I sei sonetti, che presentiamo alla lettura e allo studio dei nostri ospiti, sono tratti dal codice Riccardiano N. 946 della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Non vi è alcuna indicazione che li possa far attribuire a Frate Elia o a Cecco d'Ascoli o al Capodistriano, che sono gli unici scrittori italiani che abbiano trattato in poesia, il soggetto alchemico, ma a causa della molta analogia d'espressione, si è propensi ad attribuirli a Frate Elia.

Nello stesso codice è presente anche la bella e interessante:

Ode Alchemica di Fra Marcantonio Crassellame

che potete leggere con il relativo dotto commento in questa stessa sezione.

Furono pubblicati nel 1931 dalla Società Editrice Toscana e due di essi, il primo e il quarto, ripresentati sul famoso bimestrale di studi esoterici “La Fenicie” nel 1949; se ne conosce una ristampa della Editrice Atanòr.

Il 7/07/2016 un nostro attento visitatore ci ha segnalato che  questi sei sonetti non vengono dal ms Riccardiano 119 (che contiene solo trattati in prosa), come abbiamo erroneamente indicato nell'indice, ma dal Riccardiano 946, come abbiamo indicato nell'incipit di questa pagina, della Bibl. Riccardiana di Firenze. Lo ringraziamo della segnalazione.

"Atalanta Fugiens Fuga XII°"

Michaël Maier 1687

Sei Sonetti Alchemici

- 1 -

Voi pellegrini che andate in romitaso
cercando la scientia excelente,
la vostra serva va con lui in viaggio
monaco bianco pare a chi non sente ;
Ma lo re dell’universo spatio
di sciamito d’oro veste la sua gente
chollui si scontrò e folle e saggio ;
colerico bianco fa el suo sergente
Et è così benigno a chi l’uccide
che gli fa lume nella casa oscura
e di tristesa fallo ingiovanire.
Chi fa questo è di grande ardire :
Non altro che colui dal quarto cerchio
posto in lo inferno sotto il so martire.

 
- 2 -

Io son la vera luce a diradare
del sommo archimia ogni rustico e sodo
animo, son colui che senza frodo
dell’arte mostro ciò che si può fare.
Io son colui che chi mi vuol usare
da povertà lo spicho e da suo nodo
co l’arte, colla regola e col modo
col suo bel fine, col suo coequare
Corpo disfò e poi rifò un corpo
rimosso da materia, e dogli forma
sempre sguardando al velenoso scorpo
Traggo da sua materia e metto in forma
[manca un verso]
coagolando con fuoco e con norma.
Giammai non si disforma
dal tuo intelletto, se ben hai inteso
per questi versi quel che ti paleso.

 

- 3 -

Geber

Quest’è la pietra magna benedetta
la qual tractò Ermete et Gratiano,
Elit, Rosir, Pandolfo e Ortolano,
Pictagora con tutta la sua secta.
Questa non si concede a gentilesa
né a bellesa, né a esser humano,
di questo ogni pensiero torna vano
a chi per sua virtù la gratia aspetta.
Di gratia speciale, da Dio recetta
basse vivande, vivere mesano,
sua residensa sta in piccole tetta
De’ tu che miri la figura picta
riman contento, e bastite sapere
quanto el balestro la saecta gitta.
E nello amore di Dio sta felice
e non voler saper quel che non lice !

 
- 4 -

Questa è la pietra che si va cercando
dagli alchimisti per ogni sentiero
da color che hanno l’animo sincero,
ma non da quei che vanno sofisticando.
A tutti quanti loro vò dare bando,
però che sono tutti ingannatori,
e non cognoscono e loro errori ;
per tutto el mondo vanno trapolando
Di solfo e di mercurio farò, quando
io vorrò, tutto l’arte a punto ;
e co’ l’arsenico, ch’è il terzo congiunto,
col sale armoniaco imbeverando
farò di tutti quanti un congiunto,
putrefaciendo e poi lor calcinando :
E fassi un corpo, et è Elisir perfetto ;
dicoti el vero, per Dio benedetto !

 

- 5 -

O alchimisti ingrati, incredula gente
più che non fu Thomaso nella fede
andate sofisticando e nessuno crede
la verità mostrata a voi presente.
Al petto vostro recate la mente,
ché, come dice Cristo, più beato
sarà colui che non arà tocato
col dito la ferita tanto ulenta.
Quest’è la pietra ch’è tanto lucente
La qual trattò la gran Turba magna,
e dimostrasi a ciascuno intendente ;
la bella Rosa tratta certamente
delle scritture di quella compagna,
la qual parlò sì scuro a ogni gente.
El sole colla luna intendi il mio parlare
E col nostro mercurio seguitare.

 
- 6 -

Intendi e nota ben quel ch’io ti dico ;
l’anima non entra se non col suo corpo
là donde ell’è cavata, senza corpo ;
questa è la verità o caro amico.
Se un altro congiugni al suo nimico,
lavori invano e perdi el tempo tuo,
però che l’altro non è fratello suo
e l’opera tua non varrà un fico.
Ma quando si congiugne col suo amico
e tutti due fanno conjuntione
nel ventre del lione a te saputo,
alora ti puoi tocare sotto al belico
e dire : i’ son ,maestro certamente
e nessun altro vale un lombrico.
Sarà Elisir perfetto in fede mia,
e potrai combattere la Saracinia

Frate Elia Alchimista Thesaurum Rerum Solvete i Corpi in Acqua
Prendete lo Spirito che Vola Sei sonetti alchemici Est Fons In Limis