La Parola che prima appare al profano da iniziare alla Massoneria e ai misteri massonici nel gabinetto di riflessione, è la parola V.I.T.R.I.O.L La stessa è parola derivata direttamente dall’insieme degli insegnamenti, dei suggerimenti e delle proposte operative, oltre che dalle speculazioni alle stesse connesse, che nel corso della storia sono state tradizionalmente trasmesse, e a noi giunte sotto il nome di Alchimia. È parola questa adottata ormai da molti decenni dalla ritualità della Massoneria Universale, così come la stessa oggi viene comunicata e praticata. Appare perciò subito evidente che deve, o almeno dovrebbe, esistere uno stretto legame tra il simbolismo (se non addirittura sulla e tra la sostanza che esso rappresenta), riguardante l’iniziazione muratoria e la Massoneria stessa, da un lato, e il simbolismo dell’Alchimia dall’altro, da intendersi quest’ultima quale arte trasmutatoria di elementi vili in elementi preziosi e qualificati. Con il termine vitriolo, viene in chimica fatto riferimento ad un composto costituito dall’unirsi dello zolfo con diversi metalli, oppure ad altri modi di unirsi dello zolfo con altri elementi, il che ha dato luogo alla convinzione che alla fin fine per gli alchimisti il vitriolo fosse quello che conosciamo come acido solforico. Da ciò risulta evidente che il riferimento a tale termine comporta il riferirsi ad uno dei materiali con i quali gli operatori, in generale e genericamente detti Alchimisti, tendevano a realizzare la ricordata trasformazione del piombo, o comunque di una materia vile e di scarso valore, in oro, il compiuto raggiungimento del fine ricercato. Nella parete nord del gabinetto di riflessione, laddove è tenebra ed abisso, in alto!, appunto la prima parola è V.I.T.R.I.O.L. Ed è da tale parola che il recipiendiario parte per portare a termine il suo primo viaggio, quello riguardante la Terra, viaggio da compiersi fuori dal Tempio massonico, decisamente presupposto per l’iniziazione. Insieme con la parola V.I.T.R.I.O.L sulla parete nord sono stampati segni ed ammonimenti che riguardano l’iniziando neofita al fine della sua tutela ed al tempo stesso della condizioni per il possibile compimento del viaggio. E da ciò si può già subito notare che mentre la parola V.I.T.R.I.O.L detta un comportamento di carattere generalizzato, la stessa è anteposta, come direttiva di carattere generale ad ogni altro singolo invito ed ammonimento. Ciò dovrebbe farci riflettere sulla speciale importanza della stessa. Vi è anche da notare che tale parola, pur riferita ad un materiale riguardante l’operazione alchemica, viene proposta all’attenzione dell’iniziando punteggiata, così come formata di sole sette lettere. Ciò mentre ed invece la tradizione riguardante gli insegnamenti alchemici, a volte non soltanto alternativamente ma addirittura congiuntamente, ci presenta la stessa anche nella sua forma enneadale, composta di nove lettere, che dicono, piuttosto che V.I.T.R.I.O.L, V.I.T.R.I.O.L.U.M Il significato che di solito si attribuisce alla frase è quello, in termini di latino classico, di: Visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem con l’aggiunta di veram medicinam nel caso della parola composta di nove lettere. Già da una prima lettura di tale parola-frase possiamo bene intendere che mentre per un verso si vuole comunicare un insegnamento ed un significato consequenziale utile a chi lo stesso riceve, quale percorso ed operazione da compiere per il ritrovamento di una soluzione delle problematiche che hanno spinto l’iniziando stesso a richiedere l’iniziazione muratoria, dall’altra la parola stessa contiene in sé – oltre al senso letterale della frase già palesato – anche qualcosa di più del semplice invito operativo che viene solennemente fatto. Incuriosisce l’osservatore attento, innanzi tutto il senso della frase e il significato da dare al contenuto della stessa, da attualizzarsi sui diversi possibili piani operativi, ma quel che ancor più incuriosisce è il fatto che il suo senso apparente costituisce un risultato