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Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale. Abbiamo detto nelle riflessioni sulla Magia naturale come tutti i vincoli o si riconducano al vincolo d’amore, o ne dipendano o addirittura consistano in esso. A chi argomenti attraverso le trenta specie di nodo risulterà agevolmente chiaro che l’amore è il fondamento di tutte le passioni: chi non ama nulla, infatti, non ha motivo di temere, sperare, gloriarsi, insuperbirsi, osare, disprezzare, accusare, scusare e umiliarsi e gareggiare e infuriarsi, turbarsi insomma in altre guise analoghe. Dunque l’argomento cui diamo avvio sotto il titolo di Vincolo di Cupido apre un vasto campo alla riflessione o speculazione: né si deve pensare che questa riflessione sia troppo lontana dall’impegno civile, solo perché il suo orizzonte è più ampio di ciò che l’impegno civile richiede.
I. Definizione del vincolo. Presso pitagorici e platonici il vincolo di bellezza si trova definito come fulgore, raggio o almeno come impronta o ombra o simulacro e traccia di essa: stampata in primo luogo nella mente che adorna con l’ordine delle cose, in secondo luogo nell’anima che colma con la sequenza delle cose, in terzo luogo nella natura che distingue e caratterizza coi suoi semi, in quarto luogo nella materia che essa arricchisce di forme. Questo raggio brilla nella sua forma più limpida nella mente, limpidamente nell’anima, oscuramente nella natura, oscurissimamente nella materia, che è substrato delle realtà naturali: così essi dicono. Esso non è una quantità e non consiste nella quantità (anche se si aggira attorno alla quantità e alla grandezza in generale) dal momento che anche le cose non grandi o addirittura piccole comunicano impressione di bellezza: anzi all’interno di una stessa specie gli esemplari grandi sono deformi e quelli piccoli ben formati (ma anche il contrario); e spesso, invariata restando la quantità, la bellezza si dissolve, oppure permane mutando quella. Un bambino o un fanciullo molto grazioso piace, ma non incatena se non adolescente, a partire da una determinata età: questo vuol dire che la quantità ha un certo significato e ciò è vero anche quando non si modifichino in nulla forma, figura e struttura di una cosa. Da ciò puoi trarre alcune conseguenze per i vincoli che riguardano i rapporti civili: ci sono questioni di misura da cui dipende forma ed efficacia del vincolo. Pensa a gesto, parola, abbigliamento, abitudini, e al riso e ad altri segnali degli stati d’animo.
II. Origine del vincolo. Alcuni dei platonici dogmatizzano che il vincolo proviene da una determinata proporzione delle membra congiunta a certa delicatezza di colorito. Ma chi riflette in maniera più analitica osserva almeno questo: in primo luogo sono vincolanti le cose composite e risultanti da una differenziata varietà di parti; poi il colore di per sé, la voce di per sé hanno poteri vincolanti; infine nessuna cosa trascorre a senescenza più rapidamente della bellezza, mentre nulla si mantiene più inalterato della forma e della figura che la composizione delle membra rivela all’esterno. In conclusione: il vincolo di bellezza va rintracciato altrove che nella figura e nella disposizione proporzionata delle membra, tanto più che, invariata restando bellezza e figura, talvolta dopo il godimento della cosa amata l’amore passa; quindi la spiegazione del vincolo deve cercarsi soprattutto in una sorta di condisposizione del rapitore e del rapito. Talvolta infatti a livello razionale non abbiamo nulla da criticare nella bellezza di una ragazza, nulla sul piano dei rapporti umani da biasimare nella parola, nel comportamento, nell’agire in genere di un uomo: eppure non ci piacciono. E viceversa: in una persona singole cose ci dispiacciono, anche parecchie, eppure essa ci piace. Ancora più stolto è ciò che essi sostengono sul rapporto fra vincolo e colore, non distinguendo tra colore e ciò che gli fa da contorno: come si può dire che il colore lega per conto suo, quando più acceso in un vecchio risulta sgradevole e disprezzabile, e più smorto in un giovane può legare e trascinare? Così, nella civile conversazione, un discorso di gravità consolare in bocca ad un adolescente, quanta che sia l’arte di cui risplende, muove ad indignazione la persona più riflessiva per l’impressione di sconveniente arroganza che suscita; come sulla bocca di un vecchio un parlare aggraziato, carezzevole, fiorito, genera disprezzo e muove talvolta a riso e fornisce materia di schemi. E in generale nell’attenzione al corpo o al linguaggio o al comportamento altro si addice alla donna fatta, altro alla giovinetta o alla bambina, altro al bambino e all’uomo maturo e al vecchio, altro ancora all’uomo di guerra e all’uomo di legge.
