"Le dottrine segrete del Talmud"
| DOTTRINE SEGRETE DEL TALMUD
Il Talmud riferisce più volte di discipline esoteriche che erano fiorite nell’ambito dell’esegesi biblica. Si tratta dei Sitrè Thorah (i Misteri della Legge), che assumono il doppio aspetto di Ma’aseh Merkavah - Opera del Carro o del Trono e di Ma’aseh Berechith - Opera della Creazione. La prima - il cui più noto esponente è considerato Rabbì Yokanan ben Zakkai, è una disciplina diretta ad esperienze estatiche e di penetrazione del numinoso, e si rifà al racconto della visione descritta nel primo capitolo di Ezechiele; la seconda, - il cui più noto esponente è considerato Rabbi Aqibà - invece, è una cosmologia mistica, che si rifà all’opera della creazione descritta nel primo capitolo del Genesi. I documenti più importanti intorno al testo di Ezechiele sono i cosiddetti Piccoli Heikhaloth e Grandi Heikhaloth. Nei due trattati l’ascesa alla sfera del divino è rappresentata come un viaggio attraverso i sette cieli e le sette sale celesti che chiaramente esprimono fasi successive di illuminazione conoscitiva che porteranno al momento unitivo ed estatico, ma, una delle cose più notevoli nel misticismo della Merkavah è - come sempre nel misticismo ebraico - che il rapporto con il numinoso, non comporta mai smarrimento dell’identità o un annullamento del piano umano per giungere ad un assorbimento nella divinità. Il circolo dei mistici della Merkavah, secondo le argomentazioni dello Scholem, fondate sul XII capitolo dei grandi Heikhaloth, avevano un’organizzazione che possiamo definire unitaria ed iniziatica. Per essere ammesso all’iniziazione, infatti, occorrevano otto condizioni che consistevano in doti morali e di carattere. Anche se l’organizzazione di cui parliamo può essere ridimensionata e non proprio vista come una scuola segreta-iniziatica, è certo che la trasmissione avveniva comunque da allievo a maestro, come si può desumere da più di un passo del Talmud. Il Talmud, come si è detto, testimonia di un’altra disciplina occulta "Ma’aseh Berechith, Opera della Creazione", che con Ma’aseh Merkavah costituisce il Pardes (il Paradiso, il Giardino), i cui sentieri introducono il mistico nel mistero di Dio. L’Opera della Creazione, trasformatasi nel corso del tempo in una via operativa al pari dell’Opera del Carro, ha probabilmente un’origine diversa nel senso che essa corrisponde a quell’inclinazione razionale e speculativa diretta alla ricerca dell’archè, del principio temporale ed essenziale del cosmo. Ma’aseh Berechith, sorge dunque come esegesi del primo capitolo del Genesi, ma molto presto si trasforma in una dottrina interpretativa dei testi sacri e nella ricerca di tutti i Sitrè Thorah (i Misteri della Legge). Sempre nel Talmud, in tema di mistica del Berechith (Hag. 12a) troviamo evidenti tracce di quell’ideologia della parola creatrice che tanta importanza avrà nel Sepher Yetzirah e forse le prime tracce di quelle che saranno poi le dieci Sephiroth: "Dieci cose furono create nel primo giorno, e cioè Cielo e Terra, Deserto e Vuoto, Luce e Tenebre, Aria ed Acqua, e la Divisione della Notte e del Giorno." Devarim, che in ebraico significa detti-parole, è il termine usato per indicare queste dieci realtà archetipali ed altro non è che lo strumento creativo di cui si serve la divinità. I temi che abbiamo esaminato, rappresentano un’importante fase di passaggio per lo sviluppo della Qabalah, la quale raccoglie tutta l’ideologia formatasi in queste epoche, relativa a concetti e teorie che poi diventeranno fondamentali. Senza poter andare nei dettagli, ricordiamo che in questa fase prendono consistenza e sviluppo le idee relative alla "Gloria", alla "Sapienza", alla stessa "Shekhinah". Di grande importanza sono le speculazioni su "Shi’ur Qomah" che letteralmente significa la "misura del corpo", in altre parole la misura del corpo di Dio. Né può, essere dimenticata