Non Pioveva |
Identico è il significato delle parole: nel giorno in cui Dio creò[1]... . In questa epoca, riferisce la Scrittura (Genesi II,9), Élohïm fece germogliare dal terreno, tutti gli alberi dall’aspetto piacevole e dal frutto buono a mangiarsi. Prima del giorno dello sterminio delle cinque categorie di anime infiltratesi fra gli Israeliti, la pioggia della Dottrina Esoterica non scenderà su Israele, ed esso, accomunato alle piante e agli alberi, non germoglierà. Questo insegnamento è contenuto nel passo scritturale (Genesi II,5) : tali sono le origini del cielo e della terra quando furono creati, allorché il Signore Dio fece terra e cielo. Non c’era ancora sulla terra nessun arbusto della campagna, né alcuna erba dei campi era ancora germogliata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra, né c’era nessun uomo per coltivare il terreno. Non c’era alcun uomo per coltivare il terreno, in altre parole Israele non era ancora per offrire sacrifici.[2] Secondo un'altra lettura, le parole: non c’era ancora sulla terra nessun arbusto della campagna, sottenderebbero il primo Messia, mentre, né alcuna erba dei campi era ancora germogliata, il secondo. Quale ne è il motivo? Perché Mosè non sarà più tra gli Israeliti per (svelare) intercedere in loro favore presso la Schekhinah. Questo è quanto la Scrittura intende con: non c’era alcun uomo per coltivare il terreno. Questo insegnamento è anche contenuto nel versetto (Genesi XLIX,10), lo scettro non si dipartirà da Giuda né il bastone del comando di fra i suoi piedi, fin quando non giungerà Schiloh. Le parole, lo scettro di Giuda, indicano il Messia, figlio di David[3]. Le parole, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, il Messia, figlio di Giuseppe; e, fin quando non giungerà Schiloh (Talmud, tr. Sanhedrin 98a ), Mosè[4]; infatti, il valore ghematrico dei due nomi, Schiloh e Moscheh ( Mosè) è identico. Le parole, velo iqhath (è lui che realizza l’aspettativa delle nazioni) contengono le stesse lettere della espressione, velevi qehath, a dire gli antenati di Mosè: Levi e Coath. Secondo un'altra lettura ancora, le parole, tutti gli arbusti dei campi, sottintendono i Tsaddîqîm, le cui anime emanano da Quello chiamato, lo Tsaddîq (il Giusto) vivente da ogni eternità. Il vocabolo, siah (pianta), è formato dalla lettera Schin (c) e dal lemma, hai (jyc); ora il segno Schin (c) simbolizza, con i suoi tre rami, i tre Patriarchi, e la parola hai (vita), invece, simboleggia Quello che vive da ogni eternità. Le parole, e tutte le erbe (Eseb), secondo un'altra lettura, stanno a significare che i rami dell’Albero Celeste, in numero di settantadue, saranno riuniti nella Schekhinah soltanto quando giungerà l’Uomo (Adam)[5], il cui nome ha identico valore di Jéhovah. Il lemma, Eseb (bcu), è costituito con le lettere Ain (u) e Beth (b), le quali hanno un valore ghematrico di settantadue, equivalente a quello del nome Jéhovah e Adonai più la Schin (c)[6], costituita con i tre rami figurazione dei Patriarchi. Con le parole, non c’era ancora sulla terra nessun arbusto della campagna, la Scrittura sottintende lo tsaddîq (il giusto)[7]. È a suo proposito che è detto (Salmi LXXXV,12), la verità uscirà dalla terra, e altrove (Daniele VIII,12), e la verità sarà gettata sulla terra. I Dottori della Legge, paragonati alle erbe, non si esprimeranno più nella prigionia, fin quando le parole della Scrittura: la verità uscirà dalla terra, non si compiranno. Chi compirà questa profezia? Sarà Mosè, di cui la Scrittura dice (Malachia II,6), la Legge della Verità era nella sua bocca; dal momento che nessuno potrà svelare, ad Israele, il mistero della Schekhinah, tanto bene quanto Mosè. Ecco perché la Scrittura riferisce, non c’era alcun uomo per lavorare la terra. Ma non appena Mosè (ri)tornerà: una nube (Ed) si alzerà [26a] dalla terra per irrorarne il suolo. Con queste parole la Scrittura vuol intendere che Ed (da nube) sarà tolta dal nome Adonaï (ynda) vi si unirà la Vav (w) e la Nun (n)[8], ottenendone la parola, Adon, Maestro di tutta la terra[9]. Quando successivamente (la Scrittura) dice: irrorerà tutto il suolo, essa intende affermare che Israele riceverà, subito dopo aver fruito della dottrina esoterica, le settanta interpretazioni[10]. Secondo un'altra lettura, la parola Ed, che il Targoum traduce con, nube, indica Êléh (Quello), a cui sono riferite le parole della Scrittura (Esodo XI,38) : perché la nube del Signore si riposava sul Tabernacolo, e a tale sorgente, in quel momento[11], attinsero i dottori della Legge.