III. Indefinizione del vincolo. Non tanto è difficile, io penso, vincolare e sciogliere, quanto scoprire il vincolo, specie nelle situazioni in cui i vincoli si riconducono più al caso che alla natura e all’arte. Per fare un esempio: il vincolo che parte dal corpo, non ha però nel corpo una locazione definita; l’amante ha l’impressione che a legarlo siano occhi, guance, bocca, ma questi tratti particolari, spostati in un altro soggetto, tanto son lontani dal vincolare alla stessa maniera, che anzi talvolta sciolgono e vanificano i vincoli di Cupido. E ancora: noi talvolta ci consumiamo d’amore per un involucro corporeo, e poi, visti i modi, ascoltato il parlare, ci accorgiamo che i vincoli di Cupido sono spariti. Allo stesso modo, fatte le debite distinzioni, tu ragionerai sui legami della conversazione civile.
IV. La composizione del vincolo. E’ vincolo gettato da un Cupido più basso quello per cui siamo catturati dalle realtà composte o giustapposte, mentre non ci sfiorano le entità semplici e assolute, anzi c’è chi addirittura le spregia. Persone così penseranno che Dio non ha in sé bellezza, perché essendo a suo modo un’entità semplice, non brilla affatto per ordinata simmetria di struttura. E’ vero che, per una premessa, egli è il principio e la fine di ogni bellezza e di ogni vincolo. Ma poi per debolezza d’ingegno non distinguono tra ciò che è bello in sé e ciò che è bello in relazione a noi; come sul piano pratico dei rapporti umani non è assennato chi non distingue tra ciò che è bello rispetto agli uomini in generale e alla ragione, e ciò che è bello rispetto a questi determinati uomini e alla consuetudine, all’uso e all’occasione: sicché getta i suoi vincoli a caso.
V. Numero dei vincoli. Senza troppo distinguere e badando alla sostanza sono vincoli la forma, il portamento, il movimento del corpo, la convenienza reciproca di voce e discorso, l’armonica coerenza dei comportamenti e la fortuna e il casuale incrociarsi delle simpatie che vincolano non solo gli uomini tra loro, ma anche gli animali tra di loro e gli animali agli uomini. Si riconduce a ciò il fatto che per impronta di natura il bambino che vede un serpente, l’agnello che vede un lupo, senza bisogno di nozione o di esperienza precedente, è colto da terrore mortale; mentre se vede un bue o una pecora ci gioca e si diverte assieme. E ci sono profumi e aromi da cui uomini e spiriti sono toccati in maniera diversa: ho conosciuto persone che reagivano inorridite all’odore del muschio o di altre sostanze universalmente gradevoli al punto da cadere a terra per turbamento di spirito; ma ho conosciuto anche un tale che provava un piacere straordinario a portarsi al naso sulle dita cimici schiacciate. Insomma c’è varietà di legame per cose varie e non solo gli opposti ma i diversi si vincolano tra di loro. E sul piano dei rapporti civili non è uguale il gusto che un italiano e un tedesco hanno per lo stile del discorso e la cura e l’ornamento del corpo e l’armonia ed affabilità del costume; ma può accadere che un italiano si distacchi dalla generalità in modo da avere, per così dire, carattere tedesco (e un tedesco carattere italiano). Qui sta il difficile e si richiede prudenza maggiore per legare sul piano dei rapporti civili, specialmente quando i vincoli si gettano non sulla moltitudine, ma su un individuo: in effetti è più facile legare molti che uno e il tiro di un uccellatore potrà trafiggere a caso più uccelli tirando nel mucchio, che un uccello singolo tra i molti anche con mira più accurata.