la speculazione intorno a Adamo, l’Adam Qadmon che tende a qualificarsi come modello ideale della creazione, come immagine di Dio e come sua proiezione nel mondo del reale. Le dottrine del Ma’aseh Berechith e del Ma’aseh Merkavah fanno da base allo stadio successivo di sviluppo della Qabalah che possiamo identificare con la pubblicazione del Sepher Yetzirah, che, è la prima opera che comprende, in un tutto sistematico, le speculazioni filosofiche dell’epoca. Sull’origine e la patria spirituale del Sepher Yetzirah sono state espresse le più diverse opinioni senza che sia stato possibile giungere a conclusioni definitive. Infatti, quanto alla datazione essa oscilla dal II all’VIII secolo, e quanto alla paternità la si attribuisce perfino al patriarca Abramo. L’autore del Sepher Yetzirah ha chiaramente cercato di mettere d’accordo le discipline talmudiche relative alla dottrina della Creazione e della Merkavah anche se il libro si colloca nell’ambito dell’indagine cosmogonica e cosmologica piuttosto che della via estatica che, sostenuta da pratiche ascetiche ed evidentemente psichiche, consentiva l’unione con la sfera del divino. Inoltre prendiamo da A. Di Nola, (op. cit. pag. 62) la seguente idea- guida dell’opera: "Una valutazione generale del Sepher Yetzirah, prima che ci si disperda nei particolari descrittivi dei molteplici suoi temi, ci fa riconoscere in esso una trascrizione ermetica della cosmogonia monoteistica mosaica, nella quale vengono fondamentalmente riconfermati i principi dell’esistenza di un Dio creatore, della sua assoluta unità e della diretta derivazione del cosmo dallo stesso Dio, che lo ha formato per un atto di volontaria creazione ex nihilo" Il Sepher Yetzirah, quindi, prospetta una cosmologia ermetica basata sull’emanazione successiva della sfera divina dei dieci numeri primordiali (Sephiroth) di cui tratta il primo capitolo, e delle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, descritte genericamente nel secondo capitolo e più in particolare in quelli successivi. Le dieci Sephiroth e le ventidue lettere formano quelle "trentadue vie della saggezza" che rappresentano le forze fondamentali e gli strumenti della creazione.
Al Sepher Yetzirah inteso anche come tentativo di unificazione dell’Opera del Trono e dell’Opera del Carro, possiamo, nello sviluppo cronologico far seguire l’era geonica (VII- XI secolo) Nell’epoca che prende il nome dal Gaon, [Il "Gaon" (maestà) è il capo supremo delle accademie dei sapienti di Babilonia nell’epoca post-talmudica. Nel medioevo ed anche nella nostra epoca l’appellativo di Gaon è attribuito come titolo onorifico ad autorità rabbiniche, o a persone dotte.] emerse ben poco di originale e di creativo, ma continuarono ad esistere quelle correnti che abbiamo visto sorgere e manifestarsi nell’epoca mishnaica e talmudica. Inoltre il centro dell’attività si sposta in Babilonia e proprio per indicare qualche elemento tipico dell’epoca, citiamo quella vasta letteratura che ebbe ad oggetto una teurgia ed un’angiologia, che in luogo della contemplazione del Carro o in aggiunta ad essa, presenta caratteri di magia pratica dai vari aspetti. I manuali magici che continuano la tradizione dei papiri magici, fornirono una vasta raccolta di invocazioni al principe o ai principi della Thorah (gli angeli) i cui nomi variano. Accanto all’angiologia fiorì anche una demonologia molto ricca. Si manifestano in quest’epoca, alcune idee particolari quali quella della Shekhinah, non più usata per denotare la presenza di Dio nel mondo, ma vista come distinta da Dio ("la Shekhinah stette davanti al Santissimo"). In contrasto con questa separazione di Dio dalla sua Shekhinah nacque un altro concetto originale: l’identificazione della Shekhinah con Kneset Ysrael (la comunità d’Israele). Altra idea che mise radici in molti ambienti fu quella della trasmigrazione delle anime (gilgul). Particolarmente