Io sono proprio Io, e Élohïm non è assolutamente con me. |
Rabbi Shimon parlò di nuovo in questa maniera, è scritto (Deuteronomio XXXII,39), Vedete che io sono io e che Élohïm non è assolutamente con me. Rabbi Shimon enfatizzo: Colleghi! ora che ho l'autorizzazione del cielo, per parlare, ascoltate adesso le parole antiche che vi svelo. Chi è che afferma: Vedete che io sono proprio io? È il Supremo di tutte le cose supreme, è Êléh (Quello), chiamato la, Causa di tutte le cause, che fa emergere tutti gli inizi seguiti da frutti, senza il quale nulla si fa e nulla esisterebbe e senza la cui autorizzazione nulla è compiuto nel cielo, così come abbiamo già accennato interpretando le parole scritturali: facciamo l'uomo a nostra immagine. Queste parole indicano, in verità, la presenza di due ipostasi nell'essenza divina, che si parlano, in questo momento, l'un l'altra. La seconda dice alla prima, facciamo, giacché lei non deve fare nulla senza l'autorizzazione e la parola della prima (S.Giovanni V,19), come anche la prima non opera in nulla senza consultare la seconda. Chi, però, che è chiamato, la Causa di tutte le cause, chi non ha rassomiglianze ne in alto ne in basso, come è scritto (Isaia XL,25), dice il Santo: A chi (Mi=ym) mi fate assomigliare? a chi mi paragonate? Questo, diciamo noi, ha detto,vedete che io sono proprio io e Élohïm non è assolutamente con me, in altre parole, vedete che non c'è Élohïm che io abbia consultato, così come, invece, ha fatto Élohïm per la creazione dell'uomo? Tutti i colleghi di Rabbi Shimon si alzarono esclamando: Maestro, consentici di interromperti! Non hai forse, proprio tu, conclamato che la Causa di tutte le cause, ha detto alla prima ipostasi, chiamata Kether, facciamo l'uomo? Rabbi Shimon rispose, che le vostre orecchie intendano, bene, quello che la vostra bocca proferisce. Io non vi ho detto che Êléh (Quello) chiamato la Causa di tutte le cause, sia lo stesso che Élohïm, e neanche ho affermato che Êléh (Quello) riconosciuto come la Causa di tutte le cause, sia un altro che Élohïm. Nell'essenza divina non esiste né associazione né numero, tutto vi è UNO. L'aggregazione che esiste nell'essenza divina è equiparabile a quella esistente tra il principio maschile e quello femminile, i quali sono chiamati Uno, come è scritto (Isaia II,2), perché io li ho chiamati uno. In realtà, però, l'essenza divina è una, non ha né aggregazione né quantità. Ecco perché Dio ha detto: vedete che io sono proprio io, e che Élohïm non è assolutamente con me. Vale a dire, Élohïm non è assolutamente con me, ma io sono proprio Élohïm, e lui è me. Tutti i colleghi, di Rabbi Shimon, si inchinarono, allora, dinanzi al Maestro esclamando, beato l'uomo cui il Signore ha concesso di penetrare questi misteri che non sono stati rivelati neanche agli angeli. Rabbi Shimon continuò, dobbiamo ora completare l'interpretazione di questo versetto, perché racchiude ancora molti misteri. È scritto (Deuteronomio XXXII,39), sono proprio io che do la morte e faccio vivere; sono proprio io che ferisco e guarisco; e nessuno può sottrarre nulla alla mia mano. Con le parole, sono proprio io che do la morte e faccio vivere, la Scrittura intende che i Sephiroth che danno la vita sono collocati sul lato destro dell'albero, mentre quelli che danno la morte, su quello sinistro. Se questi due lati non fossero armonizzati tramite l'azione della Colonna centrale, non vi sarebbe giustizia celeste, considerato anche che ogni tribunale è costituito da tre giudici riuniti. [23a] Quando le tre ipostasi si costituiscono in tribunale (S.Giovanni VIII,16 a 18), la mano destra è tesa per accogliere i penitenti (S.Giovanni VI,39, 44 e 66). Questa mano è chiamata, nell'albero sephirotico, Jéhovah. La Schekhina è la mano destra di Dio; essa si trova sul lato della sephirâ chiamata Hésed. La mano sinistra, invece, si colloca sul lato della sephirâ chiamata Guebourâ. La mano, indicata nell'albero sephirotico con Jéhovah, appartiene, al contrario, alla Colonna centrale. Quando un uomo si ravvede, è questa la mano tesa per salvarlo dal rigore del tribunale. Quando, però, è la Causa di tutte le cause a giudicare, allora la Scrittura dice: e nessuno può sottrarre nulla alla mia mano. Questo versetto, inoltre, contiene tre volte la parola ani (yna); quindi tre volte ciascuna la