É scritto (Genesi II,7), e Jéhovah Élohïm formò l’uomo, in altre parole formò Israele. La parola, vaïiçer (Egli formò), è scritta con due Yud (y), mentre grammaticalmente ne chiede una soltanto; il vocabolo è scritto in tale maniera, per indicarci che, in questo momento, il Santo, baruk ha-shem, formò l’uomo sia con l’immagine di questo basso mondo, sia con quella del mondo a venire. La parola, vaïiçer suggerisce che, in questo momento, il Santo, baruk ha-shem, bulinò il proprio nome sull’immagine dell’uomo, dandogli la forma delle due Yud e di una Vav nel mezzo; in altre parole, i due occhi, configurati dalle due Yud, e il naso al centro, che ha la forma della Vav. Ora, giacché valore numerico delle due Yud e della Vav è identico a quello del nome Jéhovah (hwhy=5+6+5+10=26 wyy=6+10+10=26), la Scrittura riporta (Numeri XII,9) : io vedo la luce dalla cima delle rupi, la parola, çourim (rupi) significa, infatti, anche, figure, tanto che Baalam affermava, guardando Israele, di scorgervi il nome Jéhovah. Un'altra rassomiglianza d’Israele con il nome divino, si trova anche nelle due Tavole della Legge, le quali configurano le due Yud, mentre la Vav è testimoniata dalla stessa scrittura incisa su di loro. Dio ha formato, per di più, l’uomo con questa figura celeste chiamata Israele, Colonna di mezzo che unisce la Schekhinah dell’alto a quella del basso. Esse sono simboleggiate dalla recita della liturgia serale e mattutina dello Schéma. A queste due Schekhinah fanno allusione le parole della Scrittura: osso delle mie ossa, carne della mia carne. In seguito, Dio piantò Israele nel giardino dell’Eden sacro, come è scritto: e Jéhovah Élohïm piantò un giardino nell’Eden ad oriente, e vi pose l’uomo che egli aveva formato. Jéhovah Élohïm, sottintendono il Padre e la Madre celeste, un giardino, la Schekhinah del basso; nell’Eden, la Madre celeste; e vi pose l’uomo, la Colonna di mezzo; Egli ne fece la sua sposa, dato che ne rappresenta le proprie delizie. In questo momento il Santo, baruk ha-shem, piantò Israele, che simboleggia i germogli sacri di questo mondo, come è scritto (Isaia LX,21), essi sono i germogli che ho piantato, le opere che la mia mano ha fatto per mostrare la mia gloria.
É scritto (Genesi II,9), e Jéhovah Élohïm fece germogliare dal terreno, tutti gli alberi dall’aspetto piacevole e dal frutto buono a mangiarsi. In questo versetto, Jéhovah Élohïm, configurano il Padre e la Madre celeste, le parole, tutti gli alberi dall’aspetto piacevole, indicano lo Tsaddîq (il Giusto), e, dal frutto buono a mangiarsi, invece, la Colonna di mezzo, tramite la quale saranno nutriti tutti gli esseri della terra; e dal momento che è lei a mantenere ogni cosa in proprio potere, lo Tsaddîq (il Giusto) si alimenterà soltanto con quanto essa gli fornirà. Non avrà, quindi, più bisogno degli esseri del basso per mantenersi, ma, al contrario, tutti qui in basso saranno da lei alimentati. Durante la schiavitù d’Israele, la Shekhinah e Quello che vive da ogni eternità, non hanno avuto altro nutrimento se non le diciotto benedizioni della preghiera. Nel giorno della Liberazione (Redenzione), però, sarà la stessa Shekhinah a fungere da nutrimento per tutto il mondo. Solo allora Otz Chaiim (l'Albero della Vita) sarà piantato nel giardino, come è scritto (Genesi III,2), è da evitare ora che l’uomo stenda la mano, prenda anche dell’Albero della Vita, ne mangi, e viva in eterno. Gli spiriti del sitra achra (l’altro lato), infatti, gli stessi che emanano dall’Albero del Bene e del Male ed indicati con il nome di Intrusi (Ereb Rab), non hanno alcun potere sulla Shekhinah, la quale è sopra di ogni impurità, come è detto (Deuteronomio XXXII,1), Jéhovah lo pose isolato in modo che non fosse con lui Dio straniero. Per tale motivo, all’epoca messianica, non si accetteranno più