38]. Difatti la sua Summa perfectionis abbraccia, in modo originalissimo, tutta la spargiria. Egli indica, in termini perfetti, le qualità richieste per l'adeptato: volontà, perseveranza e pazienza, e ne commenta gli effetti sull'opera.

Versatissimo nella pratica, Giaber constatò la maggior parte delle nozioni sperimentali, delle quali andiamo oggi tanto orgogliosi. [Trovò la preparazione dell'acido nitrico e dell'acqua regia... conobbe - forse - i preparati della potassa colla calce, del sale ammoniaco e dell'alcool, non che la pietra filosofale, il sublimato corrosivo, ecc. ]. A lui spetta anche l'onore d'aver diffuso nel mondo profano il gusto per la chimica volgare, cioè per l'essoterismo della scienza ermetica. Fece far passi giganteschi alle conquiste industriali, pur conservando accuratamente, mediante uno scelto cenacolo, i segreti tradizionali della pietra trasmutatoria.

Il Compendio di perfezione di Giaber si trova, in latino, nella Biblioteca Chimica del Manget. Fu tradotto in francese e inserito nella Biblioteca dei Filosofi chimici del Salmon.

Dell'altre sue opere, meritano d'essere menzionati: il Testamento e il Trattato dell'alchimia [Lapis philosophorum]. Gli vengono attribuiti cinquecento scritti, dei quali però molti si sono smarriti e molti sono, senza dubbio, apocrifi. 

 

Nell'840 dell'era nostra, venne al mondo a Rages, presso Ecbàtana, rhazes, razes o razi. Era figlio d'un mercante, chiamato Zaccaria. A vent'anni si mise a studiare filosofia, poi scienze naturali e medicina. Il suo iniziatore fu Tabri.

Dopo aver viaggiato in Siria, in Egitto e in Spagna, Razi si fermò a Bagdad, dove lavorò lungo tempo nei famosi laboratori chimici, installati colà dal califfo. Per la sua scienza, in breve, fu nominato capo dell'ospedale di quella città. Egli vi fece cure notevoli, applicando le nozioni alchimiche alla medicina. Pur nondimeno le sue occupazioni non gli impedirono di dedicarsi al suo studio prediletto: l'arte spagirica. [Conobbe l'olio di vetriolo ossia l'acido solforico]. Scrisse un trattato completo sull'Alchimia, posseduto adesso dalla biblioteca di Leida. Morì più che ottuagenario, circondato da cure rispettose e amorevoli.

[Questo sapiente fu tanto stimato, che nelle scuole mediche, anche dopo che fiorì lo studio salernitano, si continuò un gran pezzo a spiegare le sue opere, che facevano autorità al pari di quelle di Aristotele e di Avicenna].

In seguito, nel corso del secolo X, comparvero Moriano e Calid.

Moriano era Romano. Studiò dapprincipio nella città eterna sotto gli occhi del padre e della madre. Ma, avendo letto le opere d'Adfar, famoso filosofo alessandrino, fu preso dalla brama di conoscere la scienza santa, sicché lasciò la famiglia e si mise sotto la disciplina di quel maestro egiziano. Quando costui fu morto, Moriano si ritirò in un eremo, dal quale uscì allo scopo d'istruire il sultano d'Egitto, calid, principe intelligentissimo e curioso. Realizzò dinanzi a lui la trasmutazione metallica, poi, sdegnando qualsiasi ricompensa, tornò al suo ritiro. Allora Calid, disperato per la sua partenza, lo fece cercare dai propri ministri e pervenne a trattenerlo a corte. Ne divenne fedele discepolo e fu da lui iniziato ai segreti misteri.

[Dopo costoro, meritano menzione Alfarabi e Gerberto d'Aurillac. Il primo fu un celebre filosofo arabo, che morì nel 950, lasciando ai posteri la prima Enciclopedia che si conosca e un Trattato di Musica. A lui si assegna da alcuni il fatto da noi attribuito a Moriano, cioè che insegnasse al sultano Calìd il segreto della produzione dell'oro. 

Gerberto D'Aurillac o di Soisson, monaco del monastero di Bobbio[39], fu maestro dell'imperatore Ottone III. Fu l'uomo più dotto dei suoi tempi. Alcuni lo vogliono celebre mago, altri semplice magista. Iniziato alla scienza sacra in Spagna, diffuse in Italia, mediante i suoi confratelli, l'uso delle cifre arabiche; poi - secondo che narrano le cronache - fu innalzato al seggio pontificale in virtù d'un patto stretto col demonio. Silvestre II godé poco dell'eccelsa carica: eletto il 2 aprile 999, morì il 13 maggio 1003]. 

 

Avicenna [in arabo Abu Ibn Sina] ci costringe a soffermarci ancora tra gli ermetisti orientali. Nacque nel 980 nei dintorni di Scivaz, piccola città persiana, [o ad Afsenna, nel canato di Bocara]. Mostrò talento precoce nelle matematiche e nella più sublime filosofia.