che dovrebbe ritenersi compiuto una volta effettuato il viaggio nella Terra, risultato che invece resta come un ammonimento che sollecita l’iniziando a ripetere di continuo l’operazione, prima ancora che a lui vengano resi noti i modi per operare. Si pretende cioè dall’iniziando un permanente visitare le "interiora" della Terra, quando ancora non si sono impartite le istruzioni per il compimento dell’operazione. Si esalta l’operazione ponendola per la sua esplicita evidenziazione come comandamento e comportamento essenziale di carattere generale da tenersi sempre presente e da attuare comunque, quando invece poi non si impartiscono le istruzioni per la visita all’interno della Terra; e soprattutto non si da alcun chiarimento sul punto riguardante il momento finale dell’operazione stessa, quello del "rettificare", presupposto necessario per il ritrovamento della ricercata "pietra occulta". Potrà ben dirsi che siamo di fronte ad alcune apparenti incongruenze da superarsi con una comprensione globale del complesso di tutte le scritte e di tutti gli inviti presenti nel gabinetto di riflessione. E si potrà aggiungere anche che il punteggiare la parola è soltanto un vezzo teso al massimo a far si che si tenga nel dovuto conto l’importanza del numero sette. E tali obbiezioni possono anche sembrare obiezioni da poco per chi, pretendendo di andare all’essenziale, trascura il particolare e non si pone con estrema e scrupolosa attenzione, ben desto, e deciso a comprendere il vero significato del messaggio che gli viene trasmesso, e crede di comprendere quello che già ritiene di aver compreso e che solo vuole comprendere. Tanto è vero ciò che, anche per evitare troppi quesiti, la frase è stata interpretata, dopo opportuna modifica, anche in tal senso : Visita interiora tua, rectificando... intendendosi con ciò dare alla stessa il significato di un lavoro puramente introspettivo, quasi sostitutivo di quello che un paziente compie con l’aiuto del proprio psicanalista. Il significato della parola V.I.T.R.I.O.L (e quello di V.I.T.R.I.O.L.U.M), è ben altro, ben più impegnativo e risolutivo dei problemi dell’individuo, di quello pure importante or ora ricordato, significato ovviamente anche quest’ultimo non escluso dal lavoro che l’iniziando dovrà portare a compimento. In realtà la ricerca dell’effettivo significato della frase, e la proposta primaria di attenzione da prestarsi a tale termine, costituiscono la conferma dell’operazione che sostanzialmente la massoneria con l’iniziazione e la proposta dei simboli, lo svolgimento dei rituali e la partecipazione al collettivo, chiede all’iniziando di compiere; proposta che è poi quella che costituisce la vera prima prova da superare. L’insegnamento vuole che l’iniziando sia consapevole, desto, non rinchiuso, ne condizionato da e in soluzioni banali, scontate o dogmatiche delle tematiche che la realtà a lui propone. A tal fine lo stimola e lo mette, già con questa prima parola, alla prova, palesando apparenti contraddizioni di significato, di terminologie e di situazioni che esigono invece una soluzione del tutto giustificante ogni possibile dubbio e domanda. Soluzioni che vogliono appunto l’adozione della massima attenzione e l’esecuzione di una effettiva indagine con l’attivazione piena delle facoltà presenti nell’individuo, del pensare, del riflettere, meditare, coordinare e trarre conclusioni. Ed allora? Nei confronti di tante apparenti ambiguità, contraddizioni e plurimi significati, ed al tempo nei confronti di un così pressante invito e monito, che fare? Per chi voglia effettivamente lavorare e comprendere, cari Fratelli, è mia opinione che innanzitutto ci sia da domandarsi in cosa consiste in effetti l’operazione del "visitare" . Si tratta, forse, di un visitare- pensandosi? Oppure si tratta di un continuo sperimentarsi ed al tempo stesso di un osservare gli effetti del nostro comportamento? E non si tratta forse ed invece di prendere puramente atto, in termini di visione e presa di coscienza, in stati di obbiettiva presenza a noi stessi