È il Capodanno degli alberi. Ma di che anno parliamo e di quali alberi? Dobbiamo forse appendere dei regali sui rami? O magari dobbiamo infornare una torta con su scritto il numero dei loro anni? E che tipo di benedizione dobbiamo dare ai frutti?
Chi si occupa della saggezza della Qabalah sa che ogni tradizione ebraica simbolizza e corrisponde a delle azioni compiute nel mondo spirituale. Queste azioni spirituali avvengono nell'interiorità dei cabalisti, si compiono con tutto il cuore e con un enorme desiderio di conoscere e amare il potere che unisce e collega tra loro tutte le parti della creazione. Le azioni spirituali sprigionanao un potere in grado di far avanzare l'anima verso il proprio destino con felicità e con infinita gioia - gioia del tutto equivalente a quella dell'unico potere esistente al mondo, ciò che chiamiamo "il Creatore".

Chi cammina nel mondo spirituale avanza lungo un sentiero chiaramente marcato che lo conduce dalla situazione presente alla seguente senza pericoli, percorre ogni volta lo stesso circuito, ma volta dopo volta le immagini di quanto gli accade diventano sempre più chiare e comprensibili, e le sue abilità di esperire le connessioni che lo legano al Creatore crescono di conseguenza.

Questo circuito viene chiamato "l'anno", perché volta dopo volta si ripete pur essendo al tempo stesso sempre differente ('anno' in ebraico si dice 'shanah', mentre 'differente' si dice 'shoneh' e 'cambiamento' si dice 'mishtaneh' - le tre parole provengono dalla medesima radice sh-n-h, e da ciò ne consegue che 'anno' si dice 'shanah' perché si tratta di un fenomeno che si manifesta come continua ripetizione e cambiamento). Nella dimensione spirituale il tempo non esiste. Esiste solamente un ben definito ordine della rivelazione attraverso cui ogni cabalista passa seguendo il ritmo evolutivo della propria personalità. È per questo che un cabalista può trascorrere un intero anno nel giro di una settimana o perfino di un giorno del calendario convenzionale.

I mesi dell'anno rappresentano i dodici cambiamenti a cui il cabalista è sottoposto mentre percorre il circuito. Ognuno di loro gli rivelerà una caratteristica del suo Creatore ('mese' in ebraico si dice 'khodesh'; 'cambiamento' si dice anche 'khidush'; entrambe le parole provengono dalla medesima radice kh-d-sh, così come la parola 'khadash', che significa 'nuovo').

Il Capodanno degli alberi occorre nel mese di Shvat, il quinto dei mesi invernali. L'inverno è il momento, o la fase interiore, in cui al cabalista viene rivelata la possibilità di bestemmiare il Creatore e invece sceglie di giustificarLo.

Il cabalista infatti sa bene che il suo obiettivo è di ricongiungersi a Lui e che soltanto l'amore può riunire e far comunicare tutte le parti della creazione ('inverno' in ebraico si dice 'khoref'; 'bestemmiare' si dice 'lekhoref'; la radice comune è kh-r-f).

Il quinto mese entra dopo il periodo delle pioggie. Ed è la pioggia che provvede a dare agli alberi la forza del rinnovamento e l'energia per far crescere i frutti.

Nel nostro mondo la pioggia cade senza che ci sia permesso alcun tipo di controllo, ma nel mondo spirituale ogni azione si sviluppa a partire da una totale collaborazione tra il Creatore e la creatura.

La pioggia simbolizza la vitalità e il piacere che il cabalista riceve e grazie ai quali è capace di nutrire il suo albero spirituale. La pioggia gli consente di indentificare con successo in ogni fenomeno la forza che lo fa vivere. E grazie alla pioggia il cabalista può scegliere coscientemente di amare il Creatore, convogliando tutte le sue energie in questo.

Ma ciò non gli basta. Gli serve infatti una prova che gli garantisca che i suoi sforzi lo condurranno a una connessione costante e stabile con il Creatore.

Durante i primi quattro mesi dell'anno egli non è ancora sicuro dei risultati del suo lavoro, ma nel mese di Shvat i primi frutti cominciano ad apparire sull'albero, indicandogli l'utilità e la bontà del continuo giustificare tutto ciò che il Creatore gli fa conoscere. È per questo che il quindicesimo giorno di Shvat, proprio nel mezzo del quinto mese, il cabalista benedice i frutti, perché grazie a loro ha potuto capire che la via che sta percorrendo è quella giusta al fine di ottenere una reale e stabile connessione con il Creatore.

È scritto nelle Fonti: "Perché l'uomo è l'albero del campo". Ma qual è il nesso tra l'uomo e l'albero del campo?

Di solito noi chiediamo agli alberi di darci dei frutti. Li piantiamo nei campi quando sono ancora dei germogli e quasi più oggetti che creature viventi. Ma l'albero riesce a mutare questa sua natura oggettuale in quella di una creatura che cresce e si sviluppa. Dal campo all'albero e quindi al frutto.

Ogni coltivatore, per quanto alle prime armi, sa che dovrà dare ai suoi alberi nutrimento e supporto e molto amore, se vuole che crescano dei bei frutti. E questa è una di quelle azioni che soltanto un essere umano può compiere.

Il frutto che noi chiediamo è un contatto spirituale stabile e costante e una continua connessione con il Creatore.

All'essere umano, chiamato "l'albero del campo", serve una precisa preparazione prima di poter acquisire quelle caratteristiche che gli consentono di connettersi al mondo spirituale.

Bisogna dare all'albero del fertilizzante. Così il cabalista impara a conoscere i tratti più difficili e grossolani del proprio carattere, e a chiedere un'opportuna correzione della sua attitudine nei confronti del Creatore. La differenza tra la fertilizzazione dell'albero e quella del cabalista consiste nel fatto che mentre la prima avviene fuori, nel mondo materiale, la seconda si sviluppa all'interno della persona.

Bisogna zappare intorno all'albero per ripulirlo dalle erbacce. Allo stesso modo il cabalista deve scavare e investigare la ragione per cui è venuto al mondo.

Bisogna eliminare le storture che l'albero può avere, così che possa crescere dritto - lo stesso deve fare il cabalista che si libera delle situazioni di vita precedenti per concentrarsi sulle nuove rivelazioni di cui fa esperienza nel momento presente.

Bisogna accendere un fuoco controllato ai piedi del tronco per affumicare i vermi. La stessa cosa farà il cabalista che a ogni nuovo giorno brucia tutto ciò cha ha fatto ieri. Allora si sentirà più leggero e avrà ridotto il numero dei vermi che stanno davanti al Creatore - e grazie a questa decisione risolleverà enormemente il proprio umore, perché le nuove situazioni che si presentano uccidono i vermi del passato, rimpiazzandoli con la felicità del riconoscimento della grandezza del Creatore.

Bisogna tagliare i rami secchi - e lo stesso fa il cabalista con le conoscenze che ha già acquisito e che non gli forniscono più energia per crescere e per rafforzare il suo amore per il Creatore.

Soltanto dopo avere compiuto tutte queste azioni il cabalista potrà ottenere il successo desiderato e vedere i frutti spuntare sull'albero per la festa di Tu Bishvat.

Allora avrà saputo con certezza che l'albero crescerà i suoi frutti e che egli sarà stato capace di dare gioia al Creatore, proprio come il Creatore sa donare gioia a lui.

 

 

Torna a Indice Sei celebrazioni