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Aver menzionato Eliphas Levi, alias Alphonse-Louis Constant (1810-1875) e la Golden Dawn (fondata nel 1888 e madre feconda di innumerevoli societates posteriori, direttamente o indirettamente ispirate ai suoi principi ritualistici e magicomistico-iniziatici) pone certo il problema di quali fossero le interpretazioni della tradizione operativa ermetico-alchemica distillate, all’interno della koiné esoterico occultistica internazionale di stretta osservanza dei secoli XIX e XX, da singole personalità carismatiche o da gruppi iniziatici organizzati.

Su tale argomento, converrà parafrasare le valutazioni assai chiarificanti cui è giunto, da più di un decennio, Massimo Introvigne, uno dei maggiori specialisti dei movimenti magici moderni, direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni).

Ebbene, secondo Introvigne, esiste una alchimia ermetica del corpo di luce che costituisce l’aspetto più interno, nascosto e dissimulato, di moltissimi movimenti esoterici moderni e contemporanei.

Le tecniche utilizzate per costruire il corpo di luce dell’adepto (una sorta di spirito corporificato o corpo spiritualizzato, pegno di sopravvivenza e immortalità dell’alchimista gnostico-ermetico) si basano su una peculiare visione speculativa del mondo naturale: Natura naturans e Natura naturata, Dio-Padre e la Materia Mater, Spirito e Corpo sono i simboli archetipici della Unità binaria e sessuale di un cosmo sostanziato da una sola energia, insieme invisibile e visibile, trascendente ed immanente al tempo stesso; trascendente, perché origine inesausta e incorruttibile di ogni forma manifesta e deperibile del creato; immanente perché imprigionabile, esperibile, rintracciabile, in modi più o meno privilegiati, in ogni angolo della vita dei corpi organici ed inorganici.

Tornando a Introvigne, egli ha potuto constatare come, nell’ambito dei movimenti magici moderni (imitatori, però, di discipline praticate con certezza evidente già nell’antica Cina, in India, dagli antichi gnostici e in alcune forme medioevali di esoterismo islamico) il contatto operativo con questa energia cosmica venga ricercato soprattutto attraverso la manipolazione e le molteplici presunte possibilità di trasformazione dell’energia sessuale e respiratoria. Tale ars transmutatoria sarebbe appunto l’ars regia ermetico-alchemica. Essa consiste nel padroneggiare delle tecniche di respirazione e delle tecniche sessuali al fine di realizzare quel corpo di luce incorrotto e trasfigurato di cui favoleggiano tante fra le millenarie tradizioni esoterico-iniziatiche o essoterico-religiose.

Secondo alcune pratiche analizzate da questo studioso il seme maschile e/o alcune secrezioni femminili sarebbero considerate la fonte della vita e non andrebbero disperse fuori dal laboratorio alchemico (il corpo dell’adepto), bensì assimilate e digerite per costruire il corpo d’immortalità. Secondo altre pratiche, invece, risvegliata l’energia sessuale e/o respiratoria mediante complicate arti - non certo alla portata di chiunque - essa, anziché fatta decadere in secrezioni grossolane utili, semmai, alla procreazione soltanto sul piano della materialità più

densa, andrebbe canalizzata fino ad attivare e risvegliare i centri di vita del corpo invisibile o eterico, base e fondamento di quello manifesto, e solo realmente passibile di divenire incorrotto ed aureo. In altri casi la assimilazione o la ritenzione del seme o di altre secrezioni, la magia del soffio vitale o prana vengono considerati come componenti parziali di un’unica disciplina complessa che tutti li utilizza e ricomprende, secondo tempi e modalità tanto precise quanto occultate ai più, anche all’interno degli stessi cenacoli esoterici.

Julius Evola (1898-1974), scrisse, nel 1933, un libro che raccoglieva i guadagni speculativo-operativi dell’autore attraverso gli studi e le esperienze degli anni precedenti.

La Tradizione Ermetica, riveduto in due successive edizioni, nel 1948 e nel 1971, tradotto nella seconda metà del XX secolo in inglese, francese, spagnolo, portoghese e tedesco, rappresentò un vero e proprio caso culturale. La straordinaria importanza di questa opera risiede anzitutto nel tentativo, tuttora ineguagliato, di spiegare e raccontare la quete alchimistica dei figli di Ermete entro una cornice cosmologico-sapienziale di vasto respiro.