proseliti e la Shekhinah sarà, allora, come la vigna sulla quale non è possibile innestare alcuna specie straniera. In questa epoca Israele sarà un albero dall’aspetto piacevole. Grazie alla Shekhinah Israele riconquisterà la propria gloria, come è scritto (Lamentazioni II,1), dal cielo ho fatto cadere, sulla terra, quello che restituirà ad Israele la propria bellezza. L’Albero del Bene e del Male, con il quale Israele non deve avere alcun contatto, fu allontanato da esso, in quanto Dio gli prescrisse (Genesi II,16), non mangiare dell’Albero del Bene e del male, perché nel giorno in cui tu ne mangerai, morirai, tu morirai. L’Albero del Bene e del Male rappresenta gli Intrusi, e fu proprio per essersi confuso con loro, che Israele morì due volte, una prima a causa della distruzione del primo Tempio, e la seconda per la rovina del secondo. Israele è morto per la Shekhinah dell’alto, a causa della distruzione del primo Tempio; ed una seconda volta per la Shekhinah del basso, per quella del secondo. A queste due morti di Israele, fanno riferimento le parole della Scrittura (Isaia XIX,5), e il fiume divenne secco ed arido, in altri termini, il fiume di luce, che origina dalla Hé (h) del basso e che risale fino alla Yud (y), simbolo dell’Infinito, divenne secco ed arido per Israele. Nel giorno della Liberazione del popolo santo dall’esilio, il fiume, fino allora, arido e secco, uscirà dall’Eden per irrigare il giardino. La parola, Il fiume, sottintende la Colonna di mezzo, Madre dell’alto, che uscirà dall’Eden, per irrigare il giardino, invece, alludono alla Shekhinah del basso (Zohar III,210b e Derekh Emeth a1). È a proposito di questa epoca che la Scrittura riferisce di Mosè e di Israele (Isaia LVIII,14), allora troverete le vostre delizie nel Signore. La parola, anag (delizie), è costituita dalle lettere iniziali dei vocaboli, Eden, Nahar (fiume) e Gan (giardino). Sarà allora che si compiranno le parole della Scrittura (Esodo XVI,1), allora Mosè e i figli di Israele canteranno questo inno al Signore [26b]. La Scrittura non dice, cantarono, ma canteranno, perché Mosè e Israele intoneranno questo cantico soltanto quando la parola anag sarà mutata in nega (flagello) per gli Intrusi e per gli altri popoli pagani del mondo, i quali, proprio come accadde per il Faraone e gli Egiziani, saranno oppressi da flagelli, mentre Israele avrà anag (delizie). Tale è il senso delle parole della Scrittura: e un fiume uscirà dall’Eden per irrigare il giardino. La stessa aggiunge (Genesi II,10), e da là si divideva e formava quattro capi. Questi quattro capi sono: la Sephirâ H'esed, simboleggiata dal braccio destro dell’Albero Sephirotico, ed ecco chiarite, anche, le parole della tradizione, chiunque desideri acquisire saggezza deve voltarsi verso il Sud. A questo capo si disseta Michaël con le sue legioni, e con essi la tribù di Giuda, e due altre. Il secondo capo è la Sephirâ Guebourâ, simboleggiata dal braccio sinistro dell’Albero Sephirotico, l’affermazione della tradizione (Genesi XXXII,31), chiunque vuole arricchirsi, deve voltarsi verso il Nord, è così confermata. In questo capo si dissetano le legioni di Gabriel, e con esse la tribù di Dan, e due altre. Il terzo capo, è la Sephirâ Netzâ, configurata dalla coscia destra dell’Albero Sephirotico. In questo capo si dissetano le legioni di Nouriël, e con esse, oltre a due altre tribù, anche quella di Ruben. Il quarto capo è la Sephirâ Hod, rappresentata dalla coscia sinistra dell’Albero Sephirotico. Di questa Sephirâ parla la Scrittura a proposito di Giacobbe: ed egli si trovò zoppo. In questo capo si dissetano le legioni di Raphaël, la cui missione è di sanare i mali della schiavitù, e con esse, oltre a due altre tribù, anche quella di Ephraïm. Secondo un'altra lettura, le parole, e da là si divideva e formava