Come tutti gli adepti di quei tempi, praticò quella medicina che deriva direttamente dalla spargiria e dovette una desideratissima reputazione a numerose e sollecite cure [fu detto Principe dei medici. Fu anche astronomo. Dante lo nomina nel IV canto dell'Inferno: 

 

....... e vidi......

Ippocrate, Avicenna e Gali'eno, 

Averrois che 'l gran commento[40] feo.

(v. 143 e 144). ] 

 

La sua fama crebbe maggiormente durante i viaggi che fece nell'Arabia e nella Siria, regioni che percorse da nomade. Alfine si stanziò a Ispahan, dove morì [nel 1037 o 1057]. [Altri però lo vuoi defunto ad Hamadan nel 1073. Questa notizia è più attendibile dell'antecedente]. Lasciò parecchie opere reputatissime, due delle quali sull'alchimia: il Tractatulus alchemiae e De conglutinatione lapidum [Sulla medicina lasciò i Libri quinque canonis medicinae]. 

 

 

 

[1] Dall'Hyperchimie del 1897-98. Il traduttore ha distinto le sue aggiunte al testo con parentesi quadre e le sue note con speciali dizioni.

[2] Alchimia dell'arabo al-Kimia  -  al Chimia o alchimia la chimica - e un de al-Kimisia, che dalla stessa parola collana raddoppiata richiedente l'accento tonico nella vocale della seconda sillaba. Dunque diremo sempre alchìmide, come gli Arabi nostri maestri in quella scienza, e come Dante. (N. d. T.)

[3] L'alchimia e la palingenesi. (N. d. T.)

[4] La terapeutica occulta e l'ermetismo. (N. d. T)

[5] L'estasi e la profezia. (N. d. T) 

[6] I primi tre termini dell'essere sono: la materia, l'anima e lo spirito.(N. d. T.)

[7] Dunque Ermete significa vivificante, animatore ed ermetismo vale vitalizzazione. (N. d. T.)

[8] Rivelazione, nel senso giusto della parola (rivelare [velare di nuovo] in opposizione a svelare). 

[9] Forse esiste anche un grand'iniziato, chiamato Ermete; ma Tot dinotava, anzitutto, l'iniziazione egiziana, il Christos divino. 

[10] Come da noi il Trecento, il Quattrocento, il Rinascimento, il Risorgimento, considerati nelle loro manifestazioni complessive. (N. d. T.)

[11] I geroglifici, veri pentacoli, avevano un senso positivo o materiale, uno comparativo o allegorico e uno superlativo o divino. Le scritture egizie erano tre: demotica o epistolografìca, ieratica o scientifica e geroglifica o ammonea. (N. d. T.) 

[12] Piano, in questo caso, significa divisione del cosmo. (N. d. T.) 

[13] Mediante la reintegrazione e il sacrifizio. (N. d. T.) 

[14] Con lo sdoppiamento, proiettando l'anima fuori del corpo. (N. d. T.) 

[15] La trasmutazione alchimica avveniva dopo avere ottenuto l'animica e la morale. (N. d. T.) 

[16] I collegi sacerdotali erano università di studi. L'antichità non conobbe università laiche; tutto l'insegnamento superiore era nelle mani dei sacerdoti. (N. d. T.) 

[17] L'iniziazione egizia (Krata Repoa) comprendeva otto gradi: Pastoforo (Apprendista), Neocoro (Compagno), Melanoforo, Cristoforo, Balahate, Astronomo, Profeta e Demiurgo (Ispettore). I primi tre costituivano l'insegnamento inferiore (iniziazione isiaca); i restanti, il superiore (iniziazione osiridea). (N. d. T.) 

[18] Lenglet-Dufresnoy, Histoire de la Philosophie Hermétique, voi. I, p. 13. 

[19] Il popolo non conosceva che il demotico (lett. popolare; il corsivo). I geroglifici gli venivano spiegati dai sacerdoti nelle solennità. I sacerdoti inferiori riconoscevano il demotico e lo ieratico (lett. sacerdotale). - Gl'iniziati possedevano anche la cognizione del sistema geroglifico (lett. incisione sacra; il lapidario). Questi caratteri amunei e sacri costituivano propriamente una sigla misteriosa, comunicabile ai soli jerofanto, perché magica, cioè evocatoria. Essi rappresentavano foneticamente le parole della lingua adamica, o sacra; della lingua del Vero o delle idee, nota agli Amonei (Figli di Amun o del Padre, perch'Amun vuol dir, tra l'altre cose, padre cioè: Discendenti dal capostipite della razza sacerdotale, sacerdoti) o adepti di tutto il mondo: agli Egiziani, agli Etiopi, agli Assiri, ai Greci, agli Etruschi, ai Celti, ai Baschi, ecc. (V. De Brière, Essai sur le symbolisme antique, pag. 25, 30 nota 1, 78, 81 nota, 93). (N. d. T.) 

