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La scienza delle lettere, che è il cardine simbolico del pensiero giudaico, trova, nell'Alfa Beta de-rabbi Aqiva (Alfabeto di rabbi ‘Aqiva), l'esposizione narrativa forse più compiuta. In questo midras, di cui si ha notizia già a partire dal IX secolo, è confluito il ricco patrimonio di leggende, di aforismi e di racconti che traggono ispirazione dalla grafia e dai nomi delle consonanti ebraiche. Ogni lettera dell'alfabeto viene raccontata, nei suoi aspetti sonori e formali, con grande ricchezza di particolari: l'espediente dell'acrostico, al quale il testo largamente ricorre, consente di ampliare in maniera straordinaria le combinazioni dei versetti della Scrittura, aprendo la prospettiva di inesauribili significati e nessi allusivi. La narrazione si dipana secondo uno schema che non è quello, per noi consueto, della coerenza di trama o della concatenazione discorsiva, ma piuttosto quello determinato, di volta in volta, dalle esigenze interne del materiale linguistico utilizzato. La caratteristica struttura del midras, che procede di citazione in citazione, e che apre all'interno di ogni argomentazione infiniti incisi, impone il proprio ritmo e dissolve sul nascere qualsiasi parvenza di gerarchia narrativa. E come se il testo rimettesse in discussione il proprio sviluppo a ogni nuova frase, condotto dal suono della parola e dall'emergere dei significati che provengono dalla Scrittura. In questo procedere per associazioni e per giustapposizioni di elementi eterogenei, non sorprende la presenza, all'interno dell'Alfa beta, dell'ampia sezione che appartiene al corpus del libro ebraico di Enoch, nel quale viene narrata la vicenda di Enoch, patriarca antidiluviano fatto salire dal Signore in cielo e trasformato nell'angelo Metatron; a lui vengono attribuiti settantadue nomi che l'Alfa beta elenca e che sono stati circondati, nella tradizione cabalistica, da un'aura di particolare sacertà. Insignito di questi appellativi, Metatron domina le gerarchie angeliche e svolge la funzione di servitore prediletto del Santo d'Israele. La presenza di questo inserto aggiunge all'Alfa beta un tratto di ispirazione marcatamente visionaria, che completa il carattere esemplare di quest'opera. Trasmessa in redazioni diverse, di cui è spesso difficile ricostruire l'esatta genealogia, l'Alfa beta apparve a stampa a Costantinopoli, verso il 1516, ma era finora inedita nelle lingue occidentali, se si esclude una versione tedesca redatta ai primi del Novecento; ne offriamo ora la prima interpretazione italiana. ATTENZIONE - Il testo che segue è opera d’ingegno e di traduzione di Giulio Busi, professore di Lingua e Letteratura Ebraica presso l’Università degli Studi di Venezia e di Elena Loewenthal, dottore di ricerca in Ebraistica, giornalista e consulente editoriale, ed è tratto dal testo “Mistica Ebraica” edito da Giulio Einaudi Editore, alle pagine 87 - 146. Per il testo, si è mantenuta la grafia originale, mentre per i titoli si è preferita la grafia in uso nel sito. Per rispetto dei diritti di autore, che si riconoscono, il documento è esposto soltanto a video per la consultazione e lo studio, non può, quindi, essere scaricato né consultato in locale. Il sito è ottimizzato per Internet Explorer, con altri navigatori si possono avere dei problemi di accesso. © Giulio Busi & Elena Loewenthal | |