Pesach (Pasqua) viene anche chiamata la Festa della Libertà. Ma di che tipo di libertà abbiamo bisogno? Non siamo forse già liberi così come siamo? Perché dovremmo preoccuparci del fatto che Israele uscì dall'Egitto 4000 anni fa? E a chi importa di quello che Mosè disse al Faraone e delle piaghe che questi ricevette prima di risolversi a lasciar partire i nostri padri? Bene, se si trattasse semplicemente di una delle vicende storiche del nostro popolo, tali domande sarebbero giustificate. Ma la saggezza della Qabalah ci insegna che ognuno di noi ha la possibilità di ritrovare i racconti biblici nella propria interiorità, dal momento che questi sono esatte descrizioni di quanto continuamente accade dentro di noi. La saggezza della Qabalah ci permette di conoscere personalmente il Faraone, il Mosè, l'Aronne, la figlia del Faraone e la Miriam dentro di noi, perché tutti quei nomi descrivono delle forze che agiscono sulle nostre anime. L'abilità di connettersi all'anima e di comprendere le forze che agiscono al suo interno viene chiamata spiritualità. E per connettersi spiritualmente è necessario fare un percorso che ci riveli come la materialità ci controlli a ogni istante e imparare a svincolarsi dal suo controllo. Se riuscissimo a percepire le forze che agiscono sulle nostre anime spingendole continuamente in avanti e verso la felicità assoluta che le attende, saremmo in grado di "rivivere" esattamente quelle stesse storie di cui parla la Bibbia. Questo perché soltanto quando riusciremo a sentire il nostro esodo personale dall'Egitto potremo davvero intendere quanto è scritto nell'Hagada di Pesach (la storia dell'esodo pasquale). La storia dell'esodo dall'Egitto è il momento più importante dello sviluppo personale. Infatti descrive e spiega il modo in cui è possibile liberarsi dalle influenze della materialità, preferendo loro la spiritualità. Conformemente alla propria natura una persona non può che percepire se stessa e agire con l'unico fine di gratificare se stessa. Questa tendenza prende il nome di materialismo. Ma la Forza che governa il mondo possiede dei tratti caratteriali diametralmente opposti che Le fanno provare interesse soltanto nel dare piacere alle Sue creature. Per poterLa capire ed entrarVi in contatto è necessario acquisire le Sue stesse caratteristiche - infatti soltanto diventando uguali a Lei potremo acquisirNe le caratteristiche e gioirne. Ma perché questo possa accadere dobbiamo innanzitutto spingerci alla scoperta dei nostri tratti caratteriali e riconoscere le incapacità presenti nella nostra attitudine nei Suoi confronti. L'abilità di acquisire i tratti caratteristici della Forza Suprema e di andare oltre la nostra natura viene chiamata Pesach (pasach in Ebraico significa egli passa oltre, con particolare riferimento allo spirito di Dio che passa oltre le case le cui porte hanno lo stipite segnato con sangue d'agnello). La vita di un essere umano può venire suddivisa in due parti ben definite: prima e dopo l'esodo. Prima dell'esodo siamo prigionieri dei nostri stessi desideri di godere della vita senza interessarci di comprendere le norme che ci controllano, di conseguenza senza poter minimamente influire su di esse. È per questo che di solito non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere lo stato di completa soddisfazione dei desideri. Se anche ottenessimo il denaro e il potere che vogliamo e tutti i nostri desideri fossero realizzati non saremmo felici. Ci sarebbe sempre qualcosa di nuovo da bramare e saremmo spaventati dalla possibilità di perdere ciò che abbiamo già ottenuto. Dopo l'esodo diventiamo invece partner a tempo pieno nel lavoro della Creazione. Solo allora le porte del mondo delle ragioni ci vengono aperte per lasciarci entrare in quel regno da cui provengono tutti i fenomi del nostro mondo. Qui potremo studiare come dirigere saggiamente le nostre vite, come controllare coscientemente la nostra natura e come influenzare