VI. Le porte dei vincoli. I sensi sono la porta attraverso cui si gettano i vincoli. Tra questi la vista è la porta principale, la più degna; gli altri possono essere più appropriati in relazione alla varietà degli oggetti e alle loro potenzialità: così il tatto è conquistato dalla tenera soavità della carne, l’udito dall’armonia della voce, l’olfatto dal profumo del respiro, l’animo dalla musica dei comportamenti, l’intelletto dalla chiarezza delle dimostrazioni. Vincoli diversi si insinuano per finestre diverse ed hanno diverso potere a seconda delle persone: quindi chi trae piacere coltivando un interesse, chi un altro. E non si trae vincolo ugualmente da tutte le cose né ugualmente a tutte si applica.
VII. I generi dei vincoli. Si capisce che ci sono tanti generi e varietà di vincoli quanti sono i generi e le varietà del bello. Queste varietà sono tante quante le varietà delle cose significative, cioè secondo le specie. Aggiungi poi che all’interno delle singole specie varietà di situazioni particolari richiedono modalità di legame diverso: l’affamato subisce il vincolo del cibo, l’assetato della bevanda, chi è pieno di seme aspira a Venere; e questi a specie sensibile, quell’altro ad intelligibile; e uno a una specie di natura, un altro a una specie d’arte; il matematico è affascinato dalle cose astratte, il pratico da quelle concrete, l’eremita si masturba nel sogno di una bellezza lontana, l’uomo di famiglia è attratto da una presente. Ma legami diversi sempre per diversi individui secondo ogni genere; e per giunta gli stessi vincoli non si caricano della stessa potenza indipendentemente dalla parte da cui provengono: io subisco il fascino della musica eseguita da un fanciullo o da un adolescente, in misura inferiore quella di una fanciulla o di un uomo. La forza ti lega in un uomo, perché dà un’impressione di grandezza, per nulla in una donna; la fanciulla ti lega con la semplicità e il ritegno, ma se un adulto ha queste caratteristiche ti scioglie dai vincoli e lo trovi via via meno gradevole.
VIII. La misura dei vincoli. Sul piano della civile conversazione gli oratori, i cortigiani e quelli che comunque sanno gli usi del comportamento vincolano con più efficacia quando operano con clandestina dissimulazione dell’artificio; non incontrerà gradimento colui che ostenta linguaggio manierato o un sapere puntigliosamente intessuto di minuzie; dispiacciono anche le vesti indossate con troppo metodo e troppa geometria, e i capelli arricciolati e gli occhi, i gesti, i movimenti controllati sempre a regola d’arte: uno che si atteggia così non può non dispiacere. Anche un’eloquenza pubblica di questo tipo sarebbe concordemente criticata come troppo elaborata ed affettata. Questo stile infatti è da ricondurre più che altro a pigrizia e scarsità d’ingegno e di giudizio: giacché non piccola componente dell’arte è usare l’arte dissimulandola. Quindi non è sapienza elegante quella di chi fa il sapiente in ogni occasione e su tutto, come non è inanellato con eleganza chi porta tutte le dita grevi di anelli e gemme, né ingioiellato con buon gusto chi incede carico di una moltitudine di monili d’ogni genere. E il caso di riflettere a questo proposito che il fulgore luminoso spegne il fulgore luminoso, e la luce non luce, rifulge, sfolgora e insomma piace se non fra tenebre. Inoltre: l’ornamento è nulla se non si accorda con ciò che deve essere ornato e ricevere forma. Così l’arte non è disgiunta dalla natura, e l’artificio non può fare a meno della semplicità.
IX. Descrizione del vincolo. Per Platone vincolo è bellezza secondo genere o accordo di forme, per Socrate eccellenza di grazia spirituale, per Timeo tirannide esercitata sull’anima, per Plotino privilegio di natura, per Teofrasto inganno segreto, per Salomone “fuoco nascosto, acque furtive”, per Teocrito eburnea rovina, per Carneade regno pieno di angoscia: per me tristezza ilare, ilarità triste. E per le ragioni addotte nella prefazione a questa parte le altre descrizioni di sentimenti e le altre specie di vincolo presentano analogie con questo sentimento e questo vincolo.
