Traduzione di

© Federico Pignatelli

 

"Rabbi Hiya si sdraiò per terra, baciò la polvere della terra, poi pianse e disse…"

 

Questa è la storia di Rabbi Hiya, che fu uno dei nove allievi prescelti da Rabbi Shimon Bar Yochai, con i quali scrisse il Libro dello Zohar.

La storia inizia con la domanda che sì risvegliò in Rabbi Hiya a proposito dell'anima del suo maestro, Rabbi Shimon Bar Yochai.

Egli vide, grazie al suo altissimo conseguimento spirituale, che le anime fanno ritorno alla loro radice, allo stato spirituale più elevato solo dopo aver corretto il loro desiderio egoistico. Per questa ragione, Rabbi Hiya si domandò: come è possibile che un'anima elevata quanto quella di Rabbi Shimon Bar Yochai, non possa completare la propria correzione, ma debba invece attendere finché tutte le altre anime non completino la loro correzione?

Rabbi Hiya non capiva perchè un cabalista di un livello così elevato, attraverso il quale la Luce illumina tutto il mondo, non potesse correggere sé stesso fino a che l'ultimo degli esseri umani non avesse completato la propria missione. Lo Zohar racconta che questa domanda risvegliò in Rabbi Hiya un tale tumulto di emozioni che egli si sdraiò per terra, piangendo, e disse:

 

"Polvere, o polvere, quanto sei testarda, quanto sei insolente. Consumerai tutte le colonne di luce del mondo, quanto sei sfrontata. La luce santa che illuminava tutto il mondo, Rabbi Shimon, la cui purezza sostiene il mondo, è stata inghiottita in te".

 

Secondo la saggezza della Qabalah, l'uomo si reincarna in questo mondo per correggere la propria anima. Il processo della correzione inizia con il desiderio del Creatore di donare tutto il Bene e l'Abbondanza che Egli possiede, e per questo motivo Egli ha creato la creatura chiamata "L'anima generale".

Nel corso di questo processo la creatura si frantumò in una miriade di piccoli frammenti, chiamati "anime". Queste stesse anime perdono il contatto con il Creatore, e si allontanano fino allo stato più basso dell’esistenza, chiamato il livello di "Questo Mondo".

Da questo stato gli esseri umani devono cominciare a correggere le proprie anime, per tornare a unirsi con il Creatore. La saggezza della Qabalah spiega che il processo della correzione deve avvenire mentre l’uomo vive in questo mondo, quando le anime sono ancora "rivestite" del corpo fisico.

Lo scopo di questo processo è quello di dare la possibilità alle anime di acquisire con le proprie forze il legame con il Creatore, questa volta, però, in modo cosciente, con libero arbitrio.

Prima di discendere in questo mondo, le anime erano connesse nel Mondo Spirituale in legami d'amore e nel dare reciproco. Il processo della discesa delle anime in questo mondo simbolizza l’allontanamento l’una dall'altra, finché non sentano più la connessione esistente tra loro. Il ruolo degli esseri umani è quello di ripristinare i legami tra le anime durante la vita in questo mondo, e di ritornare gradualmente al preesistente stato di completezza. Alla fine di questo processo, chiamato "Gmar HaTikun HaPratì - La Fine della Correzione Personale", ogni anima corregge sé stessa, e ascende di nuovo al Mondo Spirituale. Lo stato in cui tutte le anime sono corrette si chiama “Gmar HaTikun HaKlalì - La Fine della Correzione Generale".

La “polvere” a cui si rivolge Rabbi Hiya nella storia dello Zohar simbolizza le anime non ancora corrette che, di conseguenza, impediscono la Fine della Correzione (Gmar HaTikun) delle anime più elevate. Rabbi Hiya non può accettare il fatto che questo processo trattenga l'anima di Rabbi Shimon che sembra dover  "attendere" la Fine della Correzione Generale (Gmar HaTikun HaKlaì)  per correggere la propria anima. Questa è la ragione per cui Rabbi Hiya esige di “vedere” Rabbi Shimon, il che significa elevarsi allo stato in cui potrà comprendere l'ordine della correzione delle anime, e ricevere con questo una risposta alla propria domanda.

Però, la richiesta di Rabbi Hiya viene respinta, dato che egli non è ancora degno di elevarsi a questo stato sublime. Di conseguenza, Rabbi Hiya decide di "digiunare quaranta giorni". Questa azione simbolizza nella Qabalah l'acquisizione della qualità chiamata Binah, rappresentata nell'alfabeto ebraico dalla lettera "MEM" (il cui valore numerico è, secondo la ghematria, 40). Dopo che la richiesta di Rabbi Hiya viene declinata per la seconda volta, egli continua a "digiunare" altri "quaranta giorni", vale a dire a correggere  sé stesso,  innalzandosi ad uno stato spirituale più elevato. Allora "viene innalzato" alla "Sede Superiore", allo stato in cui tutte le anime corrette sono connesse tra loro e  si trovano nello stato di amore reciproco, attaccate al Creatore e colme di  Luce Superiore.

Quando Rabbi Hiya si innalza a questo grado spirituale, è come se osservasse sé stesso dall’esterno, scoprendo che anche la sua anima si trova già lì, tra le anime corrette, nello stato di “Gmar Tikun - Fine della Correzione. Allora egli si stupì ancor di più: Come è possibile che il suo stato corretto esista già, quando lui, Rabbi Hiya, non ha ancora completato la correzione della sua anima?

Il Libro dello Zohar ci spiega, attraverso il racconto su Rabbi Hiya, che la Realtà Superiore esiste già. Noi tutti ci troviamo già in Essa, alla Fine della Correzione, in tutta la nostra completezza e magnificenza. Questo mondo, d’altro canto, non è altro che un'immagine apparente che percepiamo nel nostro attuale stato di sviluppo.

Il Libro dello Zohar ci rivela un nuovo punto di vista sulla vita, mostrandoci che tutti i problemi e le disgrazie che sperimentiamo hanno il solo scopo di portarci alla percezione del nostro stato non corretto. Per innalzarci verso la percezione spirituale completa e per una vita migliore, dobbiamo preferire l'interiorità al di sopra dell'esteriorità, cioè trovare le opportunità di rendere la Qabalah parte della nostra vita. Quando questo accadrà, ci eleveremmo come Rabbi Hiya, ad uno stato spirituale Superiore, alla realtà in cui esistiamo veramente. In tale stato saremo come tutti i grandi cabalisti del passato, e scopriremo l'unica realtà in cui tutte le anime sono già connesse in uno stato perfetto.

 

 Articolo tratto da Qabalah LaAm, numero 9

Traduzione di

© Federico Pignatelli

 


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La visione dello Splendore La visione di Rabbi Hiya

 

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