La Preghiera del povero

 

 

 

 

Come abbiamo spiegato prima (foglio 13b e 14a), il nome di Jéhovah è il filatterio della testa (Talmud, Berakhoth 6a); così gli angeli distruttori, non appena vedono il nome di Jéhovah sulla capo di chi prega, fuggono come è scritto (Salmi XCL,7), mille cadranno al suo lato sinistro, e diecimila alla propria destra. Come Giacobbe ha previsto, grazie allo Spirito Santo il rigore dell’ultima cattività, che avverrà alla fine dei giorni, egli non si spaventerà, come è scritto (Genesi XXXII,7), Giacobbe ebbe una gran paura e fu colto da terrore. Per questo divise il popolo santo in tre parti, come è scritto (Genesi XXXIII,2), mise alla testa i due servitori con i loro figli, Lia e i suoi generati nella seconda fila. Rachele e Giuseppe nell’ultima. Questa suddivisione del seguito di Giacobbe in tre file prefigura le tre cattività. La fila composta dai servitori e dai loro figli è immagine della cattività di Edom[1]. La Scrittura aggiunge: Lia e i suoi figli nella seconda fila, Rachele e Giuseppe nell’ultima; queste parole chiamano le altre cattività.

É per aver previsto la povertà e gli altri tormenti, che attendevano i suoi discendenti, che Giacobbe ha detto (Genesi XXVIII,20), se Dio rimane con me, se mi protegge sulla strada, su cui cammino e mi dona il pane per nutrirmi e le vesti per vestirmi, e se io ritorno felicemente nella casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio.

Dicendo (II Re XVII,29), ... perché si creda che il popolo passando nel deserto era prostrato dalla sete e dalla stanchezza, David faceva allusione alla prigionia della Schekhina e presagendo le sue sofferenze, provò compassione. Ma quando previde... il ritorno di Israele, compose, per esprimere la sua gioia, dieci generi di cantici, di cui l’ultimo (Salmi CI,1) inizia con le parole: preghiera del povero, quando è nell’afflizione ed effonde la sua preghiera alla presenza del Signore.

La preghiera del povero giunge dinanzi a Dio prima di quella di tutti gli altri uomini; per questo David mise all’inizio della sua preghiera il titolo di povero[2]. Qual è la preghiera del povero[3]? É quella della sera la quale, essendo facoltativa, si recita senza lo sposo; per questo è, in un certo qual modo, povera. Il Giusto povero è la discendenza di Giacobbe la quale, anch’essa, è soggetta alla dominazione degli altri popoli e somiglia alla preghiera della sera, in questo senso anch’essa si trova nell’oscurità della prigionia. La preghiera del giorno del Sabato è una carità fatta ai poveri. Per questo, durante la preghiera che deve essere fatta in piedi[4], l’uomo ha l'obbligo di assumere un portamento di umiltà simile a quello di un povero dinanzi alla porta del re.

Questo portamento assunto durante la preghiera deve essere conservato, per imitazione della Schekhina, durante i sei giorni lavorativi; vale a dire si deve assumere il contegno di un povero per imitare la Schekhina, che è povera. Per tale motivo si indossa l’abito legale adorno di frange ad esempio del povero.

Ed anche quando l’uomo indossa i filatteri, deve assumere l’atteggiamento del povero davanti alla porta di un re, perché durante la preghiera, l'uomo, in realtà, si trova davanti all'entrata del palazzo di Chi è chiamato Adonaï. Il valore numerico di questo nome equivale a quello della parola Hecal (lkyh palazzo). Ecco per quale motivo prima della preghiera si recita il versetto (Salmi LI,17), Adonaï apri le mie labbra[5] affinché la mia bocca pronunci le tue lodi. Durante i giorni lavorativi, non appena si inizia la preghiera della sera, un’aquila discende dal cielo per raccoglierla fra le sue ali (Tiqouné Zohar, X e XIX) e portarla dinanzi a Dio. Quest’angelo, che appare sotto la forma di aquila, è chiamato a volte Uriel, quando la preghiera è rivolta dalla parte della sephirâ chiamata H'esed[6], altre volte Nuriel[7], quando, invece, è rivolta al lato della sephirâ chiamata Guebourâ; infatti quest’ultima sephirâ somiglia ad un grande fuoco, come è scritto (Daniele VII,10), un fiume di fuoco molto rapido usciva davanti alla sua faccia. Durante la preghiera del mattino è un leone, che discende dal cielo per raccoglierla fra le sue zampe alate; ogni angelo della legione degli Haytoth, agli ordini di Michele, è infatti munito di quattro ali.