X. Distribuzione dei vincoli. All’atto perfetto sono vincolate le cose perfette, all’atto nobile quelle nobili o nobilitate; all’atto imperfetto e difettoso quelle in cui c’è qualche imperfezione e difetto. Perciò si è detto sopra che nel destinatario del vincolo ci deve essere qualcosa del vincolante. Una ragazza totalmente casta, in cui non ci sia seme alcuno di stimolo, non c’è artificio o stella che possa indurla all’amore dei sensi, se non ci sono prima toccamenti, abbracciamenti e insomma una sua collaborazione con la mano di chi la lega e un passaggio di qualcosa dalla mano del vincolante a lei. Non parlerò della ragazza non ancora matura: in tutti gli atti si richiede, per così dire, un germe dell’atto e non tutti i germi germogliano dappertutto. Chi non sprecherà il suo tempo se tenta di irretire un malato, un vecchio, un frigido, un castrato (al contrario invece per quelli che sono contrariamente disposti)? La valutazione è del tutto analoga, per ciò che riguarda i legami di società.
XI. Il grado dei vincoli. In universale le cose sono disposte in modo che stanno in rapporto reciproco, in una sorta di coordinazione, per cui si realizza il passaggio da tutte a tutte come per un continuo fluire. Tuttavia alcune di esse sono in rapporto reciproco immediato (ad esempio gli individui della stessa specie, per la propagazione naturale) e tra di esse i vincoli sono familiari, intrinseci e agevolissimi; mentre altre si subordinano reciprocamente con certe mediazioni e per loro è necessario l’attraversamento, la perforazione in un certo senso di tutte queste mediazioni, perché dal vincolante i vincoli raggiungano il destinatario: e così che i Numi, attraverso il dono delle cose e il favore di certe mediazioni compartibili, influiscono sulle cose inferiori e le infime e infine le vincolano a sé; e reciprocamente, in una sorta di corrispondenza naturale o razionale, le cose inferiori si levano, come in un atto di ossequio, a legare a sé, secondo ciò che è loro possibile, le cose superiori e poste in sublime. E come varie sono le specie delle cose e le loro differenze, così vari sono i loro tempi, luoghi, mediazioni, vie, organi e funzioni. Ed è facilissimo cogliere questo dato di fatto per ogni tipo di vincoli e di vincolabili e trarre le debite conseguenze.
XII. La grandezza del vincolo. In tutte le cose risiede una forza divina, l’amore, padre, fonte, Anfitrite dei vincoli. Non a caso dunque Orfeo e Mercurio lo chiamano il grande demone, perché in verità tutta la sostanza e consistenza e (per usare un termine difficile) ipostasi della realtà è una specie di vincolo. E noi conseguiremo il livello più alto e primario della dottrina del vincolo quando volgeremo gli occhi all’ordine dell’universo: qui, per mezzo di questo vincolo, le cose superiori provvedono alle inferiori, le inferiori si volgono alle superiori, le pari si associano in mutuo vincolo, e si celebra infine la perfezione dell’universo in conformità alla ragione della sua forma.
XIII. L’effetto principale del vincolo. Un amore solo, e quindi vincolo, fa di tutte le cose una sola cosa; ma ha volti diversi nelle diverse cose, sicché una identica realtà lega in maniera diversa le diverse cose. E perciò che di Cupido si dice che egli è superiore ed inferiore, nuovissimo e antichissimo, cieco e di acutissima vista: egli, che da una parte si adopera perché tutte le cose, secondo le proprie potenzialità, restino salde in se stesse e non si distacchino da sé, per il perpetuarsi della specie; ma poi per le vicende degli individui fa sì che le realtà singole in un certo senso si distacchino da sé, visto che tutto ciò che ama desidera ardentemente di trasferirsi nell’oggetto amato; e che in se stesse anche si dissolvano, si aprano, si spalanchino, visto che tutto ciò che ama vuole appassionatamente accogliere in sé l’amato ed imbeversene. Sicché il vincolo è tal condizione per cui le cose vogliono contemporaneamente essere dove sono e non perdere ciò che hanno, ed essere in ogni dove ed avere ciò che non hanno: e ciò a seguito di una forma di compiacenza per il posseduto; di una forma di desiderio e di appetito per il distante e il possibile; di una forma di amore per la totalità del reale: perché la sete di avere e di capire del singolo individuo non si placa nel possesso di un bene e di un vero singolo e determinato, e mira, come a suoi obiettivi, al bene universale, al vero universale. Deriva da ciò che una potenza determinata in una materia determinata sperimenti contemporaneamente la concentrazione e la dispersione, l’impoverimento, la dissipazione. Questa è la condizione generale del vincolo, che tu osserverai secondo la varietà delle specie.