positivamente le cose che ci accadono intorno. Soltanto connettendoci alla Forza Suprema che dirige la realtà è possibile ottenere gli eterni piaceri che vengono prodotti e crescono senza interruzione. Tutto il percorso ha inizio nel momento in cui Israele fa il suo ingresso in Egitto. L'Egitto è il luogo dove è possibile soddisfare le proprie aspirazioni materialistiche, ottenendo la tranquillità e la sicurezza economica; è il luogo dove è possibile pensare di aver raggiunto il posto in cui poter riposare e in cui a tutte le necessità materiali viene provveduto per sempre. Si accumulano proprietà, conoscenze, esperienze, posizioni sociali, ecc., supponendo che tutto ciò sarà abbastanza anche per il tempo del bisogno. Ma è a questo punto che un nuovo re sale al potere, un re che immediatamente rende palese al popolo che tutte le proprietà e le garanzie non appartengono ad altri che a lui. Questo re incarna il desiderio di ricevere solo a proprio vantaggio (cioè l'egoismo). Il suo nome è Faraone. Le persone che fino a un attimo prima si sentivano libere e felici scoprono all'improvviso di non essere altro che degli schiavi. Schiavi di una volontà di piacere individualista. È allora che comprendono che quel re comanda sul popolo perché ne condivide le stesse qualità; di conseguenza un senso di vergogna prende vita in loro e il desiderio di evolversi spiritualmente comincia a svilupparsi, rendendo invece manifesto che il popolo nulla può fare se non essere suddito di quel re e continuare ad agire solo a proprio vantaggio. Ci si rende conto di non avere a disposizione alcuna possibilità di connettersi alla Forza Suprema con i propri mezzi, tantomeno di imparare a dare e influenzare come Lei sa fare. Si soffre terribilmente perché ogni certezza va in frantumi. Si cerca di rimettere insieme i pezzi della sicurezza perduta, ma di nuovo tutti i sogni vengono infranti davanti ai propri occhi. Proprio così Pitom e Ramses, le bellissime città edificate dagli Israeliti in territorio egiziano, vennero ingoiate dalle sabbie una volta dopo l'atra. A questo punto ci viene fatto capire non solo di essere degli schiavi, ma di dover anche lavorare duramente. Un lavoro inutile, senza senso e senza risultati. E d'altra parte ogni sforzo fatto emanciparsi dalla vergogna non fa che accrescere l'egoismo; ogni tentativo di tornare alla felicità del passato fallisce - perciò ci si domanda: Perché mi sta succedendo questo? In che cosa ho peccato? Che cosa devo fare per andare oltre questa impasse? Continuerò a pensare solamente a me stesso per sempre? Nel contempo ci viene rivelato che dentro di noi agiscono due forze rivali: quella egiziana, che vuole farci pensare solamente a noi stessi facendoci credere soddisfatti di quello che possiamo avere, e quella israelita, che vuole farci raggiungere la sorgente di tutti i piaceri. L'israelita dentro di noi ci spinge ad andare dritti verso la Forza Suprema che dirige le nostre vite (yashar-El in Ebraico significa dritto a Dio). Israele è un'unione di desideri che vogliono salvarsi dalle ristrettezze dell'egoismo, dall'Egitto, e connettersi al mondo delle cause. Soltanto quando si decide di rendere l'israelita dentro più forte (così da poter vincere gli egiziani), ci si rende conto di non averne la forza. Allora si invoca l'aiuto della Forza Suprema che creò sia gli egiziani che gli israeliti, chiedendoLe di liberarci dal controllo del Faraone. È allora che nasce Mosè, la forza preposta a portare gli Israeliti fuori dall'Egitto. Mosè, cresciuto nel palazzo del Faraone, ha imparato le strategie del patrigno dall'interno e sa come vincerlo. Ma sa anche di non poterlo vincere senza l'intervento di un miracolo, senza che la Forza Suprema lo renda all'altezza della sua missione. Anche far strage degli egiziani e seppelirli nella sabbia non è sufficiente perché il suo popolo, gli Isrealiti (cioè quei desideri che vogliono essere salvati), non capiscono ancora da che cosa devono