Durante la preghiera dei vespri è un bue a discendere dal cielo per raccoglierla fra le sue corna e le proprie ali. Questi angeli, che appaiono sotto l’aspetto di un bue, sono agli ordini di Gabriel.

Il giorno del Sabato, quando la Schekhina discende sulla terra, è lo stesso Santo, baruk ha-shem, a declinare dal cielo accompagnato dai tre Patriarchi (Tiquonim foglio 40 e 149), per accogliere la sua unica figlia. Non sorprendano tali parole, perché questo è il mistero racchiuso nella parola Shabath, vale a dire, Sche-bath, vocabolo che significa: poiché è la figlia unica[8]. A questo momento, gli esseri celesti di ordine superiore, che sono chiamati con il nome del Signore[9], recitano il versetto seguente (Salmi XXIV,9), togliete le vostre porte, principi; e voi, porte eterne, apritevi per lasciar entrare il Re della gloria. Immediatamente le porte dei sette palazzi (Zohar I,41a, II,244b e 269a) si aprono. Il primo lkyh (hecal) è quello dell’amore; il secondo è il palazzo del timore; il terzo è quello della misericordia; il quarto, della profezia per riverberazione[10] [24a]; il quinto è il palazzo della profezia senza riverberazione; il sesto è quello della giustizia, il settimo è lo hecal delle punizioni.

È a questi sette palazzi che alludono le parole della Scrittura: Be-re'šit bara Élohïm. La parola Be-re'šit, divisa in due, forma bara schith, che vuol dire, creò sei, in altri termini sei palazzi. Élohïm rappresenta il settimo hecal. Così furono creati quaggiù sette palazzi, per corrispondere ai sette palazzi in alto. Le sette voci ripetute nel Salmo che inizia con le parole: portate al Signore… fanno riferimento a questi palazzi. In questo stesso Salmo, la parola Jéhovah è ripetuta diciotto volte, per analogica corrispondenza con i diciotto mondi attraversati dal Santo, baruk ha-shem, come è scritto (Salmi LXVIII,18), il carro di Dio è circondato da diecimila volte mille; questo carro serve a Dio per percorrere i diciotto grandi mondi.

Le porte dei palazzi, dove salgono le preghiere, sono custodite da numerosi guardiani; nessuna preghiera vi penetra senza essere stata misurata e pesata. La porta del palazzo della Schekhina, però, non è custodita da nessun sorvegliante; delle preghiere rivolte a questo palazzo il Salmista ha detto (Salmi CXXVII), esse non saranno confuse dai nemici che stanno alla porta. Infatti la porta del palazzo della Schekhina si apre, senza intermediari, a tutte le preghiere, poiché esse si diffondono dal Santo, baruk ha-shem; pertanto, tutto ciò che emana dal Santo, baruk ha-shem, deve giungere alla Schekhina senza mediatori. Affermiamo che la preghiera emana dal Santo, baruk ha-shem, perché tutta la Scrittura, come tutte le prescrizioni, positive e negative[11], effondono dal nome di Jéhovah, così come lo abbiamo spiegato a proposito del mistero racchiuso nelle parole di Dio (Esodo III,13), questo è il mio nome per l’eternità, e questo mi farà conoscere nei secoli.

Orbene, la parola Schemi (mio nome) con l’aggiunta delle due iniziali del nome Jéhovah, vale a dire della Yud e della Hé, riproduce il valore numerico di trecentosessantacinque, numero corrispondente ai comandamenti negativi; e la parola Zicri (mi farà conoscere), con l’aggiunta delle due ultime lettere del nome Jéhovah, vale a dire della Vav e della Hé, genera il valore numerico di duecento quarantotto, numero equivalente alle prescrizioni positive. É per questa ragione che la liturgia dello Schema conta duecento quarantotto parole[12]. Ed è per lo stesso motivo che prima della recita dello Schema si pronuncia la benedizione: sii benedetto, Signore, che hai scelto il tuo popolo d’Israele nell’amore.