XIV. La qualità del vincolo. Il vincolo in sé non è né bello né buono: è infatti il mezzo con cui tutte le cose (e ciascuna singolarmente) perseguono il bello e il buono; la connessione di ciò che riceve con ciò che è ricevuto, di ciò che dà con ciò che è dato; del vincolabile col vincolante, del desiderabile e del desiderante. Ma ciò che desidera il bello e il buono ne è privo nella misura in cui lo desidera, quindi, in quella misura, non è né bello né buono. Perciò, sotto questo riguardo, trae una conclusione errata il peripatetico che sostiene essere la materia brutta e cattiva, perché, desiderando il buono e il bello, testimonia di esserne priva. Aristotele, più cautamente, la definì “come brutta”, “come cattiva”, non tale in maniera pura e semplice; ma in verità non si definisce né bello né brutto, né buono né cattivo, ciò che, come la materia, tende e si muove ugualmente verso bene e male, brutto e bello. Se la materia fosse il male, sarebbe contrario alla sua essenza l’aspirare al bene; e così se fosse naturalmente brutta ecc. Ma coloro che filosofano più a fondo capiscono ciò che noi abbiamo chiarito altrove; come la materia contenga nel proprio seno l’avvio di tutte le forme, sicché da esso tutte le produce e le emette; e come non sia quella pura privazione, che accoglie in sé tutte le cose dall’esterno quasi come straniere: fuori del grembo della materia, invero, non esiste forma alcuna, e tutte si celano in esso e da esso a suo tempo tutte rampollano. A chi dunque rifletta sul vincolo dal punto di vista delle sue applicazioni civili e secondo tutte le prospettive deve essere chiaro come in tutta la materia o in una parte della materia, in ogni individuo o nell’individuo singolo, vivono allo stato latente tutti i semi delle cose e di conseguenza, con accorto artificio, si possono attivare le applicazioni di tutti i vincoli. Ed in uno dei Trenta sigilli abbiamo insegnato come abbia luogo questa generale trasformazione e applicazione.
XV. Generalità o universalità del vincolo. A ciò che si è appena detto consegue: che l’amore con cui noi amiamo, la forza desiderante con cui tutte le forze desiderano, è cosa intermedia tra bene e male, tra bello e brutto; non quindi non bello, non brutto, ma certamente buono e bello secondo un certo livello di comunicazione e partecipazione. Il vincolo d’amore, infatti, ha la sua radice nei due principi attivo e passivo, secondo la comune ragione per cui tutte le cose, sia che agiscano sia che patiscano sia che facciano entrambe le cose, bramano ordine, copula, unione e perfezione, e senza questo vincolo nulla è, come senza natura nulla è. Non perciò l’amore è segnale di un’imperfezione, quando si guarda alla materia e al Chaos, prima che le cose prendessero forma: invero tutto ciò che in quel Chaos e nella materia bruta escogitata dai filosofi si dice essere amore, si dice contemporaneamente anche perfezione; e tutto ciò che vi si identifica come non essere e disordine e imperfezione, si capisce anche che non è amore. Resta stabilito dunque che l’amore è ovunque cosa perfetta e che il vincolo d’amore testimonia ovunque la perfezione: poiché, quando una cosa imperfetta ama esser condotta a perfezione, essa consegue il suo oggetto certo attraverso imperfezione ma non a partire da imperfezione; bensì da una qualche forma di partecipazione alla perfezione; e da lume di divinità; e da uno scopo di più elevata natura; e tanto più vivacemente quanto più vigorosa è la qualità del suo desiderio: poiché ciò che è più perfetto s’infiamma d’amore per il sommo bene più ardentemente di ciò che è imperfetto. Perfettissimo è dunque quel principio che aspira a divenire tutte le cose ed è rapito non verso una forma particolare e una perfezione particolare, ma verso la forma universale e la perfezione universale: e questo è la materia in universale, fuori della quale non si dà forma e nella cui potenza ed energia desiderante e disposizione stanno tutte le forme; ed essa, che non ne potrebbe accogliere simultaneamente neanche due, le accoglie tutte in sé in una sorta di eterna vicenda. Dunque alcunché di divino è la materia, come alcunché di divino è ritenuta la forma, la quale o è nulla o è parte della materia: nulla fuori della materia o senza la materia, così come il poter fare e il poter essere fatto sono una sola ed identica cosa e poggiano in un solo indivisibile fondamento e assieme si dà e assieme si toglie ciò che può fare tutto e ciò che può essere fatto tutto. Ed una sola è la potenza assoluta e in sé presa (qual che sia poi la potenza in particolare, e quella dei composti, e quella accidentale che ha abbacinato i sensi e la mente dei peripatetici, con alcuni dei loro seguaci frateschi), come abbiamo argomentato più analiticamente nello scritto Sull’infinito e l‘universo e più rigorosamente nei dialoghi Del principio e dell’uno, concludendo che non è stolta l’opinione di David da Dinanto e di Avicebron nell’opera Fonte di vita: egli la riprende dagli arabi che non esitarono a conferire anche alla materia l’appellativo di “Dio”.