importante, infine, fu l’elemento nuovo aggiunto all’idea dei Nomi Sacri e degli angeli tendente a scoprire legami numerologici - per il tramite della "gimatreya" - fra i diversi tipi di nomi, versetti scritturali e altri scritti. È impossibile determinare con certezza dove fecero la prima apparizione i segreti dei nomi e i misteri della preghiera secondo il sistema della gimatreya. È possibile che questo legame sia stato formulato per la prima volta in Babilonia, ma molti sono propensi a pensare che il sistema abbia avuto origine in Italia. [In Italia prevalsero gli elementi magico-teurgici a danno dell’aspetto speculativo che trovò un notevole rappresentante in Shabathai Donnolo come emerge dal suo commento al Sepher Yetzirah, ispirato dal commento di Saadiah Gaon.] Non c’è dubbio, in ogni caso, che il misticismo italiano fu l’anello di congiunzione fra l’Oriente ed i successivi sviluppi in Germania e in Francia. Nel Giudaismo medioevale, infatti, si svilupparono movimenti mistici che in qualche modo o per lo meno idealmente, si riallacciavano ai Chassidim (pietisti) del periodo tannaitico: essi esaltavano il chasidut quale mezzo per portare l’uomo più vicino al devequt (comunione con Dio). La norma centrale di questi movimenti è l’estremismo nel comportamento etico e religioso che caratterizza la condotta del Chasid (pio) in contrapposizione al Tsaddîq (giusto). Il fattore comune di questi movimenti che si svilupparono, in Spagna, in Egitto, in Francia e - come vedremo - soprattutto in Germania, fu l’opposizione violenta che suscitavano nelle Comunità, anzi se ciò non avveniva potevano sorgere legittimi dubbi circa l’autenticità del movimento stesso. Vale la pena di precisare immediatamente che quest’antico Chasidismo, ha poco in comune con quello che si svilupperà nel XVIII secolo in Polonia e in Ucraina, anche se i due movimenti hanno in comune, oltre al nome (che non è segno di continuità) l’idea dell’educazione delle grandi comunità ebraiche nello spirito di un moralismo mistico. La prima espressione anche letteraria dei movimenti in esame si ebbe in SPAGNA nell’XI secolo nei Hovot ha-Levavot (Doveri del Cuore) di Bakya ibn Paquda, scritti in arabo, e tradotti in ebraico nel 1160 dalla cerchia dei cabalisti di Lunel. Parallelamente, ai tempi di Maimonide, vi fu un chasidut di tendenze mistiche in EGITTO, che, in verità non trovò molto posto nella Qabalah, in quanto si trasformò in un misticismo ad orientamento etico particolarmente nella produzione letteraria del figlio di Maimonide, Abraham b. Moses b. Maimon, che nella sua opera (Kifayat al Abidin) si basò su fonti sufiche e non affini alla tradizione giudaica. Anche la FRANCIA partecipò a questo movimento che raggiunse il suo culmine nella seconda metà del XII e del XIII secolo. Un movimento di particolare importanza sorse a partire dall’XI secolo in GERMANIA, e continuò ad avere ripercussioni per molto tempo nel giudaismo del mondo ashkenazi. Questo movimento (1150-1250)fu, infatti, conosciuto come Chassidè Ashkenaz (i devoti della Germania) ed ebbe due aspetti: quello etico e quello esoterico filosofico. Sotto l’aspetto etico si sviluppò un nuovo ideale di estremo chasidut collegato ad un adeguato modo di vita descritto nel Sepher Chassidim di Judah b.Samuel he-Hasid, il quale sostanzialmente redasse l’opera sulla base del testamento letterario dei tre uomini che plasmarono il Chasidismo tedesco, tutti appartenenti alla famiglia dei Kalonymidi, provenienti dall’Italia e che costituirono una naturale aristocrazia nelle comunità di Worms, Mainz e Spira e cioè Shemuel il Chassid, figlio di Kalonymus di Spira, (vissuto intorno alla metà del XII secolo), suo figlio Yeudà il Chassid (morto nel 1217) ed Eliazar ben Yehudà di Worms. I fattori fondamentali del Chasidismo tedesco, vanno ricercati oltre che nella meditazione sui misteri del Creatore e della Creazione, in