[20] Si consulti lo stupendo libro di E. Schuré: I Grandi Iniziati (Mosè). 

[21] Gli Esseni del Monte Moria ricevettero la tradizione dai Recubiti, il cui capo fu GIONADAB, e costoro alla lor volta l'ebbero da'Cheniti, il cui capostipite fu GETRO, suocero di Mosè. Dagli Esseni derivarono due fratellanze: i Cabbalisti, ebraizzanti, e gli Gnostici, cristianizzanti.

[22] Vedi Renan. - E. Ledrain. 

[23] San Giovanni Evangelista, ch'era iniziato, fu un discepolo della scienza ermetica. 

[24] La tradizione passò dall'India nell'Etiopia e da questa nell'Egitto. I ginnosofisti di Meroe erano fratelli de'ginnosofisti indiani. Memfi imperò da Meroe. Mosè stesso dovette il suo potere alle cognizioni scientifiche acquistate durante la sua dimora nel paese di Getro o Cheni. (V. Saint-Yves d'Alveydre, Mission des Juifs). (N. d. T.) 

[25] Vedi Giamblico, De Mysteriis aegyptiorum. (N. d. T.) 

[26] Attento, acuto lettore! (N. d. T.) 

[27] Pitagora è il più grande iniziato greco all'esoterismo egiziano (VI secolo av. Cr.). [A lui seguivano Aristotile, lo Stagirita (384-322 av. Cr.) al quale sono attribuite molte opere che trattano d'alchimia; e il medico Dioscoride (I sec. dopo Cr.), che pei suoi scritti sulla virtù delle erbe, sulle piante, sulle pietre, sui veleni e sui loro rimedi, e per le sue operazioni chimiche, fra cui la separazione del mercurio dal cinabro, godette gran fama per tutta l'età di mezzo. 

[28] Humboldt, Examen critique, ecc. II, 300 in nota. 

[29] Cfr. con quanto scrive il Bosc alla pag. 56 del suo pregevole libro: Isis dévoilée. (N. d. T.) 

[30] V. Berthelot: Les origines de l'Alchimie. 

[31] Cristiano iniziato, come San Giovanni Evangelista, Gesù e San Pietro. (N. d. T.) 

[32] Questa prima martire della gnosi deve la sua palma al buon vescovo Cirillo, che incitò la bruzzaglia a rapirla, a trascinarla nel vestibolo della chiesa, a denudarla, a lapidarla e a bruciare i brani del suo vergine corpo, assistendo impassibile a tanto scempio.

Permettendo e consigliando opera sì nefanda, egli si liberò da una temuta rivale. Fu una vittoria o una rappresaglia del cattolicesimo verso lo gnosticismo?

La stessa orda, qualche tempo prima, s'era pure scagliata sugli Ebrei della stessa Alessandria, li aveva fugati e n'aveva menato strage, dopo averli derubati. Così, fin da'primi secoli dell'E.V., il cattolicesimo inaugurava, contro i suoi pacifici oppositori, un sistema di... difesa, che doveva dare, in seguito, ottimi risultati: gli Albigesi, i Valdesi, gli Ugonotti insegnino. Il calcolo, però, non tornò: i martiri del libero pensiero avevano un'anima e un ideale, che si incarnarono in Lutero, in Voltairè e in Diderot, sicché, col trascorrere dei secoli, le vittorie si scambiarono in sconfitte. - L'umano patriarca d'Egitto, Cirillo, fu santificato. (N. d. T.) 

[33] Ciò avvenne nel 390, all'epoca dell'imperatore Teodosio. La biblioteca alessandrina, fondata dai Tolomei e arricchita da Marc'Antonio con incorporarvi quella di Pergamo, era stata già molto diminuita dal doppio incendio del Bruchion (il quartiere dov'era situata) avvenuto sotto Giulio Cesare e Aurelio. (N. d. T.) 

[34] La nuova biblioteca, costituita da libri raccolti dopo l'incendio dell'antica, che stava nel tempio di Serapide. (N. d. T.)

[35] Nel 641 d. C., per ordine di Amr, generale del Califfo Ornar. (N. d. T.) 

[36] Questi principi erano, peraltro, molto limitati: nessun centro iniziatico riuscì mai a ricostituire la scienza colossale dei maghi faraonici, la sintesi, insegnata nei santuari delle piramidi, comprende le arti magiche.

[37] Secondo altri autori, nacque a Thus (Persia). C'è pure chi lo vuol greco di nazione e di religione, quindi convertitosi all'islamismo. (N. d. T.) 

[38] Gli Arabi l'appellavano Re Giaber. (N. d. T.) 

[39] Fondato da San Colombano. È nella provincia di Pavia. 

[40] Il commento d'Aristotile.

 

 

 JOLLIVET-CASTELLOT F. - STORIA DELL'ALCHIMIA -

Introduzione Parte Prima Parte Seconda Parte Terza Parte Quarta

L'Alchimia dalle Origini fino al secolo XIV


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