nell’esame - che dovremo necessariamente fare - dei nostri modi di essere, delle nostre qualità nell’agire, dei nostri sentimenti - quelli che accompagnano e producono effetti derivanti dalle azioni compiute - e non anche invece di una introspettiva indagine sui perché che hanno sollecitato tutte le realtà già ricordate nel nostro essere, in un modo o nell’altro qualificatesi con riferimento al sociale, al singolo individuo e alla natura? Visitare, cioè, significa soltanto prendere atto? O invece significa procedere a scoprire anche e soprattutto i luoghi nascosti ed occultati della nostra realtà? Come possiamo ben vedere "visitare" non è certo compito da poco, solo che non ci si limiti superficialmente a intendere la dimensione della operazione proposta. E per quale ragione la frase parla espressamente di " Interiora Terrae" ? Cosa si intende effettivamente per "Terrae"? Soltanto il proprio interiore psichico? Così come sembrerebbe essere se adottassimo per vera la formulazione sopra ricordata che sostituisce al termine "interiora Terrae" quello di "interiora Tua"? Certo non possiamo negare che la frase fa espresso riferimento proprio all’interno della Terra, e non all’interno, alle interiora, di ogni singolo individuo. E non potrebbe darsi che la frase voglia proprio significare l’interno della terra? Da intendersi questa ovviamente non quale oggetto del lavoro dello speleologo ricercatore, il quale al massimo penetra in una piccolissima parte di quella che è la piccolissima realtà della crosta terrestre. Che, se fosse vera tale ipotesi - salvo intendersi sul significato del termine terra - ben si comprenderebbe come tale sia l’invito proposto, piuttosto che la formulazione di un invito nei noti termini del comando che dice "conosci te stesso". E pur se forse possiamo ipotizzare quasi con certezza che non vi sia per nulla contrasto tra l’operazione del "conoscere se stessi" e quella del "visitare le interiora della terra", dobbiamo altresì ammettere che una ragione decisamente importante vi deve essere stata allorché si è trascurato un motto del tutto nobilitato - in quanto iscritto sul frontone del tempio di Delfi - e fatto proprio da Socrate e da tutta la filosofia occidentale, e si è invece adottato un acrostico di significato apparentemente uguale proveniente dall’Alchimia per veicolare con le parole V.I.T.R.I.O.L o V.I.T.R.I.O.L.U.M la stessa concettualità e lo stesso impegno da perseguire. Ovviamente la Terra non può di certo intendersi come il coacervo dei silicati, dei carbonati, dei metalli puri ed impuri, che si appalesano ai nostri sensi e che costituiscono la cosiddetta crosta terrestre avuto riguardo allo stato di coscienza da noi vissuto nella condizione limite nella quale attualmente siamo collocati. E non può neanche intendersi come quel fuoco centrale che la scienza ci dice essere attivo nel nucleo del pianeta, così come lo stesso ci si mostra. Sarebbe come credere e pensare che la prigione nella quale siamo rinchiusi e la condanna a morte che ci è stata irrogata sin dal nostro nascere, sia costituita dalle mura e dalle sbarre della prigione materiale stessa nella quale apparentemente siamo rinchiusi, e dalla sentenza che riteniamo che qualcuno abbia emesso nei nostri confronti. La terra deve essere qualcosa di più e qualcosa di diverso, così come la prigione deve essere qualcosa di diverso dalle mura che sembrano rinchiuderci, e come la sentenza a sua volta deve riguardare una situazione del tutto diversa da quella presupposta dalla presunta formale irrogazione della condanna. Se solo ci soffermassimo a riflettere sulla prima parte di questo invito ed attentamente considerassimo il suo senso più intimo, di certo qualcosa comprenderemmo di più di quanto normalmente siamo portati a comprendere; ed è altresì certo che sapremmo anche bene intendere il lavoro che dovrebbe essere portato a termine da ciascuno di noi. Non adotteremo perciò a questo punto soluzioni semplicistiche e banali, penetrando nel senso più profondo del significato che l’invito comporta. |