una dottrina della preghiera, certamente unica nel suo genere e in una nuova via della morale che indica all’uomo un determinato comportamento. Essere un chassid dipende esclusivamente da meriti morali e religiosi e non intellettuali, dalla capacità d’ascetica rinuncia alle cose del mondo, dalla perfetta serenità dello spirito e dall’altruismo spinto agli estremi. Addirittura al posto della tumultuosa estasi dell’ascesa e del rapimento nel mondo del trono, della conoscenza delle vie della creazione, c’è ora la riflessione contemplativa e sommessa dell’infinito. Tuttavia anche se nel chassid regna l’indifferenza per la comunità e tutto ciò che lo circonda, egli né è il signore occulto ed anche la guida. Il chassid - nell’opinione degli ambienti che subiscono l’influenza del Chasidismo – diviene, infatti, il vero signore delle forze magiche e appare come un dominatore delle forze degli elementi, dotato di smisurato potere, perché non vuole nulla per se e quindi può ottenere tutto ciò che vuole. Si spiega quindi come in tale situazione possa essere nata la leggenda del Golem, l’omuncolo, l’uomo artificiale evocato alla vita per mezzo di pratiche magiche. D’altra parte, negli scritti d’autori come, Eliazar di Worms, parente e discepolo di Yehudà il Chassid, si trovano insieme dissertazioni sull’essenza della Chassiduth nonché sulla magia e sull’essenza dei nomi segreti di Dio ed anche le più antiche prescrizioni per la produzione del Golem. C’è però da osservare che in queste prescrizioni sono unite la magia delle lettere con pratiche che mirano a produrre stati di coscienza estatici, quindi si può concludere che la creazione del Golem era un’esperienza di estasi del suo creatore, cioè una meditazione sui segreti della combinazione delle lettere nel Sepher Yetzirah, e solo la leggenda popolare diede al Golem un’esistenza indipendente dall’estasi. Per concludere queste riflessioni sul Chasidismo tedesco nel medioevo, dobbiamo accennare alla mistica della preghiera, intesa sia come speculazione sulla composizione delle parole nelle preghiere e sul loro fondamento e sia, soprattutto, come uso tecnico della preghiera che riesce a conseguire una particolare condizione di dominio su tutte le facoltà psichiche. In quest’epoca si affermano per la prima volta e con particolare valore procedimenti e mezzi tecnici della speculazione mistica, che saranno anche in seguito considerati come tipici della speculazione Cabalistica; parliamo della:
Diversa invece è la valutazione dell’altro aspetto della mistica della preghiera che troverà anche in epoca zoharica un suo preciso significato. Cominciamo con il precisare che la preghiera è, innanzi tutto, il colloquio dell’anima con Dio, ma soprattutto - come dice il Di Nola - "una formula sacralizzante che la rivelazione ha offerto alla creatura e la liturgia ha trasmesso e completato con i gesti e con gli atti rituali". La Qabalah sul valore della preghiera ha fondato la teoria della "Kavanah" che significa intenzione, concentrazione applicate alla lettura del testo sacro, sicché chi legge più che prendere atto intellettualisticamente del significato esteriore del testo stesso "prende sopra di se il giogo del Regno", in pratica in un impulso dell’anima, vive la verità più che conoscerla, e di conseguenza trasforma ed adegua la sua struttura al piano del divino. Il chassid tedesco, attraverso la Kavanah si trasforma in un principe che domina il suo regno e riesce quindi prima a dirigere intenzionalmente tutti i suoi organi e le sue facoltà e poi li convoca per raggiungere il divino. La preghiera diventa così lo strumento attraverso il quale la condizione magica di potenza, nel suo aspetto d’interiorità si realizza, e pertanto essa non è più un’abitudine meccanica, ma ogni sua parola muove realmente tutti i mondi divini ed umani. Per approfondimenti sul Talmud visita in questa stessa sezione |