Evola esordisce dichiarando che oggetto del suo studio sarà la tradizione ermetico-alchemica: non si tratta cioè solo delle dottrine comprese nel cosiddetto Corpus Hermeticum, ma anche di ciò che viene denominato alchimia. Egli afferma che gli scritti della tradizione alchemica sono comprensibili come porzione di una tradizione madre più vasta cui inoppugnabilmente fanno riferimento: quella ermetica.

La tradizione ermetico-alchemica è un insegnamento segreto, di natura sapienziale e simultaneamente pratica, operativa.

Tale insegnamento, varcando i secoli, si è trasmesso in modo uniforme dai Greci agli Arabi, fino a giungere ai tempi moderni.

Il mondo ideale di riferimento che traspare dalle dottrine dei veri alchimisti appare ad Evola inseparabile da quello che caratterizza lo gnosticismo, il neoplatonismo, la Qabalah e la teurgia: niente a che vedere con la chimica. Egli cita Jacob Böhme (1575-1624), il quale, nel suo De signatura rerum (1621) aveva affermato che: Tra la nascita eterna, la reintegrazione e la scoperta della pietra filosofale non vè differenza alcuna". Evola aggiunge che l’alchimia è una scienza che promette di far conseguire ai suoi adepti lo status che l’uomo aveva prima della caduta.

La reintegrazione, in questo senso, non ha un significato morale, bensì concreto e ontologico. Chi l’ha conseguita detiene poteri soprannaturali, i quali possono anche essere applicati, contingentemente, alla trasformazione di sostanze metalliche.

Lungo il corso mutevole della storia, in seguito alla caduta dell’impero romano, l’Occidente passa sotto l’influenza di una forma degenerata della tradizione sacerdotale: il Cristianesimo; religione spogliata quasi completamente di qualsiasi portata esoterica, dottrina semplicistica e insipida della salvezza sotto il segno deresponsabizzante di un redentore. Gli ermetisti, piuttosto che esporsi temerariamente alla censura e alla condanna per eresia, cui la religione cristiana li avrebbe destinati, preferiranno assumere una prudente maschera. L’Arte Regale della reintegrazione ontologica venne dissimulata attraverso la scienza chimica della trasmutazione dei metalli. E, prosegue Evola, l’alchimia non è un fenomeno culturale solo occidentale. Esistono un’alchimia cinese e un’alchimia indù che, a ben vedere, sapendo decodificare, corrispondono a quella dell’Occidente; sia per quanto concerne i simboli, le materie, le operazioni principali, sia per il fatto di possedere la struttura di una scienza fisica e parimenti metafisica o iperfisica, esteriore ed interiore.

La via ermetico-alchemica si propone di fabbricare l’oro della perfezione spirituale, senza rinnegare il corpo. II corpo, inteso in senso globale - tanto per le sue componenti sottili che per quelle grossolane - è contemporaneamente espressione e base della individuazione.

Ora, ciò che deve essere superato, trasceso, è non già il corpo in se stesso, bensì il rapporto patologico che l’io ha con il corpo, rapporto impregnato di desiderio, sete, bramosie incostanti, mutevolezza autodistruttiva.

Seguendo questa direzione esplicativa, il mito ermetico di Anthropos che muore nel grembo della natura terrestre per essersi innamorato della propria immagine riflessa nell’acqua - analogo al mito di Narciso - ci restituisce il suo più pregnante significato. Si sta parlando - sub velamine – dell’io che, incapace di dominare le acque, ossia le correnti animali della propria instabilità psichica e corporea, diventa una creatura asservita alle pulsioni insaziabili e incostanti del corpo, morendo a qualsiasi possibilità di superiore dominio su di esso, opzione concessa solo a coloro che si siano saputi innalzare alla dignità spirituale dell’eroe.

La trasmutazione alchemica dei metalli, allora, equivale alla ascesa rigeneratrice attraverso le sfere dei pianeti, descritta nel Pimandro ermetico, o al risveglio e al passaggio trionfante lungo i centri di vita (chakras) del corpo sottile umano, da parte del serpente kundalini, secondo gli insegnamenti tantrici della tradizione indiana.

In questo contesto, il concetto di individuazione appare fondamentale.

 

 

 

 

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