Tutti gli Israeliti sono compendiati da Abraham (Abramo), del quale Dio ha detto; la discendenza di Abraham, mio amico, parole che indicano Israele[13], il quale è incluso nel nome di Jéhovah scritto in piene lettere (ah waw ah dwy), il cui valore numerico è quarantacinque, valore equivalente a quello di Adam (\da uomo). Ora, quando il versetto dice: creò l’uomo a sua immagine, fa allusione ad Israele, che era nel pensiero di Dio prima della creazione del mondo. La parola Mahschaba (Pensiero), è composta da Haschab Ma[14], Dio pensa a Mâ, vale a dire a Adam. Per cui, quando afferma che Dio creò l’uomo (Adam) a sua immagine, allude ad Israele. Così la creazione di Israele era già nel Pensiero; è per questo che Giacobbe prese il nome di Israele ed è per lo stesso motivo che la Scrittura dice (Genesi I,27), ed Élohïm creò l’uomo a sua immagine, in pratica lo concepì secondo la forma che il proprio Signore aveva nel Pensiero.

I figli, la vita, i mezzi di sussistenza procedono dalla Colonna del centro, che è, il mio figlio maggiore, Israele (Esodo IV,22). È lui l’albero della Vita, quello che nutre il mondo. Per questo il nutrimento di Israele è rappresentato dalle proprie preghiere, che sostituiscono i sacrifici dopo la distruzione del Tempio. Ed è nel periodo dell’esilio che la Scrittura dice (Genesi XXX,1), dammi figli, altrimenti morirò. Perché la Schekhina è il sacrificio che Dio ha posto alla sua destra, alla propria sinistra e intorno a lui. E quando sale a lui, occorre che faccia salire con se tutte le Sephiroth, tenendo presente che ogni atto sacro non deve essere compiuto con una riunione inferiore a dieci e che la metà della Schekhina costituisce un'azione santa.

 


 

[1] L’edizione di Sulzbach riporta: \yrxm, cattività d’Egitto. [Torna al Testo]

[2] Commentando il medesimo versetto dei Salmi, il Midrasch Rabba, sezione Schemoth, si esprime in questa maniera: poiché quelli che soffrono sanno meglio compatire i mali degli altri, David dice al Messia: povero e a cavallo di un asino (rwmj lu bkwrw ynu); anche  io sono povero e compatirò i tuoi mali, tu, compatisci i miei. [Torna al Testo]

[3] Questo passaggio inserito tra parentesi nelle edizioni di Amsterdam, Vilna e Francoforte, non figura nelle altre edizioni. C’è una nota di Mikdasch Melech, che si ritrova nel suo commento, foglio 164a. [Torna al Testo]

[4] Cioè la preghiera detta, delle diciotto benedizioni. [Torna al Testo]

[5] É la Schekhina che funge da palazzo delle preghiere; ed è rivolgendo le preghiere a lei, che esse giungono a destinazione. Vedere in seguito il foglio 253a.              [Torna al Testo]

[6] Vedere la nota alla fine del foglio 18a. [Torna al Testo]

[7] Fuoco di Dio. [Torna al Testo]

[8] Questa etimologia della parola Schabath si trova anche in Bereschith Rabba. Nel Talmud, trattato Schabath, foglio 10, si legge: il Santo, baruk ha-shem, disse a Mosè; ho nel mio tesoro un gioiello prezioso chiamato Schabath; voglio farne dono a Israele; va’ ad avvertirlo. [Torna al Testo]

[9] Il nome degli angeli, dice il Tiqouné Zohar, X, foglio149, si modifica secondo la loro elevazione nella gerarchia angelica; i più elevati portano il nome del Signore. [Torna al Testo]

[10] Nella cabala si chiama profezia per riverberazione la visione, in un certo modo, indiretta, mentre nella profezia senza riverberazione si vedono gli avvenimenti in forma diretta. [Torna al Testo]

[11] Il numero dei precetti positivi, cioè delle ordinanze, è 248, mentre quello dei negativi, vale a dire delle proibizioni, è di 365 (hcut al hyscw hcu j’mr). Questo, dice il Talmud in diversi passi, corrisponde alle 248 ossa e alle 365 vene del corpo umano. [Torna al Testo]

[12] Deuteronomio VI, dal versetto quattro fino al versetto nove compreso, costituiscono la prima sezione della liturgia detta Schema; Deuteronomio XI dal versetto 13 fino al versetto 21 compreso, ne formano la seconda sezione; la terza è costituita dagli ultimi cinque versetti di Numeri XV. [Torna al Testo]

[13] Vedere il foglio 233a paragrafo sei, dove, secondo i commentatori, si trova il passaggio che appartiene a questo passo. [Torna al Testo]

[14] Ma (hm) ha anche valore numerico 45. [Torna al Testo]