lettera aleph e la yud, caratteri presenti nel nome Jéhovah scritto in plenitudine. Questo versetto annovera, inoltre, tre volte la lettera vav, Va-ahayeh, va-ani, v'en, ugualmente contenuta nel nome Jéhovah. I colleghi hanno interpretato la parola Élohïm, di questo versetto, attribuendole il senso di, Élohïm aherim; vale a dire, i falsi dei. Secondo questa lettura, il costrutto del versetto sarebbe il seguente, vedete che io sono proprio io, in altre parole, che io, il Santo, baruk ha-shem, sono la Schekhina di cui è detto, ani vaho, e Élohïm non è assolutamente con me, vale a dire i demoni (falsi dei) Samaël e Nahasch, non sono assolutamente con me. Sono proprio io che do la morte e faccio vivere, vale a dire, è tramite la Schekhina che do la morte ai colpevoli, ed è, sempre, tramite essa che faccio vivere i Tsaddîqîm (Giusti) (II Corinzi 11, 15 e 16); e nessuno può sottrarre nulla alla mia mano, ovverosia, nessuna potenza può sottrarre qualche cosa alle tre ipostasi, i cui nomi si compongono di quattordici lettere[1]: Jéhovah, Elohénou, Jéhovah, lettere che si trasformano in, Couzou, Bemoucsaz, Couzou[2]. Questa è la verità; e quanto, più sopra, abbiamo esposto e spiegato a proposito dell'Essere supremo, Causa di tutte le cause, è un mistero che non era stato ancora svelato né ad alcun angelo né ad alcun profeta. Considerate quanto i gradi dell'essenza divina siano misteriosi; essi sono avvolti nelle Sephiroth, e le stesse gli servono da carro, ma l'essenza stessa di queste gradazioni è inaccessibile alla comprensione dell'uomo; è di esse che la Scrittura dice (Qoelet V,7), Perché sopra un autorità veglia un altra autorità superiore; e sopra di loro un altra ancora più alta, queste (le Sephiroth), sono delle luci splendenti sovrapposte le une alle altre e quelle che tra esse ricevono la luce da quelle superiori, sembrano oscure, se paragonate a quelle che le precedono. Ma la Causa di tutte le cause non ha luce che possa lucere in sua presenza, tanto il suo bagliore è immenso e tutte sembrano oscurarsi al suo cospetto. Secondo un altra spiegazione esposta dai saggi, questo versetto del Genesi si rapporta agli angeli messaggeri. Questi, conoscendo il passato e il futuro e avendo previsto, quindi, che l'uomo avrebbe peccato, si opposero alla sua creazione. Inoltre c'è dell'altro; nel momento in cui la Schekhina disse al Santo, baruk ha-shem, facciamo l'uomo, i demoni Aza e Azaël reclamarono contro l'uomo riferendo, per quale motivo creare l'uomo, sapendo che finirà con il peccare contro di te con la sua donna, la quale scaturisce dal lato della luce passiva chiamata tenebre? È cosa nota che il maschio, infatti, emana dal lato della luce attiva, mentre la donna da quello sinistro, lato in cui, nel mondo della creazione, regnano le tenebre. Allora la Scheckhina rispose loro, voi reclamate contro l'uomo, rimproverandogli la donna, ma sarà proprio una donna la causa della vostra caduta, cosi come è scritto (Genesi VI,2), i figli di D-o vedendo che le figlie degli uomini erano belle, presero per loro donne quelle che tra esse più gli piacquero. Quando questi angeli provarono dei desideri per le donne e si lasciarono sedurre, la Schekhina li precipitò privandoli della loro santità. I colleghi replicarono a Rabbi Shimon: maestro, i demoni Aza e Azaël non hanno dunque mentito affermando che l’uomo finirà col peccare con una donna? Rabbi Shimon rispose loro: è precisamente a causa di questo che la Scekhina dice a questi demoni; perché voi possiate ricorrere contro gli uomini, occorrerebbe che voi foste più casti di loro. Ebbene, l’uomo finirà con il peccare con una sola donna, mentre voi finirete col farlo con molte, come è scritto: i figli di Dio vedendo che le figlie degli uomini erano belle; la Scrittura non parla di una sola figlia, ma di molte. Inoltre, diceva la Scekhina, l’uomo farà penitenza dopo i1 suo peccato, mentre voi non lo farete affatto (Zohar, III 203a). I colleghi chiesero a Rabbi Shimon: dal momento che i desideri sessuali sono la causa di tutti i mali, perché esistono? Rabbi Shimon rispose: se il Santo, baruk ha-shem, non avesse creato lo Spirito del bene e quello del Male, di cui il primo emana dal lato della luce e l’altro da quello delle tenebre, l’uomo non avrebbe potuto mai avere meriti o demeriti; ecco perché Dio lo ha