XVI. Paragone dei vincoli. Il più importante di tutti è quello di Venere, da specificare secondo il tipo d’amore: al cui equilibrio ed alla cui unità si rapporta in primo luogo e come più importante il vincolo d’odio; giacché nella misura in cui amiamo uno degli opposti o contrari secondo genere, nella stessa misura odiamo e disprezziamo l’altro. Questi due sentimenti, ma insomma quell’unico sentimento che è l’amore, nella cui sostanza è incluso anche l’odio, domina in tutti, anzi sopra tutti e li attiva, indirizza, regola e governa. Questo vincolo dissolve tutti gli altri vincoli, sicché sotto la sua costrizione i viventi di sesso femminile non tollerano le altre femmine e i maschi i rivali dello stesso sesso; trascurano cibi, bevande e talvolta la stessa vita e neppur vinti rinunciano, anzi schiacciati dai più forti più ancora li incalzano e non temono piogge né geli. Partendo da considerazioni di questo genere, Aristippo indicò il sommo bene nel piacere del corpo e in particolare in quello venereo, ma a lui si parava dinanzi agli occhi, per suggestione del personale temperamento, un uomo più fermo [di quello che è]. Resta vero comunque che un fascinatore abbastanza vivace e sagace, partendo da ciò che ama e odia il destinatario del suo legame o del suo vincolo, si spiana la strada ai vincoli di altre passioni: poiché realmente l’amore è vincolo dei vincoli.
XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli. Come non ovunque né sempre, per quanto buoni semi si spargano, consegue nascita di nuove cose; così neanche i vincoli che devono irretire hanno sempre e dovunque virtù di efficacia: bensì a tempo debito e con adeguata disposizione dei destinatari.
XVIII. La distinzione del vincolo. Vincolo puramente naturale e puramente volontario (nel senso in cui il volgo distingue tra natura e volontà) non esiste. La volontà infatti è con partecipazione dell’intelletto e l’intelletto agisce in ogni caso non entro i limiti della volontà, tranne là dove c’è il nulla, come abbiamo mostrato in altri luoghi: sicché si fanno molte dispute vane. In noi, dal punto di vista della ragione, ci sono tre varietà di vincoli (sebbene poi tutti poggino su una sola radice di natura): naturale, razionale e volontaria. Quindi, in parte, non siamo in grado di controllare una varietà di vincolo con altra varietà. Di conseguenza le leggi dei saggi non vietano di amare, bensì di amare fuor di ragione; le ciarlatanerie degli stolti invece impongono senza ragione i termini della ragione e condannano la legge di natura: anzi più corrotti sono e più la chiamano corrotta, con la conseguenza che gli uomini non si sollevino sopra la natura come eroi, ma si abbassino come bestie contro natura e al di sotto di ogni umana dignità.
XIX. Avanzamento e scala del vincolo. Per i platonici l’intreccio del vincolo di Cupido si attua così: in primo luogo l’aspetto del bello o del buono e così via incontra i sensi esterni; in secondo luogo si concentra nella loro centrale, che è il senso comune; in terzo luogo investe l’immaginazione, in quarto la memoria. A quel punto l’anima, per un impulso ingenito, è colta da desiderio, sicché in primo luogo è mossa, attratta, rapita; in secondo luogo, attratta e rapita, viene illuminata dal raggio del bello o del buono o del vero; in terzo luogo, illuminata e vestita di luce, si incendia di desiderio dei sensi; in quarto luogo, accesa d’amore, brama di unirsi all’amato; in quinto luogo, unendosi a lui, si mescola e incorpora in lui; in sesto luogo, incorporata, si perde rispetto alla forma primiera e in un certo modo abbandona se stessa e si veste di qualità estranea; in settimo luogo, si trasforma completamente, assumendo la qualità dell’oggetto in cui è passata dopo esserne stata motivata. I platonici definiscono preparazione il primo volgersi all’impulso di Cupido, conversione la nascita di Cupido, illuminazione il nutrirsi di Cupido, accensione di fiamma lo sviluppo di Cupido, contatto la forza appassionata di Cupido, incorporazione l’impero dominatore di Cupido, metamorfosi il trionfo di Cupido, il punto d’arrivo del suo percorso.