essere salvate né come. Mosè fugge allora nel deserto, il luogo dove incontra la Forza Suprema e Le parla. È lì che riceve le istruzioni per portare a termine la propria missione. Egli comprende che gli Israeliti vogliono uscire dall'Egitto, ma che tuttavia non hanno ben capito da che cosa devono essere salvati. Per poterli far uscire tutti è necessario che l'egoismo, il Faraone, cresca fino al punto di rivelarsi per quello che è. Il crudele tratto schiavizzante del Faraone dovrà essere reso pienamente manifesto - e allora tutti vorranno emanciparsi dal suo controllo, nonostante le tentazioni materiali da lui offerte. Bisogna decidere da soli a vantaggio dello spirituale sul materiale. E come risultato si ottengono sia la salvezza spirituale che quella materiale. Perciò Mosè va dal Faraone per rivelare gradualmente la sua inflessibilità e la sua resistenza all'esodo degli Israeliti. E dal momento che il Faraone rende la schiavitù del popolo ancora più dura, riceve la prima piaga. La sua arroganza allora cresce ed egli cerca di imporre il proprio controllo sugli Israeliti ancor più duramente, e come risultato riceve un'altra piaga. La storia prosegue così attraverso tutte le dieci necessarie comprensioni, le dieci piaghe, e i due poteri che agiscono all'interno delle persone vengono pienamente manifestati. Il Faraone deve essere portato al punto di decidere spontaneamente di abbandonare il controllo sugli Israeliti, nel momento in cui realizza che solo la Forza Suprema è il vero controllore della realtà. Dal canto loro gli Israeliti devono comprendere che senza chiedere aiuto alla Forza Suprema non saranno mai in grado di salvarsi e di liberarsi dall'egoismo che grava su di loro. Dopo che il Faraone ha ricevuto le dieci piaghe l'Israele dentro le persone ottiene il pieno riconoscimento della Forza Suprema e finalmente chiede di essere portato via dall'Egitto. Adesso gli Israeliti hanno capito di voler essere salvati dal luogo di prigionia in cui si trovavano: l'Egitto, il loro stesso egoismo. Da una parte si rendono conto dei danni provocati dal Faraone dentro di loro, dall'altra della grandezza della Forza Suprema, l'unica forza che governa la realtà in tutti i suoi aspetti, incluso il Faraone. Per ricordarci del dovere di uscire dall'Egitto mangiamo il pane non lievitato (azzimo). Questo pane è fatto con una farina che deve essere continuamente impastata fino al momento della cottura. Non bisogna fermarsi neanche per un istante per non lasciarlo lievitare - ciò ci rammenta che nel mondo spirituale non dobbiamo dimenticarci mai dei nostri desideri, ma che dobbiamo esaminare continuamente i nostri pensieri e i nostri sentimenti per sapere se appartengono a Mosè oppure al Faraone. Se ci dimentichiamo di questo impegno mancheremo l'opportunità di uscire dall'Egitto. È per questo che durante Pesach non c'è pane lievitato nelle nostre case: perché la casa rappresenta quella parte dei nostri desideri che già teniamo sotto controllo e con la quale ci volgiamo direttamente alla Forza Suprema. La salvezza dall'egoismo richiede una preparazione e un controllo accurati, ma conduce al più grande capovolgimento di cui una persona possa fare esperienza nella vita. La saggezza della Qabalah ci insegna come raggiungere questa consapevolezza nella vita di tutti i giorni. I Cabalisti non aspettano il mese di Nisan (circa Aprile) per uscire dall'Egitto. Ciononostante hanno scelto uno speciale giorno dell'anno in cui la gente possa celebrare e ricordarsi della principale missione personale - ottenere una diretta connessione con la Forza Suprema e liberarsi dalla schiavitù dell'Egitto. Le luci che circondano le nostre anime durante Pesach ci aiuteranno ad attraversare con sicurezza il Mar Rosso, cioè la barriera che pone termine al controllo del Faraone. Nel contempo permettono a chiunque voglia di godere della prosperità e dei piaceri che la Forza Suprema ha preparato per noi nel mondo spirituale. |