La radicalità ebraica e il suo ruolo nell'interpretazione esoterica
Prima di addentrarci nell’aspetto radicale della lingua ebraica, è gioco forza esaminare le parti che, in questo idioma, costruiscono la frase.
Brevemente: nell’ebraismo sono riconosciute tre parti nel discorso, le quali ne determinano una quarta, il Segno úåà (aoth), il Nome íù (shem), il Verbo ìòô (fahal) e la Relazione äìî (millah) (che ne emerge).
Il Segno riveste per Fabre D'Olivet, autore della "Lingua Ebraica Restituita", importanza maggiore delle tre parti del discorso. Afferma, infatti, nell’opera citata: "Ogni segno prodotto al di fuori, è un nome, poiché, in caso contrario, non esisterebbe. É quindi il nome, e proprio il nome, che fornisce la sostanza del verbo, della relazione e persino del segno che lo ha prodotto. Il nome, per l'uomo, è tutto, tutto ciò che egli può conoscere con i sensi. Il verbo è concepito solo dallo spirito; e la relazione, unicamente un'astrazione del pensiero."
Senza perderci negli aspetti della filologia della lingua sacra, evidenziamo che anticamente, ai tempi di Mosé, questo idioma possedeva soltanto sette vocali scritte à, ä, ç, å, å, é, ò; ma a causa delle note vicende storiche, del popolo ebraico, il suono delle vocali scritte si alterò materializzandosi.
Se, come dicevano benissimo gli antichi saggi, le vocali sono l'anima e le consonati il corpo delle parole, la scrittura ebraica finì con il divenire una specie di corpo morto, in letargo.La tendenza alla materializzazione del senso delle parole, a causa della materializzazione delle vocali, rese impossibile coglierne a pieno il senso. Ecco, allora, la nascita dei punti chiamati: Daghesch se iscritti all'interno delle consonanti (tutte le consonanti) tranne che per la ø dove il punto è collocato all'esterno e Mappik quando il punto invece è applicato alle vocali.
Per lo studio che ci proponiamo di introdurre, sarebbe inopportuno e controproducente procedere oltre, tralasciamo, quindi, gli altri punti, lo Sceva, e il segno vocale chiamato Cholem: del resto il nostro scopo non è quello di parlare correntemente l’ebraico, ma soltanto di comprenderne le lettere.
Esaurite le brevi e noiose, ma comunque indispensabili, notizie sulla costruzione della frase, affrontiamo la radicalità della lingua ebraica, la quale, esclusivamente per quanto riguarda il senso esoterico, essa deve essere considerata sotto tre aspetti differenti:
La radice monoletterale in se, in altre parole il carattere grafico isolato ed indipendente da ogni combinazione grammaticale; è quanto generalmente è distinto con “Segno Radicale”.
La radice biletterale, quella cioè, conseguenza della combinazione di due Segni letterali, e generalmente indicata con “Base Radicale”.
La radice propriamente detta o triletterale, costituita dalla combinazione di tre Segni letterali.
Se, nella pratica, è la forma triletterale quella che caratterizza la radice ebraica, lo è perché in questa lingua, la radice che possiede più di tre lettere, altro non è che la combinazione di due basi, o l'unione di una radice, propriamente detta, con uno o più Segni radicali isolati.
Occorre, ora, esaminare, singolarmente, ciascuna di queste tre serie radicali, prestando particolare attenzione al Segno e al suo valore ideografico, poiché esso è la base essenziale del senso esoterico di una parola o di un testo.
Del resto sarebbe inutile sperare di poter cogliere questo aspetto, partendo esclusivamente dalla lingua volgare, accontentandosi di trasporre il suo senso al figurativo o allegorico.