XX. Le basi della scala dei vincoli. Ed ecco ove poggia ciascuno scalino di questa scala: la nascita di Cupido si attua in primo luogo nel corpo (nutrizione, delicatezze, lusso), poi nell’anima, dove si alimenta dei fascini dello spirito, delle fantasie, lascive o degne di miglior denominazione, in cui la bellezza si presenta inghirlandata di grazia. Il cibo di Cupido, che ne impedisce l’estinzione una volta nato, è la conoscenza del bello; ma l’alimento che lo fa crescere è la meditazione, è l’indugio della fantasia sulla bellezza che si è conosciuta. La forza appassionata di Cupido nasce dal fatto che l’animo, da una parte sola dell’amato, scivola e si perde in tutte le altre, sicché dal tutto viene la sua fiamma. L’impero di Cupido affonda le sue radici nella condizione per cui l’animo dell’amante, abbandonato il corpo che gli è proprio, vive e agisce nel corpo di un altro. La metamorfosi di Cupido è completa quando uno muore a se stesso e vive della vita dell’altro, in modo tale che finisce per albergare in essa, non come in casa estranea, ma nella propria. Questo significano i miti che raccontano come Giove si trasformò in toro, e Apollo in pastore, e Saturno in cavallo ed altri dei in altre forme: l’animo a seguito di un movimento, anzi di uno sconvolgimento, dei suoi affetti passa da una forma o specie di vincolo ad altra forma.
XXI. La condizione dei vincoli. Ci sono alcune esteriorità che hanno il potere di legare: regali, atti di cortesia, onori, favori. Ma legano realmente quando non tradiscono l’aspetto di una offerta fatta quasi per comprare, in risposta, un ricambio d’amore: l’evidenza del mercanteggiamento è evidenza di un’ignobile ricerca di tornaconto ed ha come esito il disprezzo.
XXII. La proprietà dei vincoli. Vincoli veri e propri e particolarmente efficaci sono quelli che si attuano per accostamento del contrario, secondo una modalità, che ora si può descrivere con un esempio, piuttosto che con una definizione o con un termine (che non si conosce): l’animo umile e disposto all’omaggio incatena l’animo superbo; poiché il superbo ama colui da cui si vede considerato grande e tanto più quanto più grande è l’estimatore (c’è maggior valore, infatti, nella stima che riceviamo dai grandi più che dai piccoli, la cui ammirazione, anzi, siamo soliti disprezzare). Chi vincola con accortezza sa intuire l’aspetto di cui va superbo il superbo. Prendi i guerrieri: loro aspirano al primato nella forza e nell’impavidità fisica e quindi non si indignano se non gli attribuisci il primato nella ricchezza o nell’acutezza di mente. Così i filosofi: si gloriano della conoscenza della realtà ed è per loro del tutto tollerabile se non vengono esaltati per il loro coraggio. Lo stesso ordine di considerazione vale per il lancio degli altri vincoli.
XXIII. La grazia dei vincoli. I vincoli fanno nascere il desiderio di un atteggiamento di gratitudine reciproca. Per esemplificare da un genere di vincoli: nasce lamentela fra gli amanti quando presumono che ci sia una situazione di debito reciproco. Così l’amante denuncia il debito dell’amata, chiedendo che essa gli restituisca l’anima sottratta, giacché egli, morto nel corpo proprio, vive nel corpo altrui; e se l’amante accarezza di meno la sua amata, lei si lamenta, come negletta; e l’amante si lagna con l’amata, se **** A questo punto si interrompe il manoscritto che ci è pervenuto del "De vinculis in genere". |
▪ Le forze che legano ▪ I vincolabili in generale ▪ Il vincolo di Cupido ▪ Musica: "Bache bene venie" (Carmina Burana secolo XIII) |