quattro capi, sottintendono i quattro uomini che penetrarono nel misterioso giardino Pardès[12]. Il primo giunse fino al capo Pischon, parola che vuol dire Pi schoné halakoth (la bocca che insegna la legge). Il secondo penetrò fin nel canale Ghiohon, che significa il luogo in cui si seppellisce quanto riporta la Scrittura (Levitico XI,42), tutto ciò che striscia[13] (Ghiohon). In questo capo si disseta Gabriel, il cui nome è composto da Gheber-el (l’uomo-Dio), cui fanno allusione le parole della Scrittura (Giobbe III,23), l’uomo (gheber) che cammina in una via sconosciuta e che Dio ha ricoperto del suo velo, e altrove (Deuteronomio XXXIV,6), e nessun uomo, fino ad oggi, ha conosciuto il luogo in cui è stato sepolto. Questo ultimo versetto è interpretato dal Targoum nella maniera seguente: e l’uomo (gheber) non conoscerà il suo sepolcro, fino il giorno in cui egli si rivelerà. Questo capo racchiude il secondo grado della dottrina chiamato Remez (allusione), infatti, ad un saggio, per comprendere, è sufficiente un semplice accenno. Il terzo giunse fino al capo chiamato Hideqel, che vuol dire Had qal (la parola facile). È il terzo grado della dottrina chiamato Darasch (omelia). Il quarto, infine, raggiunse il capo chiamato Perath, che costituisce il cervello dell’Albero Sephirotico da dove emana la materia fecondante. Ben Zama e Ben Azaï, che penetrarono, soltanto, nel guscio della dottrina, furono colpiti dalla scorza; ma Rabbi Aquiba, che raggiunse il cervello dell’Albero Sephirotico, vi entrò, secondo la tradizione, in pace ed anche ne uscì in pace.
[1] Cioè nel giorno della Redenzione (Liberazione) in cui Dio rinnoverà i cieli e la terra. [Torna al Testo] [2] Il verbo abad significa sia lavorare, come anche rendere un culto. [Torna al Testo] [3] Il Talmud, tr. Souccah, foglio 25a e 53a, riconosce la manifestazione consecutiva dei due Messia. Dopo la morte violenta del Messia, figlio di Giuseppe, succederà il Messia, figlio di David. Lo stesso evento è citato anche dal Talmud, tr. Yebamoth 62a, tr. Sanhedrin 97a e tr. Abodah Zarah 5a). [Torna al Testo] [4] Il quale ritornerà sulla terra per rivelare la Shekhinah ad Israele. [Torna al Testo] [5] Di chi è chiamato Uomo. [Torna al Testo] [6] Il computo è stabilito nella maniera seguente : Jéhovah äåäé= 10+5+6+5 (26) Adonai éðãà= 1+4+30+10 (45), la lettera Schin (come singola lettera) = 1 ; quindi avremo 26+45+1=72. [Torna al Testo] [7] Quello che deve germogliare. [Torna al Testo] [8] Che indica l’uomo. [Torna al Testo] [9] E allora colui che è chiamato Uomo diverrà il Maestro (Adon) di tutta la terra. [Torna al Testo] [10] I Rabbini ammettono, ovviamente dal punto di vista anagogico delle parole, settanta interpretazioni per ognuna delle parole della Scrittura, le quali, benché alcune volte contrastanti, sono a loro dire, tutte vere (äøåúì íéðô ‘ò). [Torna al Testo] [11] Nel momento della Liberazione di Israele. [Torna al Testo] [12] ñãøô (Pardes) è l’acrostico di ãåñ ùøã èùô, le quattro possibilità di esegesi. [Torna al Testo] [13] Per comprendere questo passaggio, dobbiamo far notare che, secondo lo Zohar, i demoni circondano tutto ciò che è santo, come anche le sepolture. Se ne deduce, quindi, che anche le regioni degli angeli sono circondate dai demoni. Tuttavia essi non possono spingersi oltre la regione in cui soggiorna Gabriel, giacché di Nakasch (il Serpente, loro capo), la Scrittura riferisce: ïåçâ ìò êìåä ìë, vi è seppellito, vale a dire è annientato nella regione di Gabriel. Per tale motivo, questo angelo è chiamato Gheber-el (uomo-Dio), infatti egli è il dio, o il dominatore, o il capo dei demoni, chiamato uomo. È con tali contenuti che la parafrasi caldaica del Deuteronomio traduce ùéà con øáð, vale a dire: il capo dei demoni non ha conosciuto il sepolcro di Mosè. [Torna al Testo] |