creato uniformato con i due spiriti. Ebbene, i desideri sessuali sono buoni o cattivi secondo lo spirito che li ispira; per questo la Scrittura dice (Deuteronomio XXX,15), vedete, io ho posto davanti ai vostri occhi da una parte la Vita e il Bene, dall’altra la Morte e il Male. I colleghi replicarono: per quale motivo era necessario che l’uomo meritasse o demeritasse? Non sarebbe stato meglio che l’uomo fosse dotato soltanto del solo spirito del bene e non ne avesse alcun merito? Creato così, non avrebbe provocato tanti danni nelle regioni celesti! Rabbi Shimon rispose loro: l'uomo doveva, per diritto, essere composto dai due spiriti citati, giacché la Legge è stata creata a questo scopo (Minhath Yehouda, 144b); ebbene, la Legge vuole che i cattivi siano puniti e i Tsaddîqîm (Giusti) ricompensati. Acciocché i Tsaddîqîm (Giusti) possano essere ricompensati, occorre necessariamente che i cattivi siano puniti; ebbene, Dio volle che il bene fosse diffuso nel mondo, come è scritto (Isaia XLV,18), Dio non ha inutilmente creato la terra, ma la ha formata perché fosse abitata. I colleghi esclamarono, stiamo ascoltando una cosa che non abbiamo mai udito; giacché è evidente che il Santo, baruk ha-shem, non ha creato nulla che fosse inutile. Ma c’è di più. La legge creata, [23b] costituisce l’abito della Scekhina. Se l’uomo non fosse stato creato in modo da avere la libertà di peccare, la Schekhina sarebbe rimasta senza abito, proprio come un povero. Per questo, chiunque commette peccato, è come se spogliasse la Schekhina dei suoi abiti, ed è quello che determina la punizione; mentre chi osserva i comandamenti della Scrittura ha merito come se vestisse la Schekhina dei propri abiti. Per questo ci si avvolge in un mantello con le frange (Çiçith) ed è ancora per questo che la Scrittura dice (Esodo XXII,27), perché il solo abito che ha per vestirsi, è quello di cui si serve per coprire il suo corpo e non ne ha un altro da mettersi quando dorme. Con queste parole la Scrittura intende la Schekhina, mentre con l'espressione, quando dorme, esprime la Schekhina in cattività. Notate che le tenebre sono simbolizzate dalla parte nera della scrittura costituita dai segni delle lettere e la luce dalla sua parte bianca, in pratica dal bianco esistente all’interno e intorno ai segni dell'alfabeto. Quando un uomo rivolge al cielo una preghiera che non è sincera, molti angeli della distruzione (Sepher Yetzira capitolo LXXIII) si mettono alla caccia di quella orazione, come è scritto (Lamentazioni I,3), tutti i suoi persecutori si sono impadroniti di lei. Per questo si dice nella preghiera (Salmi LXXVIII,38), ma lui usa misericordia; egli perdona i peccati e non distrugge completamente. La parola peccati, sottintende Samaël, che è il serpente; la locuzione, non distrugge, allude all’angelo distruttore; la sua collera (Apo), si riferisce al demone chiamato Aph (collera); mentre, il proprio corruccio, (hamoto) rivela il demonio di nome Hema. La Scrittura vuol ricordare che Dio non ha permesso che i demoni si impadronissero delle preghiere degli uomini. Gli angeli distruttori, che cercano di impossessarsene, obbediscono a sette capi; ognuno di questi ha ai suoi ordini settanta sottocapi. Questi angeli contrastano in tutti i cieli le preghiere degli uomini; stanno appesi alle labbra di chiunque preghi e il loro numero totale è di cento milioni. Quando, però, la preghiera dell’uomo sale al cielo in maniera perfetta, vale a dire quando l’uomo, la recita rivestito del suo abito legale[3] e dei filatteri sulla testa e alle braccia, allora la Scrittura dice (Deuteronomio XXVIII), e tutti i popoli della terra vedranno che voi portate il nome di Jéhovah e vi temeranno.
[1] La parola, yud, che significa mano, ha un valore numerico di quattordici. La Scrittura vuole dunque ricordare che nessuna potenza può sottrarre qualcosa alle tre ipostasi i cui nomi sono composti di quattordici lettere. [Torna al Testo] [2] Consultare la nota al foglio 18b. [Torna al Testo] [3] È cosa nota che secondo la legge Mosaica ogni veste quadrata deve essere provvista di frange (Çiçith), alle quali sono aggiunte strisce di color giacinto (Numeri XV,38). Per recitare la preghiera gli Israeliti indossano una specie di scialle (Talith), che, essendo quadrato, porta le quattro frange legali. [Torna al Testo] |